Attualità minuti di lettura
E&P 2012, 36 (3 EPdiMezzo) giugno, p. 3-3
DOI: —
Lavoro
Verso una Federazione per la salute pubblica
Riassunto
Alcune associazioni scientifiche e professionali, tra cui l’AIE, si propongono di realizzare una forte iniziativa interassociativa per la salute pubblica e l’organizzazione sanitaria in Italia, sulla scorta di altre esperienze europee simili. La crisi finanziaria sta inducendo i decisori italiani a politiche di contenimento drastico della spesa pubblica, e anche nel nostro Paese la sanità, finora sostanzialmente risparmiata, potrebbe diventare un obiettivo di crescente razionamento delle risorse con le relative conseguenze sulla salute e il rischio che queste ricadano sui gruppi più vulnerabili.
Visite
Commenti: 1
Lascia un commento...Inserisci qui il tuo commento...
1.
Sulla proposta di costituzione di una Federazione
La proposta di costituzione della Federazione italiana per la salute pubblica e l’organizzazione sanitaria, da vari giorni sul sito dell’AIE accompagnata dal documento che ne illustra motivazioni e scopi generali e dalla bozza di statuto testimonia del costante impegno del Presidente e della Segreteria per un concreto e più incisivo rapporto dell’epidemiologia con la salute pubblica italiana. Mi auguro che come sollecita Giuseppe Costa la proposta attiri tutta l’attenzione che merita da parte dei soci e induca un’ampia e approfondita discussione. Dico subito che per quanto adeguata questa possa essere attraverso il sito AIE, E&P, l’e-mail etc. la natura ‘storica’ della decisione di partecipare alla fondazione della Federazione implica un’adesione quale può a mio giudizio esprimersi solo in sede di Assemblea in occasione del prossimo Congresso alla fine di ottobre.
Come nota Costa, l’AIE ha già maturato una positiva esperienza in quanto «partecipa già a una federazione tra società, la Consulta interassociativa italiana per la prevenzione (CIIP) che ha realizzato molte iniziative di successo per orientare le politiche di prevenzione del lavoro; in questo caso si tratterà di un’iniziativa analoga nella forma e nelle condizioni, seppure più ambiziosa negli obiettivi». Malgrado le due strutture siano entrambe formalmente delle associazioni, l’analogia tra loro non è così stretta da neutralizzare i miei dubbi e perplessità sulla proposta nella sua attuale formulazione.
In primo luogo l’iniziativa della Federazione è ben più ambiziosa di quella della CIIP: è di fatto onnicomprensiva in quanto copre tutta la sanità pubblica e l’organizzazione sanitaria, cioè tutti gli aspetti applicativi dell’epidemiologia. Suppongo quindi che, se la Federazione ha un senso e un peso reale (che è la ragione per istituirla), qualunque presa di posizione dell’AIE in materia di sanità pubblica dovrà essere coerente o come minimo non contradditoria con quella della Federazione. Lo Statuto della Consulta CIIP indica all’art.4 che possono farne parte “le Associazioni che per Statuto e/o comprovata attività perseguono obbiettivi di prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro, fermo restando che esse sono libere e sovrane nel perseguimento dei propri specifici obbiettivi”. In confronto la proposta di statuto della Federazione contiene all’art.3 la clausola molto più debole e generica «Essa avrà come finalità il contributo al miglioramento della salute e dei servizi di assistenza sanitaria della popolazione italiana attraverso etc..., facendo salve le finalità istituzionali ed associative perseguite dai singoli Enti aderenti alla Federazione». Mentre già dal nome la CIIP si qualifica come un organismo ‘inter-associativo’ lo statuto della Federazione non solo nell’articolo ora citato ma nel suo insieme tende a inclinare verso un organismo ‘sopra-associativo’ ciò che implicherebbe una concordata cessione di autonomia da parte degli enti partecipanti: questo si può sicuramente fare ma a condizione che siano chiaramente specificati gli ambiti e l’estensione della cessione di autonomia.
