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E&P 2021, 45 (4) luglio-agosto, p. 239-244
DOI: https://doi.org/10.19191/EP21.4.P239.079
Malattie Trasmissibili; Comunicazione
L’impatto della pandemia di COVID-19 su bambini e adolescenti
Il contributo dell’epidemiologia alla riapertura sicura e indispensabile delle scuole
The impact of COVID-19 pandemic on children and adolescents. The contribution of epidemiology for a safe reopening of schools in Italy
Cite as: Epidemiol Prev 2021;45(4):239-244. doi: 10.19191/EP21.4.P239.079
Premessa
Giunti alla vigilia di un nuovo anno scolastico, il rischio che la pandemia di COVID-19 lasci il segno anche nei prossimi mesi di vita di bambini e adolescenti in Italia è reale. Nonostante gli importanti progressi nella prevenzione, nella diagnosi e nel tracciamento precoce dei casi, e a prescindere dall’aumento del numero di individui vaccinati nella popolazione adulta e dalla recente obbligatorietà della vaccinazione del personale scolastico, ancora molti interrogativi rimangono aperti per legittimare una previsione troppo ottimistica sull’andamento pandemico nel prossimo futuro, a partire dalle conseguenze che l’impatto delle nuove varianti e di una copertura vaccinale subottimale potranno avere sulla governance attuale e sulle scelte delle policy scolastiche. Le indicazioni ministeriali1 per la riapertura in sicurezza dell’anno scolastico 2021-2022 dichiarano che un ritorno alla scuola in presenza è, oltre che possibile e auspicabile, anche la prima opzione in agenda, ma in caso di nuove emergenze sanitarie gli scenari potrebbero velocemente variare.
La tutela del benessere delle generazioni più giovani del Paese non può passare unicamente da un ripristino della normalità didattica, ma deve includere la rilevazione, la comprensione e la presa in carico dei disturbi cognitivi e delle nuove e aumentate domande di salute fisica e mentale2,3 emerse dopo un anno e mezzo di scuola a singhiozzo. Tali obiettivi chiamano in causa molteplici responsabilità politiche e istituzionali: l’epidemiologia può fare la sua parte quantificando l’impatto della pandemia sulla popolazione infantile e adolescenziale, cercando di interpretarne cause e prevederne conseguenze, identificando misure preventive efficaci e costruendo reti e alleanze all’interno delle quali discutere come meglio tutelare la salute dei ragazzi.
A luglio 2021 l’AIE ha organizzato due webinar multidisciplinari (“Covid e Scuola: Scateniamoli”4 e “Covid e scuola: cosa abbiamo scatenato?”5) e ha costituito un gruppo di lavoro specificamente dedicato al tema. A partire da queste iniziative, il presente documento:
- sintetizza le principali evidenze finora accumulate sull’impatto della pandemia e delle misure di distanziamento fisico sulla salute fisica e mentale dei ragazzi;
- elenca una serie di indicazioni per la salute di bambini e adolescenti che derivano da queste evidenze;
- identifica i contributi che la comunità epidemiologica italiana può dare.
1. Il numero assoluto di casi nella popolazione pediatrica e il suo peso sul totale dei casi diagnosticati ha avuto un andamento variabile durante la pandemia, sul quale hanno influito differenti variabili, tra cui il trend dell’infezione nell’intera comunità, l’impatto specifico delle varie misure di distanziamento sociale adottate in vari setting (tra cui quello scolastico) e diversi target di popolazione, la differente compliance per età alle regole e alle misure preventive, i diversi stili di vita, la disuguale distribuzione di casi sintomatici e asintomatici per fascia di età (e conseguentemente la rilevazione dei positivi), nonché l’accesso differenziale agli strumenti diagnostici e alla vaccinazione anti-COVID.
