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E&P 2025, 49 (2-3) marzo-giugno Suppl. 1 p. 30-40
DOI: https://doi.org/10.19191/EP25.2-3.S1.053

Smart working e mobilità attiva per la riduzione delle emissioni di CO2 attribuibili al percorso casa-lavoro: i risultati del progetto Climactions
Smart working and active mobility for reducing CO2 emissions from the home-to-work commute: the results of the Climactions project
Riassunto
Obiettivi: stimare le emissioni di CO2 per le diverse modalità di spostamento casa-lavoro prima, durante e dopo il lockdown dovuto alla pandemia di COVID-19 e definire scenari per la valutazione dell’impatto sull’ambiente e la salute.
Disegno: studio cross sectional i cui dati sono stati raccolti mediante survey.
Setting e partecipanti: allo studio hanno aderito in forma anonima sia i ricercatori partecipanti al progetto Climactions sia la popolazione generale grazie alla diffusione del questionario sui social. Sono state raccolte informazioni su mezzi di trasporto utilizzati per andare al lavoro, la distanza casa-lavoro, il tempo di percorrenza prima, durante e dopo l’emergenza COVID-19 e proposte di azioni/soluzioni per un ambiente urbano sostenibile.
Principali misure di outcome: è stata stimata la quantità di CO2 dovuta alle diverse modalità di spostamento nelle varie fasi della pandemia sulla base di coefficienti di emissione specifici per veicolo stimati dalla European Environmental Agency che tengono conto anche del numero medio di passeggeri per veicolo. Sono stati proposti scenari sostenibili di percorribilità casa-lavoro tenendo conto di un possibile tragitto a piedi.
Risultati: i rispondenti al questionario sono stati 2.904, prevalentemente donne (62,3%) e residenti nelle Regioni del Nord (44,6%); più dell’80% aveva un’età superiore a 40 anni (0,7% età < 25 anni). In media, la distanza tra l’abitazione e il luogo di lavoro è risultata pari a 23,6 km (mediana: 13 km) con distanze maggiori al Sud (media: 38,2 km; mediana: 20 km). Le condizioni descritte in una situazione pre-pandemia determinavano un valore medio di CO2 pro-capite/die pari a 2 kg. La riduzione degli spostamenti durante il lockdown ha prodotto un abbassamento notevole delle stime di CO2 con una media pro-capite/die di circa 100 g. Da settembre 2020, l’incremento dello smart working ha comunque permesso una riduzione dei livelli stimati di CO2/die, nonostante l’aumento di emissioni prodotto dall’utilizzo di veicoli privati (1,5 kg pro capite/die). Una passeggiata giornaliera di 15 minuti nel tragitto casa-lavoro comporterebbe una riduzione dei livelli stimati di CO2/die di fino a 0,7 kg pro capite/die. Rispetto all’affermazione che «il miglioramento della qualità dell’aria delle città e la riduzione delle emissioni di gas serra siano azioni utili per contrastare i cambiamenti climatici», il 94% dei rispondenti si dichiara molto d’accordo.
Conclusioni: in Italia, il trasporto stradale è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di CO2 in atmosfera. Il lockdown ha costituito uno scenario naturale di riduzione delle emissioni nel contesto urbano e la diffusione dello smart working è risultata associata alla riduzione delle emissioni di CO2 derivanti dal percorso casa-lavoro. Tuttavia, risulta di cruciale importanza la promozione della mobilità sostenibile, cioè la riduzione dell’utilizzo del mezzo privato e la promozione degli spostamenti a piedi e in bicicletta, per i rilevanti co-benefici in termini di salute oltre a quelli ambientali.
Parole chiave: clima e salute, co-benefici di salute, inquinamento e salute, mobilità attiva
Abstract
Objectives: to estimate CO2 emissions for different commuting modes before, during, and after the COVID-19 lockdown, and define scenarios to assess their impact on the environment and health.
Design: cross-sectional study using data retrieved from a survey.
Setting and participants: the study included anonymous participation from both researchers involved in the Climactions project and the general population; the questionnaire was made available through social media. Information was gathered on the transportation modes used to commute, the distance travelled and travel times before, during, and after the COVID-19 emergency, and proposals for actions/solutions to enhance sustainable commuting in urban areas.
Main outcome measures: the amount of CO2 emissions due to different commuting modes during various stages of the pandemic was estimated based on vehicle-specific emission coefficients provided by the European Environmental Agency, taking into account the average number of passengers per vehicle. Sustainable commuting scenarios were also proposed, including active transportation (walking, cycling, etcetera).
Results: the online questionnaire was filled-in by 2,904 persons, predominantly women (62.3%) and residents in Northern Italy (44.6%). Over 80% of the respondents were aged over 40 (0.7% <25 years). On average, the distance travelled on a daily commute was 23.6 km (median: 13 km), with longer distances in the Southern Regions (average: 38.2 km, median: 20 km). The average per-capita CO2 emissions were 2 kg per day in the pre-pandemic situation. The reduction in commuting during lockdown periods led to a significant decrease in estimated CO2 emissions, with an average per capita reduction of about 100 grams per day. From September 2020, the increase in smart working among respondents still allowed for a reduction in estimated CO2 levels, despite an increase in emissions from private vehicle use (1.5 kg per capita per day). Considering sustainable scenarios, a 15-minute walk during the daily commute would lead to a reduction in estimated CO2 levels of up to 0.7 kg per capita per day. Regarding the statement that “improving air quality in cities and reducing greenhouse gas emissions are useful actions to combat climate change”, 94% of respondents strongly agreed.
