In questi mesi, sulla scorta delle sollecitazioni indotte dalla pandemia e grazie alle opportunità offerte dalle risorse messe a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), si stanno definendo atti programmatori che mirano al ridisegno del SSN.
Le iniziative (tuttora in fase di definizione) non sembrano ancora del tutto coordinate entro un’unica cornice strategica e integrate rispetto ai piani e ai programmi già in corso, quali il Piano delle Cronicità o il Piano Nazionale della Prevenzione, per fare solo due esempi. Tuttavia, documenti come il capitolo del PNRR dedicato all’Health Prevention Hub, e la bozza di Decreto Ministeriale sulla riorganizzazione dell’assistenza territoriale, il cosiddetto DM 71, sottolineano l’importanza della governance e la necessità di dotarsi di sistemi di misurazione e di indicatori dei bisogni di salute e degli esiti delle cure come base dei processi decisionali.

È certamente condivisibile l’esigenza di valutare le conoscenze disponibili come strumento per il governo del sistema, ma appare evidente che le strategie delineate prendono in considerazione solo soluzioni fortemente tecnologiche relative alle infrastrutture dei sistemi informativi e alle piattaforme informatiche, senza menzionare assolutamente le competenze necessarie ad analizzare e interpretare i dati e farli diventare informazione utili per orientare le scelte nella sanità. Nell’Health Prevention Hub sono previste ingenti risorse per una nuova architettura informativa in grado di produrre valutazioni e scenari.  Altre ancora più rilevanti risorse vengono citate per la sanità digitale che potrebbe mettere a disposizione un enorme patrimonio di dati a supporto del monitoraggio e della valutazione degli interventi. Tuttavia, nell’agenda prevista sono totalmente carenti la riorganizzazione delle funzioni tecniche e il consolidamento delle competenze professionali che dovrebbero presiedere il disegno generale, per fare in modo che gli investimenti tecnologici siano in grado di rispondere alle domande di conoscenza utili per orientare le decisioni.  
Queste sono le funzioni e competenze specifiche dell’epidemiologia. Questa disciplina è in grado di individuare le informazioni necessarie e di produrre le conoscenze utili attraverso un approccio metodologico corretto allo studio dei determinanti della salute e della valutazione di efficacia e sicurezza degli interventi sanitari, trasversale a tutti i settori sanitari.

In una logica di razionalizzazione della riorganizzazione del SSN nei vari macrolivelli (prevenzione, territorio, ospedale), è doveroso  cogliere l’opportunità di ricondurre il tema strategico del governo dei dati, della produzione di conoscenze sui profili di salute, della programmazione basata sulle evidenze, della valutazione dei servizi e delle cure alle funzioni proprie dell’epidemiologia e, conseguentemente, all’esigenza di sistematizzarle e di rilanciarle, provando a superare la frammentazione esistente e la grande eterogeneità tra regioni, anche attraverso la definizione di “livelli essenziali di prestazioni di epidemiologia”.

La legge istitutiva del SSN prevedeva l’istituzione di un osservatorio epidemiologico in ogni regione, ma tale previsione ha avuto un’applicazione diversificata e discontinua nel tempo, in assenza di criteri e standard chiari sui modelli organizzativi, di percorsi formativi dedicati, e dell’imprescindibile necessità di definire “da progetto” una netta autonomia di tali strutture rispetto al potere politico.

L’Associazione Italiana di Epidemiologia ha promosso, nel 2021, un dibattito sul ruolo dell’Epidemiologia nel SSN, cercando di intercettare le direttrici della riprogrammazione complessiva del sistema, individuando tre proposte operative chiave:

1. formalizzare i contenuti delle attività di epidemiologia all’interno del SSN/SSR, collegati in primo luogo ai LEA e quindi ai documenti di pianificazione nazionale, associando standard operativi (requisiti organizzativi, strumentali e tecnologici) e indicatori di valutazione delle performance che ne rendano misurabile l’attività e, possibilmente, anche l’impatto;
2. consolidare, a livello nazionale e all’interno di ciascuna regione, una rete dei servizi di epidemiologia, all’interno del SSN in grado di stabilire connessioni funzionali chiare e definite (anche in termini di accesso ai dati) con i centri universitari e di ricerca e il Sistema Nazionale di Protezione Ambientale;
3. definire il curriculum formativo e professionale della figura dell’epidemiologo nel SSN/SSR, valorizzando le caratteristiche di multidisciplinarietà insite nella disciplina.