Per questo insieme di ragioni, è molto complicato trarre indicazioni sull’epidemiologia dell’infezione da SARS-CoV-2 tra bambini e adolescenti a partire dall’osservazione dei trend nei principali indicatori utilizzati per monitorare l’andamento della pandemia.
2. Molteplici studi descrittivi, nazionali e internazionali, hanno tentato di identificare le principali caratteristiche dell’impatto del virus sulla popolazione pediatrica, senza tuttavia riuscire a raggiungere conclusioni univoche anche per la presenza di forti limiti metodologici che rendono difficile il confronto di risultati provenienti da contesti territoriali, normativi, temporali e socioculturali differenti. Al momento, le principali revisioni di letteratura, suggeriscono che:
- la popolazione pediatrica sembrerebbe, in confronto al resto della popolazione, meno propensa all’infezione da SARS-CoV-2,6,7 anche se permangono dubbi se ciò dipenda da una reale minore suscettibilità alla malattia o se sia attribuibile a differenti livelli di esposizione al virus e da un’inferiore rilevazione dei casi, anche per una percentuale superiore di casi asintomatici o paucisintomatici;
- la popolazione pediatrica risulta a minor rischio di sviluppare una forma grave della malattia,8 con probabilità inferiori di ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva e decesso. Differenti ragioni sono state riportate per spiegare il basso rischio, tra i quali la minor presenza di comorbidità, la più bassa carica virale, la presenza di un sistema respiratorio tendenzialmente più sano e di una miglior capacità di risposta del sistema immunitario;
- all’interno di questa fascia di età, esistono importanti differenze nel profilo di rischio. I bambini al di sotto di un anno e, in misura crescente con l’età, i ragazzi al di sopra dei 10 anni sembrerebbero avere suscettibilità maggiore, specialmente tra i soggetti più vulnerabili a causa di comorbidità o con quadro clinico/immunitario compromesso;9
- per quanto riguarda la trasmissibilità del virus e il rischio di contagio, molti studi riportano un minor rischio di contagio a carico della popolazione in età pediatrica, per quanto le evidenze empiriche riguardo a questo aspetto non siano molto solide. Anche in questo caso sembrerebbero delinearsi alcune importanti differenze anagrafiche, con tassi di attacco secondario inferiori tra i ragazzi al di sotto di 10 anni10 (scuole primarie e scuole dell’infanzia) rispetto a quanto osservato nella popolazione generale, probabilmente derivanti da una minore carica virale e una durata inferiore dell’infezione, e capacità infettiva simile a quella della popolazione adulta al di sopra dei 10 anni;
- studi sulla direzione dei contagi delineano un quadro in cui è più probabile che all’interno dei nuclei famigliari siano i genitori a infettare i figli,11 non viceversa, dopo aver contratto l’infezione al di fuori della propria abitazione.12
3. Gli istituti scolastici, anche e soprattutto per l’implementazione, seppure non sempre ottimale, di misure preventive non farmacologiche (quali misure sulla riorganizzazione interna volte a garantire il distanziamento dei banchi e dei bambini durante le varie attività curriculari, la turnazione delle entrate, l’igienizzazione e la ventilazione dei locali e il lavaggio delle mani), non sembrerebbe essere tra i setting più rilevanti per l’esposizione al virus e per la trasmissione dell’infezione nella popolazione studentesca,13 in particolare tra gli allievi delle scuole primarie, né un driver dell’epidemia. Uno studio caso-controllo condotto nella regione Lazio14 non suggerisce, per esempio, tra i bambini fino a 13 anni – per i quali non era prevista la didattica a distanza – un aumento del rischio per chi frequenta la scuola in presenza (OR: 0,77) se confrontati con i bambini in DAD. In particolare, alcuni studi hanno rilevato come tra i più importanti determinanti di positività nei bambini e negli adolescenti vi siano contatti extrascolastici o che avvengono al di fuori del contesto scolastico (per esempio, trasporti),9 in particolare in contesti dove non vigono specifiche norme preventive (come parchi o luoghi di aggregazione). Gli studi sui focolai mettono in evidenza che quelli in ambito scolastico sono rari e sono una minoranza rispetto ai casi generali in tutta la popolazione. Anche i casi e i focolai registrati nel personale scolastico sembrerebbero associati prevalentemente a contatti extrascolastici che poi si diffondono tra docenti e assistenti scolastici, anche se in questo tema le evidenze sono tutt’altro che conclusive.