In secondo luogo lo statuto quale proposto delinea una struttura complessa che prevede non solo, come è usuale e obbligatorio, l’Assemblea, il Consiglio Direttivo, il Presidente e il Segretario Tesoriere, ma anche qualora opportuno (suppongo una volta a regime con un largo numero di Enti partecipanti) un Direttore, un Comitato Esecutivo e un Comitato Tecnico-Scientifico. E’ prevista se opportuno l‘«opera retribuita di soggetti terzi i quali agiranno in veste di collaboratori o consulenti della Federazione» (art.3). Fin qui è solo questione di complessità. Ma c’è anche nello stesso art.3 qualche cosa di diverso che pur usando tutta la benevolenza interpretativa possibile solleva interrogativi sulla natura effettiva dell’organismo: «Anche se in via non prevalente (sic!) [la Federazione] potrà compiere operazioni commerciali, finanziarie, mobiliari e immobiliari, nonché altre operazioni e attività ritenute comunque utili e necessarie od opportune, anche indirettamente, per il conseguimento degli scopi associativi». Quali operazioni – evito la troppo facile ironia di accennarne qualcuna – non ricadono nella categoria di quelle che possono essere «opportune» per beneficiare «anche indirettamente» la salute della popolazione?
In terzo luogo il documento che accompagna la bozza di statuto, intitolato “Razionale e documento programmatco per la creazione di una Federazione Italiana per la Salute Pubblica e l’Organizzazione Sanitaria”, presenta come una motivazione principale per la costituzione della Federazione il fatto che organismi come l’Istituto superiore di sanità e l’AGeNAS sono vincolati dal loro rapporto istituzionale con i rispettivi ministeri, mentre un organismo non soggetto a tali vincoli ha in linea di principio la possibilità di esercitare un’influenza sulle policies dettata unicamente dall’interesse per la salute della (tutta) la popolazione. In che misura questo potenziale si possa tradurre in influenza effettiva dipende da quanto pesano singolarmente e dal come si articolano reciprocamente le tre componenti scientifica, professionale e politica.
Sul piano scientifico la Federazione intende sviluppare un programma di lavoro ispirato alle linee di un National Institute for Clinical Excellence (NICE) UK? Sembra che questo sia il caso poiché viene detto che «...non è ancora scontato che ci sia un soggetto che sappia ricercare e produrre queste prove [dell’evidence-based policy making], offrire soluzioni evidence-based e patrocirarne i risultati nell’agenda pubblica». Questo pone direttamente il quesito di dove e come si intendano mobilizzare le competenze necessarie a produrre tali evidenze.
Sul piano professionale la Federazione intende rafforzare e in che modo non semplicemente sindacale e di categoria il ruolo e l’impegno di sanità pubblica delle professioni sanitarie?
Sul piano politico (a parte il fatto di dichiararsi all’art.3 non solo apartitica e aconfessionale ma anche apolitica) la Federazione intende operare con quali necessari raccordi, ad esempio attraverso soggetti con profilo combinato professionale e politico attivo? (i medici “senatori del Regno” non ci sono più ma storicamente il loro bilancio a favore della salute della popolazione è stato sicuramente positivo).
La proposta della Federazione si basa sul principio solidissimo che l’ “alleanza fa la forza”: ma l’enunciato non basta a valutare oggi il merito potenziale della Federazione se non è accompagnato da almeno qualche indicazione delle modalità di articolazione (quali implicite nelle domande appena formulate) dell’alleanza tra le sue diverse componenti.
Concludo in modo propositivo, con la precisazione che condivido in larga parte orientamento e intenzioni del documento. Nell’organizzare il mio lavoro mi sono sempre attenuto al principio che “la funzione crea l’organo” (oggi perfino il lamarckismo biologico è parzialmente riabilitato dall’epigenetica!) e non viceversa e ho sempre guardato con molto scetticismo la creazione di strutture, tanto più se complesse, che specificano funzioni da esercitare. Credo che il modo più efficace e sicuro per giungere alla creazione di una Federazione sia attraverso un progetto di lavoro, ad esempio biennale-triennale, su un tema preciso tra quelli menzionati nel documento, utilizzando come indicatori di successo (e quindi di fattibilità della Federazione) la qualità e la misura dell’impegno che ciascuna delle associazioni che ora si propongono come fondatrici della Federazione avrà in concreto esercitato (se l’impegno c’è stato il progetto potrà successivamente nel medio termine svilupparsi fino a portare risultati influenti sulle ‘policies’). Come dicono saggiamente gli inglesi “The proof of the pudding is in the eating”: Il pudding della Federazione è così importante, per la sanita’ pubblica come per l’AIE, che richiede un assaggio preliminare.
Rodolfo Saracci