A valle del confronto, L’Associazione Italiana di Epidemiologia ritiene necessario un intervento normativo che disciplini la riorganizzazione delle funzioni di epidemiologia a livello nazionale, regionale e locale in analogia con l’impostazione dei DM 70 e 71, individuando i modelli, gli standard (di risorse, ma anche di competenze) e gli indicatori per lo sviluppo dell’epidemiologia nel SSN.
I livelli essenziali di epidemiologia e le funzioni di epidemiologia possono, in estrema sintesi, essere indicati come segue: sintesi delle evidenze disponibili, definizione e sorveglianza dello stato di salute della popolazione, stima dei bisogni, valutazione della distribuzione dei determinanti individuali e collettivi della salute nel tempo e nello spazio, dei loro effetti e dei loro impatti,  studio della  relazione tra bisogno/offerta/consumo di prestazioni sanitarie, valutazione di efficacia degli interventi sanitari e dei modelli organizzativi di erogazione.
Le funzioni così indicate devono utilizzare dati provenienti da flussi informativi sociodemografici e sanitari standardizzati e omogenei nel Paese con regole di accesso e trattamento che devono garantire la tempestività e l’interoperabilità delle fonti.  Accanto a questi, deve essere sottolineata l’importanza della produzione e della disponibilità per le valutazioni epidemiologiche di dati raccolti sul campo ad hoc, che possono integrare i flussi correnti. La digitalizzazione dei sistemi deve partire dal riconoscimento di cosa serve conoscere per monitorare e migliorare la salute delle persone e non possono prescindere da un’architettura condivisa tra i diversi interlocutori. 
Lo svolgimento delle funzioni di epidemiologia deve essere assicurato da operatori dotati delle competenze metodologiche necessarie, ma anche della consuetudine a un approccio multidisciplinare, per assicurare il corretto disegno dei piani di indagine, il trattamento e l’analisi dei dati, ma anche l’interpretazione di risultati che vengono prodotti con lo scopo di alimentare il processo di costruzione delle evidenze.
Il personale deve poter operare all’interno di un modello organizzativo strutturato in modo da assicurare funzioni di governo regionale e locale, in coordinamento tra le diverse aree del Paese e con le autorità nazionali. A questo scopo, una soluzione adeguata è la costituzione di una rete dei servizi regionali di epidemiologia, che preveda:

  • un nodo di coordinamento, collocato in una struttura centrale (per esempio, agenzia/osservatorio) o in una azienda, ma con compiti di riferimento regionale, con autonomia tecnica e gestionale e indipendenza rispetto al potere politico, orientato alla produzione di informazioni utili per la governance del sistema, anche in condizioni di emergenza, e per la definizione di documenti di indirizzo, alla gestione del datawarehouse regionale, all’attuazione di iniziative di audit sulla qualità dei dati;
  • nodi operativi aziendali, collocati nell’ambito delle direzioni sanitarie aziendali e nei dipartimenti di prevenzione, con la responsabilità di produrre e leggere le informazioni utili per orientare e valutare la programmazione locale, cogliendo le specificità territoriali anche attraverso la promozione di un confronto diretto e costante con gli operatori e con la comunità;
  • nodi operativi specialistici nei centri universitari/di ricerca e nelle agenzie di protezione ambientale, con compiti specifici, comunque collegati alla programmazione regionale e alla valutazione e interconnessi funzionalmente alla rete del SSR attraverso specifici protocolli di intesa nell’ambito dei piani pluriennali di attività.

All’interno delle interconnessioni funzionali stabilite nella rete possono essere affidate funzioni dedicate, tra cui le attività dei registri di patologia.
In questo disegno, occorre anche ripensare alla riorganizzazione di una funzione nazionale dell’epidemiologia, che accanto alle attività di indirizzo e coordinamento, svolga anche compiti di formazione degli operatori e aggiornamento continuo delle competenze.
La rete dei servizi di epidemiologia opera sulla base di programmi annuali e pluriennali, collegati ai piani nazionali e regionali, i cui contenuti complessivi sono definiti in modo condiviso dai nodi della rete, ma anche flessibile e adattabile a eventuali bisogni emergenti ed eventualmente integrati da programmi aziendali specifici.
La definizione dei “livelli essenziali delle prestazioni di epidemiologia” e degli standard operativi da assicurare a livello nazionale, regionale e aziendale deve accompagnarsi a un sistema di valutazione che renda misurabile l’effettiva erogazione delle prestazioni (tra cui, per esempio, il profilo di salute territoriale) e l’utilizzo delle evidenze associate negli atti di programmazione regionale. 
Il modello di rete, da un lato, pone al riparo da possibili ridondanze attraverso l’individuazione delle responsabilità per ciascuna delle attività previste dai programmi annuali e pluriennali; dall’altro, crea le condizioni per semplificare lo scambio e la condivisione dei dati e delle conoscenze a tutti i livelli, garantito dalla costruzione e dallo sviluppo di un datawarehouse regionale in cui confluiscono tutti i flussi, ordinari e specialistici, sanitari e non solo: l’infrastruttura informativa è disegnata in accordo tra i nodi della rete, che ne valuta anche le esigenze di integrazione e aggiornamento, ed è gestita dal coordinamento regionale secondo regole di accesso collegate ai piani di attività; può essere eventualmente integrata a livello locale per funzioni di interesse territoriale, comunque declarate nei programmi di attività.