4. Al fine di giustificare o meno eventuali misure relative alla scuola in presenza, in questa discussione assume un ruolo centrale appurare i benefici e i rischi connessi alla chiusura e alla riapertura delle scuole.
L’osservazione di un’associazione tra apertura/chiusura delle scuole e aumento/riduzione dei contagi, infatti, non indica di per sé un rapporto di causalità tra i due fenomeni, che è molto complesso da dimostrare, giacché le decisioni sulle scuole sono state prese spesso in concomitanza con quelle di altri settori, per cui risulta davvero complicato identificare il ruolo specifico dell’istituzione scolastica. Studi che hanno cercato di isolare questo contributo arrivano alla conclusione che l’andamento dei casi scolastici potrebbe riflettere, più che anticipare, l’andamento della pandemia nella comunità e che il pericolo di focolai in ambito scolastico sarebbe proporzionale all’incidenza del contagio dell’area.15
Se le evidenze circa il contributo della chiusura delle scuole al contenimento della pandemia sono ancora dubbie, risulta al contrario eloquente il bilancio dell’impatto della didattica online e dell’isolamento causato dal lockdown e dalle misure di distanziamento sociale sulla salute fisica e mentale della popolazione studentesca e delle loro famiglie. Numerosi studi hanno infatti osservato:
- le conseguenze negative del lockdown prima e della scuola in presenza a singhiozzo poi sull’acquisizione di competenze scolastiche di base e sulla crescita della povertà educativa, soprattutto sugli studenti delle scuole secondarie e del Sud del Paese, come ben testimoniato, per esempio, dai risultati degli ultimi test Invalsi16,17 e da numerose interviste agli studenti che hanno dichiarato una sostanziale insoddisfazione verso la didattica online. Dati preoccupanti hanno riguardato anche l’aumento della dispersione scolastica18,19 (34.000 studenti a rischio di dispersione alle superiori) e della dispersione implicita,20 ovverosia di quella percentuale di ragazzi che escono dal percorso di studi senza le competenze fondamentali, quindi a forte rischio di avere prospettive di inserimento nella società non molto diverse da quelle degli studenti che non hanno terminato la scuola. Le ragioni di questo fenomeno sono numerose e anch’esse richiamano molteplici responsabilità, quali i gap nella digitalizzazione del Paese, la carenza nelle famiglie italiane di un numero soddisfacente di device, le lacune nelle competenze tecnologiche di alunni e insegnanti, i ritardi nell’adeguamento delle attività curricolari, le difficoltà genitoriali nel garantire un affiancamento dei figli nello studio, specie in un contesto di stress e difficoltà economica come quello vissuto durante il lockdown;
- l’impatto negativo sugli stili di vita derivante dal distanziamento sociale con aumenti nei livelli di inattività fisica, nella sedentarietà e nell’esposizione a pattern alimentari ipercalorici e non sani,21-23 con un potenziale conseguente aumento del sovrappeso e dell’obesità infantile, già tendenzialmente in crescita prima della pandemia. Sono stati, inoltre, rilevati importanti disturbi della qualità e quantità del sonno e un peggioramento nella gestione del tempo libero, con un aumento del tempo passato di fronte a tablet, pc e social media,24 al di là di quanto richiesto per la partecipazione alle lezioni a distanza. È stato, infine, rilevato un aumento degli episodi di autolesionismo,25 soprattutto tra gli adolescenti. Parte dell’impatto negativo sugli stili di vita è attribuibile alla mancata fruizione dei servizi scolastici (mensa scolastica, palestre) e dei programmi di promozione alla salute implementati nel setting scolastico. Da registrare anche una riduzione nell’accesso al sistema sanitario per ragioni non legate a COVID-19;
