Riassunto

Chi non mastica il tedesco si è risparmiato un bel po’ di cattivo sangue quando, all’inizio del 2019, in Germania si è improvvisamente acceso un dibattito sugli effetti sulla salute dell'inquinamento atmosferico.

Chi non mastica il tedesco si è risparmiato un bel po’ di cattivo sangue quando, all’inizio del 2019, in Germania si è improvvisamente acceso un dibattito sugli effetti sulla salute dell'inquinamento atmosferico. Tutti i media hanno dato ampio spazio a un gruppo di pneumologi che ha messo in discussione le prove scientifiche che associano l’inquinamento atmosferico, in particolare le particelle fini (PM2,5) e il biossido di azoto (NO2) a malattie e decessi. La richiesta era chiara: alzare i valori limite delle concentrazioni di particolato (PM) e di NO2 in Europa, affermando la mancanza di prove scientifiche a sostegno di tali limiti.
Il "German outbreak" viene dettagliatamente descritto da Emilio Gianicolo, collega che lavora in Germania, in un testo dal titolo che non lascia dubbi: «Fake news in camice bianco» (in questo fascicolo a p. 117). Contrariamente da quanto sostenuto da chi difende gli interessi corporativi dell'industria automobilistica, le prove scientifiche sugli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico sono solide e studi recenti documentano che si osservano effetti nocivi anche a concentrazioni ben al di sotto degli attuali valori guida dell’OMS. Il carico di malattia risultante in Europa e in tutto il mondo è enorme: il progetto Global Burden of Disease1 ha dimostrato che l’inquinamento atmosferico è tra i primi dieci fattori di rischio a livello mondiale e, in Europa, porta a una perdita media di circa un anno della speranza di vita.

Migliorare si può

Migliorare la qualità dell’aria e ridurre i suoi effetti deleteri sulla salute nelle aree urbane europee richiede importanti cambiamenti nel consumo di energia, nei trasporti, nell’urbanistica e nella produzione agricola. Politiche mirate a ridurre PM, NO2 e ozono ridurrebbero inevitabilmente altri inquinanti rilevanti (short-lived climate pollutant come il black carbon), gioverebbero alla salute della popolazione e porterebbero ulteriori benefici in termini di contrasto ai cambiamenti climatici. Invece, portatori di interessi diversi da quelli di salute pubblica attaccano le prove scientifiche che stanno alla base delle linee guida e degli standard sulla qualità dell’aria.

Una strategia ben nota

Nell’esempio tedesco, i media hanno dato spazio a opinioni distorte e ad affermazioni infondate, così, in modo subdolo ma efficace, è stato seminato il dubbio sulla qualità delle prove scientifiche sottostanti. Il presunto dibattito scientifico aveva tutte le caratteristiche delle campagne di disinformazione sui cambiamenti climatici e prendeva spunto dalle ben note strategie utilizzate decenni fa dall’industria del tabacco. Questa forma di negazionismo non è limitata alla Germania. Anche negli USA si assiste a tentativi di consulenti industriali (ora posti in posizioni chiave dell'EPA) di smantellare procedure scientifiche di successo nella politica ambientale in modi presentati come approcci scientifici innovativi.2,3

E l'Italia che fa?

In questo caso, non conoscere il tedesco non ci mette al riparo dal cattivo sangue. Siamo stati informati da poche settimane del Protocollo di intesa, siglato da diversi ministri italiani e dalla conferenza delle Regioni e delle Province, per un “Piano di azione per il miglioramento della qualità dell’aria”.4 L’entusiasmo nel leggere la notizia è stato grande. Si parte anche in Italia! I giovani del #FridaysForFuture hanno fatto la differenza! Leggiamo le motivazioni del Protocollo. Incredibilmente, neanche una parola sui rischi per la salute dei cittadini, assoluto silenzio sul fatto che in Italia in un anno 25.900 decessi siano attribuibili all’inquinamento da PM2,5.5 I nostri ministeri si occuperanno di qualità dell’aria perché le sanzioni che l’Italia paga all’Unione europea per le procedure di infrazione e il deferimento alla Corte di Giustizia europea sono troppo onerose. Insomma, la motivazione del Protocollo sono le multe! Per il resto, la parola “Piano” rimane solo nel titolo, tante promesse senza obiettivi concreti e misurabili, senza definizione dei tempi, senza un programma di valutazione dell’efficacia del Piano. Non si ha idea di come verrà monitorato il guadagno in salute rispetto allo scenario iniziale. L’unica consolazione è che il Ministero della salute è responsabile delle attività di informazione del Piano. Speriamo bene. Certo, il negazionismo è internazionale, ma il provincialismo è tutto italiano.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Lancet 2018;392(10159):1923-94.
  2. Stop denying the risks of air pollution. Nature 2019;568(7753):433.
  3. Science 2019;363(6434):1398-400.
  4. Protocollo disponibile all’indirizzo: http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1788584.pdf
  5. https://www.stateofglobalair.org/
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