Il titolo in evidenza sulla copertina dell’ultimo numero di E&P si chiede in modo provocatorio se la sanità pubblica si debba basare solo su studi randomizzati e controllati per produrre le proprie evidenze, utilizzando gli strumenti che sono stati definiti come il gold standard dell’evidenza scientifica.Le vaccinazioni attuali contro COVID-19 ci offrono l’occasione per qualche considerazione e, forse, per ribaltare alcune convinzioni.L’attesa quasi messianica di prodotti in grado di immunizzarci contro la pandemia è finita, ma ora ci rendiamo conto che ancora molti problemi sono sul tappeto e gli epidemiologi sono di  nuovo candidati a dare le risposte più importanti, ma soprattutto tempestive.

Dall’inizio della pandemia, in modo quasi incredibile, nel giro di alcuni mesi, sono stati messi a punto vaccini che, in condizioni non emergenziali, sarebbero stati sviluppati nel corso di 5-10 anni.  I vaccini progettati con approcci innovativi sono stati in realtà l’ultimo passo di ricerche condotte nell’arco di un lungo tempo su vari sistemi per stimolare risposte immuni efficaci. I vaccini a RNA sono stati studiati anche come supporto terapeutico nei confronti di alcune forme di cancro. Con una disponibilità eccezionale di risorse economiche, i tempi di studio e produzione dei nuovi prodotti sono stati abbreviati al massimo, senza per questo rinunciare alle verifiche richieste dalle agenzie regolatorie come la European Medicine Agency (EMA) nell’Unione europea e la Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti... Accedi per continuare la lettura

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