Riassunto

Tra VIS, VIAS, VAS, VDS, valutazione di area, di impianto, strategica, decreti, norme e linee guida, i lettori di E&P – e, vi confesso, anche il sottoscritto – sono spesso un po’ confusi. Le attività sottostanti queste sigle sembrano più che altro un adempimento burocratico, cose buone per tecnici esperti, non certo per gli epidemiologi. Eppure, alcuni di questi ultimi sono attenti al tema, financo alle norme e alle trappole delle linee guida.

Tra VIS, VIAS, VAS, VDS, valutazione di area, di impianto, strategica, decreti, norme e linee guida, i lettori di E&P – e, vi confesso, anche il sottoscritto – sono spesso un po’ confusi. Le attività sottostanti queste sigle sembrano più che altro un adempimento burocratico, cose buone per tecnici esperti, non certo per gli epidemiologi. Eppure, alcuni di questi ultimi sono attenti al tema, financo alle norme e alle trappole delle linee guida.1,2 In realtà, tutte le attività nascoste dietro quegli strani acronimi altro non sono che l’applicazione dei principi del Health Impact Assessment (HIA) previsto dall’Organizzazione mondiale della sanità, «Una combinazione di procedure, metodi e strumenti con cui una politica, un programma o un progetto possono essere giudicati per quanto riguarda i loro effetti potenziali sulla salute di una popolazione e la distribuzione di tali effetti all’interno della popolazione».3
Tali attività sono entrate nel bagaglio della cultura e della metodologia epidemiologica fin dal 1998, quando Jonathan Samet in un editoriale4 auspicava: «La formazione per gli epidemiologi dovrebbe iniziare a comprendere la competenza nella valutazione del rischio e di altri approcci per la traduzione delle evidenze epidemiologiche nelle decisioni. I corsi di epidemiologia delle istituzioni accademiche si sono concentrati sui metodi di ricerca, lasciando che l’uso dei risultati della ricerca per le decisioni politiche siano illustrati in modo aneddotico. Questo vuoto dovrebbe essere colmato con un’offerta formativa sull’uso dell’evidenza epidemiologica nel processo decisionale in generale e sulla valutazione del rischio in particolare.
Abbiamo bisogno di formare epidemiologi che possano entrare nelle sedi decisionali e lavorare in modo semplice ed efficace». Molta strada è stata percorsa da allora e di recente si è raccomandato di condurre una valutazione di impatto sanitario, al posto di una specifica indagine epidemiologica locale, ogni volta che gli effetti di una particolare esposizione sono già noti:5 «Laddove esistano dati, la valutazione del rischio combinata con la sorveglianza sanitaria può spesso essere la risposta più efficace e informativa». Quale migliore occasione per l’epidemiologia per appropriarsi di metodologie e di contenuti utili a fornire indicazioni per la decisione.
Il lavoro di Galise e colleghi L’impatto ambientale e sanitario delle emissioni dell’impianto siderurgico di Taranto e della centrale termoelettrica di Brindisi, che pubblichiamo a pp. 329-37 di questo fascicolo, è un’applicazione diretta di queste metodologie a un tema complesso quale quello dell’impatto degli impianti industriali di Taranto e Brindisi, per i quali vi sono già stati molti studi sugli effetti per la salute e l’opinione pubblica è divisa sulla gravità del rischio e sulle possibili misure di contenimento. Questo lavoro è una pietra miliare per l’epidemiologia italiana per motivi diversi:

  1. fornisce un’indicazione chiara sull’entità e il declino temporale della contaminazione ambientale derivante dagli impianti industriali e dell’esposizione della popolazione. Il parametro dell’esposizione ponderata per la popolazione (population weighted exposure) è un elemento cruciale e riporta alla popolazione i valori di concentrazione, che in assoluto hanno valore limitato;
  2. utilizza funzioni esposizione-risposta che derivano da studi epidemiologici consolidati e impiega informazioni scientifiche che provengono da osservazioni sull’uomo e sulla popolazione generale e non da un’estrapolazione da studi animali o da altri contesti;
  3. impiega un criterio operativo di accettabilità del rischio che proviene dall’esperienza dell’EPA americana e fornisce indicazioni immediate sulla necessità o meno di interventi di prevenzione. È un lavoro che coniuga la grande professionalità sulle emissioni e sui modelli di dispersione del sistema di protezione ambientale regionale della Puglia con le capacità tecniche dell’epidemiologia italiana, forte di esperienze internazionali (INTARESE) e nazionali (SESPIR, VIIAS); un bell’esempio di integrazione ambiente e salute. Il messaggio del lavoro è chiaro, almeno per quel che riguarda l’ex ILVA di Taranto: le attività produttive del 2015, anche con una produzione ben al di sotto dei valori autorizzati, implicavano un rischio sanitario non accettabile per la popolazione del quartiere Tamburi.

È ovvio che metodi, scelte operative e risultati del lavoro di Galise e coll. possono essere discussi dal punto di vista tecnico, ma le implicazioni di questo lavoro sono già molteplici:

  1. può esistere un’integrazione di competenze e attività a livello locale, tra istituzioni sanitarie e ambientali, e tra regioni e istituzioni diverse a livello nazionale come il risultato non del semplice scambio di dati, ma di un disegno comune condiviso;
  2. è possibile condurre le valutazioni di impatto sanitario nelle situazioni in cui è necessario un processo autorizzativo con metodologie consolidate e attendibili dal punto di vista scientifico;
  3. i risultati di tali valutazioni debbono essere lette e interpretate in un processo complesso di valutazione di rischi e benefici che tenga conto di molteplici aspetti decisionali.

In sintesi, vi sono buone prospettive per altre applicazioni, sono benvenuti gli approfondimenti metodologici e sono necessari i programmi di formazione sulla valutazione di impatto sanitario nei corsi di epidemiologia a tutti i livelli.

Conflitti di interessi dichiarati: l’autore è stato coordinatore del progetto CCM EpiAmbNet e consulente del GIP del tribunale di Taranto in un procedimento penale che ha interessato l’ex ILVA di Taranto.

Bibliografia

  1. Bianchi F, Forastiere F, Terracini B. Health impact assessment, surveillance and intervention studies in contaminated areas. Epidemiol Prev 2013;37(6):349-51.
  2. Bianchi F, Cavanna V. State of the art and perspectives on HIA in Italy. Epidemiol Prev 2019;43(2-3):127-28.
  3. WHO, European Centre for Health Policy. Gothenburg Consensus Paper, Health Impact Assessment- main concepts and suggested approach. Brussels, 1999.
  4. Samet J. Invited Commentary: epidemiology and risk assessment. Am J Epidemiol 1998;148(10)
  5. Savitz DA. When is epidemiological research a helpful response to industrial contamination? Epidemiol Prev 2018;42(5-6S1):89-92.
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