- l’impatto rilevante sulla salute mentale dei ragazzi. Per quanto alcuni studi si siano focalizzati sulle strategie vincenti e sulle risorse messe in campo – specialmente tra gli adolescenti, ma non solo26 – per far fronte alle nuove condizioni di vita e per trovare nuovi equilibri esistenziali, alcuni ricercatori hanno rilevato un aumento di sintomi di depressione e ansia27,28 oltre che dei disturbi dell’alimentazione,29 specialmente con il protrarsi dell’emergenza epidemica, in particolare negli adolescenti più grandi e nelle ragazze. Tra i bambini più piccoli, invece, sono emerse una maggiore irritabilità, disturbi del sonno e sintomi di stress, come irrequietezza e ansia da separazione, oltre a difficoltà nell’elaborazione del significato della pandemia e nell’esperienza di possibili episodi di lutto famigliare. Molti altri ricercatori hanno segnalato il diffondersi del languishing,30 ovverosia di uno stato di assenza di benessere, scopo e gioia che potrebbe avere risvolti drammatici sulla salute fisica e mentale nel medio e lungo periodo. L’epidemia ha colpito duramente anche i genitori in termini di disagio mentale e stress, soprattutto nei genitori di minori di 6 anni, contribuendo così a ridurre le capacità di far fronte ai bisogni emotivi e di supporto dei figli.
Questi tre impatti (sull’apprendimento, sulla salute fisica e su quella mentale) interagiscono sinergicamente tra loro, contribuendo a delineare un impatto fortemente negativo derivante dalla chiusura delle scuole e difficile da approcciare senza interventi capaci di contrastare contemporaneamente le diverse dimensioni considerate. È, inoltre, da considerare che la frequenza scolastica non è importante soltanto per l’apprendimento di nozioni cognitive, ma anche perché è il luogo privilegiato per acquisire competenze relazionali, sociali, emotive e culturali che risultano fondamentali per l’impostazione di traiettorie di vita salutogeniche nel breve, medio e lungo periodo, garantendo il conseguimento di un titolo di studio, una collocazione occupazionale soddisfacente e una partecipazione soddisfacente alla vita sociale.
5. Tutti gli impatti visti tendono a essere maggiormente pervasivi e intensi tra bambini e adolescenti appartenenti a nuclei famigliari più svantaggiati, specialmente in termini socioeconomici, o residenti in contesti più deprivati:31
- studi preliminari in Italia hanno osservato un’incidenza maggiore dell’infezione ed esiti negativi più frequenti nella popolazione adulta più svantaggiata dal punto di vista socioeconomico.32 Se non sono state ancora studiate le conseguenze di questo fenomeno sui figli dei nuclei famigliari più colpiti, altri studi hanno osservato come il rischio di positività al virus SARS-CoV-2 nei bambini era sostanzialmente più elevato nelle scuole con un numero maggiore di bambini provenienti da contesti socialmente più disagiati;
- gli impatti negativi su apprendimento, salute mentale e fisica sono stati più intensi e frequenti tra i figli delle famiglie più svantaggiate a causa verosimilmente della minor disponibilità di risorse materiali, cognitive e di supporto per l’adempimento della didattica a distanza, per la maggior prevalenza di condizioni abitative disagiate (e la minor disponibilità di spazi per la pratica di attività fisica), per la maggior esposizione (e predisposizione) già prima della pandemia a stili di vita insalubri e per il maggior rischio genitoriale di sperimentare le condizioni di disoccupazione e povertà materiali innescate dalla chiusura delle attività produttive e commerciali (si stima che i minori sotto la soglia di povertà assoluta siano il 20%);
- preoccupanti sono le ricadute sul benessere di bambini vulnerabili per altre condizioni, come i bambini con bisogni educativi speciali, con disabilità, figli di nuclei famigliari immigrati o residenti in aree del paese particolarmente deprivate.