In questo quadro, deve essere collocata anche una riflessione urgente sul tema dell’accesso ai dati e della privacy, per esempio attraverso la condivisione di indirizzi e procedure con l’Autorità Garante, che merita un’iniziativa dedicata.
I nodi operativi devono costruire una relazione stabile e bidirezionale con i professionisti dell’azienda di riferimento (operatori dei dipartimenti territoriali, dei distretti sociosanitari, degli ospedali) per coglierne i fabbisogni conoscitivi e arricchire la capacità di analisi dei dati e di lettura dei fenomeni, creando le condizioni per disseminare la cultura del dato e di quel pensiero epidemiologico”che è operativamente il motore in grado di porre al centro delle scelte e delle decisioni le evidenze prodotte.

Provando a definire un modello di riorganizzazione, occorre tener presente due cose essenziali: all’estremo degli operatori sanitari abbiamo bisogno di tanta cultura epidemiologica e di policy analysis, all’estremo opposto della specialistica abbiamo bisogno di una rinnovata capacità e protagonismo nella investigazione, sia nella prevenzione sia nell’assistenza, cosa che richiede infrastruttura di dati, competenze e laboratori/concentrazione di risorse inedite rispetto al passato.
Attraverso la rete, l’epidemiologia può configurarsi come una sorta di tessuto connettivo che facilita le funzioni e garantisce l’unitarietà dei movimenti all’interno del SSN e verso l’esterno, promuovendo il consolidamento di una sanità pubblica in grado di stabilire una continuità tra le evidenze e le funzioni di prevenzione e cura, garantendo uniformità, inclusione, equità e sostenibilità. Ciò può e deve essere ottenuto anche dialogando con le altre discipline di policy analysis, come l’economia sanitaria e le scienze del management.
Lo sviluppo e l’articolazione delle reti regionali di epidemiologia può essere sostenuto inserendone l’istituzione negli Obiettivi di Piano, vincolando quindi alla loro realizzazione una quota del Fondo Sanitario: affinché tale procedura possa effettivamente spingere le regioni a consolidare le funzioni di epidemiologia utilizzando il finanziamento per gli scopi per cui è immaginato, la misurazione dell’erogazione dei livelli essenziali di epidemiologia deve entrare nella Verifica ministeriale degli Adempimenti LEA.

È evidente che l’intero costrutto si basa su un investimento imponente in formazione e aggiornamento delle competenze, pensando sia agli operatori in servizio sia ai numerosi giovani laureati o neospecialisti delle diverse professioni sanitarie che sono stati coinvolti nelle attività di sorveglianza e prevenzione in corso di emergenza, ma anche in un ripensamento dei criteri di accesso e ai ruoli del SSN.
In questo percorso, le reti regionali dovrebbero trovare riferimenti nazionali che possano assicurare una visione unitaria allo sviluppo di piani e programmi, a partire, per esempio, dalle opportunità offerte dal PNRR: in questa logica, l’Health Prevention Hub dovrebbe essere una struttura disegnata e governata dalla rete nazionale di epidemiologia, per colmare i fabbisogni di dati e di strumenti di analisi, migliorare le capacità di produzione di conoscenze e di “accountability” dei risultati anche nei confronti della popolazione generale. 
Questo modello sostiene e supporta anche il nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, in linea con l’approccio one health delineato nel PNRR: la sfida complessiva da cogliere da parte della sanità pubblica sui temi ambientali è la capacità di esercitare un’advocacy – operativa e non solo dichiarata – nei confronti delle politiche sanitarie ed extrasanitarie in un’ottica di promozione della salute e del benessere inclusivo, equo e sostenibile. Per fare ciò, è necessario un ripensamento complessivo che porti effettivamente la prevenzione al centro di un sistema sanitario che voglia (e sia in grado di) misurarsi attraverso la valutazione epidemiologica sulla base di obiettivi di salute.   
Il momento per mettere in campo questa riorganizzazione è questo.

Ringraziamenti

Il Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana di Epidemiologia ringrazia Giuseppe Costa, Marina Davoli, Francesco Forastiere, Lorenzo Richiardi, Rodolfo Saracci, Salvatore Scondotto, Stefania Salmaso, Paolo Vineis per i contributi alla redazione della proposta e tutti i soci e le socie che hanno partecipato al dibattito sulle pagine di Epidemiologia&Prevenzione

 

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