Durante il mio corso di laurea non ho mai sentito parlare di rischio clinico e, sebbene con qualche apertura, gli insegnamenti riflettevano una ferrea impostazione deterministica: da un fatto ne derivava logicamente un altro. Raro il riferimento al fattore umano, in un rapporto tra medico e paziente perlopiù di tipo gerarchico. Durante la specializzazione in medicina legale, seguendo l’attività di contenzioso, il mondo del rischio clinico ha attirato il mio interesse, ma era purtroppo considerata un’occupazione ancillare, sottotono rispetto alla brillante attività autoptica. Non mi sono persa d’animo... Accedi per continuare la lettura

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