Per tutte queste ragioni, e quindi data la probabile minor suscettibilità e trasmissibilità dell’infezione, almeno nella popolazione studentesca più giovane, valutata la messa a punto di strumenti sempre più efficaci per la prevenzione e gestione di casi e focolai scolastici, osservato il probabile ruolo marginale o quantomeno non primario delle scuole nell’andamento dell’epidemia (una volta applicate le misure normative necessarie) e considerate le conseguenze preoccupanti della didattica a distanza, specialmente nelle categorie più svantaggiate della popolazione e con un probabile e importante aumento delle disuguaglianze sociali di salute nel breve, medio e lungo periodo, l’AIE ritiene che:
1. la promozione della scuola in presenza debba essere considerata una priorità assoluta per il benessere di bambini e adolescenti e della società italiana in generale; se nuovi picchi epidemici dovessero presentarsi e fosse necessario ridurre velocemente il tasso di riproduzione nell’intera comunità, misure alternative alla didattica in presenza potranno e dovranno essere prese in considerazione. Tuttavia, il settore scolastico dovrebbe essere l’ultimo a chiudere e il primo a riaprire;
2. per facilitare il mantenimento della continuità scolastica:
- sia fondamentale che i tassi di infezione rimangano bassi nella comunità e, per questo, è essenziale che accanto al setting scolastico le policy di prevenzione riguardanti la popolazione pediatrica approccino efficacemente anche i luoghi di aggregazione infantile e giovanile extrascolastici, oltre alle aree al di fuori delle scuole e i mezzi adibiti al trasporto pubblico;
- sia necessario che la riapertura delle scuole sia il più sicura possibile e che quindi preveda l’adozione di misure preventive, diagnostiche e di governance efficaci ed efficienti. Il protocollo d’intesa per garantire l’avvio dell’anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza per il contenimento della diffusione di COVID-19 appena pubblicato dal Ministero dell’istruzione contiene le principali raccomandazioni emerse durante il primo anno e mezzo di esperienza pandemica.33 Sono state appena pubblicate anche le indicazioni strategiche ad interim per la riapertura della scuola in sicurezza per la stagione 2021-2022 in relazione alla pandemia di COVID-19 del Ministero della salute.34 Per ottenere risultati efficaci è necessario che istruzione e sanità lavorino in sinergia, cercando di superare i problemi che si sono verificati durante lo scorso anno scolastico, mettendo a punto soluzioni innovative o condividendo ed estendendo a livello nazionale modelli organizzativi implementati in particolari aree regionali rivelatisi promettenti, capaci di snellire o rendere più efficienti, per esempio, le procedure diagnostiche e di contact tracing così come la comunicazione tra le autorità sanitarie e le istituzioni scolastiche;
3. sia fondamentale continuare a monitorare l’andamento dell’epidemia, anche a fronte dell’arrivo di nuove varianti
o di cambiamenti importanti nel ventaglio delle misure di prevenzione, come per esempio quelli apportati dall’andamento della campagna vaccinale; è necessario valutare tempestivamente le conseguenze dell’interazione tra le diverse variabili in gioco, anche perché possono emergere importanti cambiamenti nelle indicazioni e raccomandazioni per garantire una scuola sicura. In tal senso, un primo obiettivo è che la comunità epidemiologica si adoperi il prima possibile per raccogliere evidenze e per realizzare analisi costo-beneficio sull’opportunità di vaccinazione negli adolescenti e su ipotetiche future estensioni della campagna vaccinale alla popolazione pediatrica;
4. per ridurre l’impatto della pandemia:
- il ritorno a scuola non significhi soltanto una ripresa dell’attività didattica, ma la partecipazione a un modello educativo organico che promuova la salute, sul modello del programma Health Promoting Schools.35 È necessario promuovere uno sforzo di elaborazione del significato che la pandemia ha assunto nelle esperienze dei ragazzi e dell’impatto che ha avuto sulla loro salute mentale e fisica. In tal senso, occorre anche insistere sugli sportelli di ascolto per studenti, ma anche per docenti, e sul supporto tra pari;
- le disuguaglianze debbano essere obiettivo prioritario della prevenzione, della promozione alla salute e delle policy scolastiche: così come la pandemia è stata iniqua, anche la risposta alla pandemia dovrebbe essere proporzionale e compensativa. Occorre, quindi, individuare le zone e i target con maggiore deprivazione materiale ed educativa e portare lì interventi ad alta densità educativa e di salute, promuovendo servizi quali la mensa scolastica, tempo pieno, servizi per la prima infanzia e supporto genitoriale. Inoltre, se nuove ondate epidemiche dovessero verificarsi e la scuola in presenza per l’intera popolazione studentesca non fosse più un’opzione praticabile, misure compensative dovrebbero prevedere l’accesso o il tutoraggio straordinario per i nuclei famigliari più svantaggiati o per i figli degli essential worker, nonché l’assegnazione di dispositivi e di connessioni per le famiglie più bisognose. È necessario che l’attenzione all’equità richiesta alle Regioni dal nuovo Piano nazionale della prevenzione tenga conto di queste necessità;
- debbano essere valorizzate le esperienze e le reti create per rispondere all’emergenza pandemica, dando loro miglior organizzazione e coordinamento, diffondendo le best practice e promuovendo gli interventi promettenti, come i patti educativi di comunità;
- le nuove policy scolastiche debbano essere costruite a partire dalla soddisfazione dei bisogni dei ragazzi. Per fare ciò, è indispensabile favorire la loro partecipazione nella definizione delle priorità e degli interventi. Porsi in una condizione di ascolto può facilitare l’apprendimento e il rapporto di cura che i docenti sono chiamati a svolgere per favorire l’apprendimento;
5. debba essere promossa una strategia organica di investimento per la scuola, che pianifichi in modo coordinato, multilivello e secondo un approccio multidisciplinare, in cui l’epidemiologia possa essere protagonista nel delineare priorità e bisogni, e nel valutare l’utilizzo efficiente ed efficace delle risorse messe a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
L’epidemiologia italiana può fornire un importante contributo per una gestione sempre più sicura dell’epidemia e per la presa in carico dei forti bisogni emersi necessaria per il benessere delle generazioni più giovani del Paese. L’AIE ha discusso e approfondito diversi temi su cui intende impegnarsi attraverso uno specifico gruppo di lavoro:
Misure di prevenzione:
- i modelli organizzativi, gestionali e comunicativi di presa in carico dei positivi e delle procedure necessarie al contact tracing nel setting scolastico devono essere standardizzati per garantire uguali livelli di gestione su tutto il territorio nazionale. A partire dalle diverse esperienze locali sviluppatesi nel corso dell’anno scolastico 2020-2021, è possibile proporre correzioni e miglioramenti anche attraverso il rafforzamento dei sistemi informativi di supporto a tutti i livelli;
- la riapertura delle scuole dovrebbe essere affiancata da programmi di screening scolastici, importanti nel mantenere la didattica in presenza, data l’incertezza e la variabilità temporale nella trasmissione scolastica del virus; anche perché, prevenendo la diffusione tra i giovani, si proteggono indirettamente le famiglie. In Italia vi sono diverse esperienze in corso che possono essere analizzate, valutate e ulteriormente diffuse alla luce della prevalenza dell’infezione nella comunità, del livello di diffusione delle varianti, della disponibilità e accuratezza di test salivari.
Monitoraggio dell’epidemia e dei suoi impatti:
- è essenziale raccogliere, analizzare e diffondere informazioni sul contagio a scuola a partire da un sistema informativo integrato in grado di descrivere l’andamento dell’epidemia e rispondere alle domande di valutazione di efficacia degli interventi intrapresi. Al momento, la piattaforma nazionale alimentata da Regioni e Province autonome monitora l’andamento dell’epidemia per età, il Ministero dell’istruzione raccoglie settimanalmente informazioni sui contagi di studenti e personale scolastico dagli uffici scolastici territoriali, l’Inail raccoglie le denunce di infortunio nei lavoratori del settore istruzione. È possibile, a partire da questi sistemi e da altri locali che sono stati contemporaneamente sviluppati, definire l’elenco delle domande di monitoraggio, dei dati che è necessario raccogliere e delle fonti che possono contribuire, proponendo un sistema unico integrato che permetta anche la razionalizzazione delle risorse impiegate;
- i sistemi informativi correnti e i sistemi di sorveglianza dedicati alla popolazione pediatrica devono essere arricchiti con nuovi esiti di salute e con covariate sociali maggiormente capaci di rilevare i meccanismi iniqui esacerbati dalla pandemia. Occorre approfondire non solo i fattori di rischio di eventuali impatti negativi, ma anche quei fattori protettivi che hanno permesso ad alcune fasce di popolazione di essere più impermeabili alla pervasività della pandemia.
Ricerca e sviluppo:
- la ricerca epidemiologica deve orientarsi a colmare le principali lacune conoscitive relative non solo ad aspetti prettamente legati alla diffusione e all’eziologia del COVID-19, ma concentrarsi anche sull’impatto della chiusura delle scuole sulla salute fisica e mentale e sul benessere di bambini e adolescenti e sulla valutazione di costo/efficacia degli interventi adottati, che comprenda anche i costi sociali e di perdita di benessere fisico e mentale a carico di studenti e personale. Occorre definire un elenco di domande conoscitive a cui è necessario rispondere attraverso studi di alta qualità, multidisciplinari, con un approccio di medio e lungo periodo.
Alleanze:
- la comunità epidemiologica può contribuire a conoscere, valutare, mitigare e prevenire gli impatti dell’epidemia di COVID-19 su bambini e adolescenti. L’AIE vuole fare la sua parte anche attraverso il rinsaldamento di alleanze con il mondo della sanità pubblica, della promozione della salute, dei dipartimenti di prevenzione e con le reti che questi hanno già sviluppato e rinforzato in quest’anno di pandemia con il mondo della scuola, così come attraverso la promozione di nuovi network multidisciplinari. Da una parte, questi settori possono aiutare l’epidemiologia a leggere meglio bisogni e nuove domande di salute della popolazione pediatrica, a interpretare i risultati e a delinearne le implicazioni per raccomandazioni e per le politiche; dall’altra, l’epidemiologia può impegnarsi a promuovere e meglio calibrare gli interventi messi in campo dalle altre politiche.
Partecipazione al Gruppo di lavoro AIE “COVID e Scuola ”Per impegnarsi in questa attività nel corso del prossimo anno scolastico, l’AIE invita tutti gli interessati (iscritti e non iscritti all'Associazione) a partecipare al gruppo di lavoro “COVID e scuola”. |
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- Ministero dell’Istruzione, Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali. Protocollo d’intesa per garantire l’avvio dell’anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza per il contenimento della diffusione di COVID-19 (anno scolastico 2021/2022). Disponibile all’indirizzo: https://bit.ly/3BQZhYb
- Istituto superiore di sanità, Ministero Salute, INAIL, Fondazione Bruno Kessler. Indicazioni strategiche ad interim per la prevenzione e il controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in ambito scolastico (a.s. 2021-2022). Disponibile all’indirizzo: https://bit.ly/3jPoYCu
- World Health Organization. Making every school a health-promoting school – Implementation Guidance. Disponibile all’indirizzo: https://www.who.int/publications/i/item/9789240025073
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