Conclusions: in Italy, road transport accounts for approximately 25% of the total CO2 emissions. The lockdown provided a natural scenario for reducing emissions in urban areas, and the implementation of smart working was associated with a decrease in CO2 emissions due to reduced commuting. However, it is crucial to promote sustainable and active transportation modes for daily commuting such as walking and cycling, also considering the significant health co-benefits.
Keywords: climate and health, health co-benefits, pollution and health, active mobility
Introduzione
L’inquinamento atmosferico rappresenta il fattore principale di rischio ambientale per la salute umana. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che il 91% della popolazione mondiale respira aria inquinata e l’inquinamento dell’aria outdoor causa nel mondo circa 3,7 milioni di decessi all’anno, di cui 800.000 solo in Europa. Inoltre, è responsabile di 6,3 milioni di anni di vita persi e del 3% della mortalità cardiorespiratoria.1 La situazione potrebbe anche peggiorare, visto che nel rapporto delle Nazioni Unite del 2014 si stima che entro il 2050 circa il 70% delle persone sulla terra vivrà in un ambiente urbano.2,3 L’incremento dell’urbanizzazione potrebbe generare un aumento del numero di veicoli per il trasporto privato circolanti che, già oggi, sono responsabili del 50% delle emissioni di ossidi di azoto (NOx) e di un quarto delle emissioni di anidrite carbonica (CO2) che provocano danni diretti alla salute della popolazione.4,5 Questi cambiamenti associati a variazioni di uso del suolo per l’urbanizzazione potrebbero provocare un peggioramento di altre esposizioni ambientali, quale il rumore da traffico veicolare e il riscaldamento di alcune aree della città rispetto alle zone rurali circostanti (fenomeno noto come isola di calore urbano)6,7, ma anche a una progressiva riduzione degli spazi verdi e accessibili con conseguenti impatti sulla salute dei residenti8,9. Come conseguenza della crescente urbanizzazione, è atteso un aumento del carico di malattie e disabilità associate in particolare all’incremento ulteriore dei livelli di inquinamento atmosferico e della sedentarietà che oggi sono responsabili, rispettivamente) di 7 milioni e 2,1 milioni di morti premature a livello globale ogni anno.10,11
Oltre ai conseguenti rischi ambientali, le aree urbane sono responsabili del 60%-70% delle emissioni totali di gas serra. Le strategie di mitigazione in ambito urbano coinvolgono diverse azioni, tra cui l’efficienza energetica degli edifici e la promozione del trasporto pubblico e non motorizzato. Da un punto di vista di sanità pubblica, è importante promuovere misure di mitigazione associate a maggiori co-benefici o ricadute positive sulla salute della popolazione (le cosiddette politiche win-win).12,13 È noto che incentivare la mobilità sostenibile o, meglio ancora, la mobilità attiva (camminare, correre o andare in bicicletta) offre numerosi benefici diretti e indiretti sulla salute. Infatti, l’aumento dell’attività fisica che ne consegue porta a una riduzione del rischio di malattie croniche come l’obesità, il diabete, le malattie cardiovascolari e la depressione.14,15 L’adozione di una mobilità attiva può ridurre il traffico e migliorare la sicurezza stradale, aumentare l’accessibilità e l’inclusione sociale, promuovere la coesione sociale e migliorare la qualità della vita. Inoltre, la mobilità attiva può contribuire a ridurre l’impatto ambientale del trasporto e a migliorare la sostenibilità delle città.
Per le persone che vanno in bicicletta o a piedi per almeno 150 minuti a settimana, come raccomandato dalle linee guida sull’attività fisica pubblicate dall’OMS, il rischio di mortalità si riduce del 10%.16 Si calcola che, nell’Unione Europea, ogni anno più di 100.000 morti premature potrebbero essere evitate se ogni adulto andasse a piedi o in bicicletta per 15 minuti in più al giorno. Nonostante la mobilità attiva incrementi l’esposizione ad agenti inquinanti o il rischio di infortuni, i benefici eccedono i rischi in un rapporto di quasi nove a uno.15
È evidente che la promozione di una mobilità attiva può generare una serie di co-benefici sia per la salute individuale sia per l’ambiente e la comunità nel suo insieme. La transizione verso una mobilità attiva richiede politiche e investimenti mirati per la promozione di infrastrutture sicure e accessibili per la mobilità a piedi e in bicicletta, nonché campagne di sensibilizzazione per incoraggiare l’adozione di abitudini di mobilità sostenibili.
Nieuwenhuijsen illustra con esempi pratici come le città possano diventare più sane attraverso una migliore pianificazione urbana e dei trasporti,17 anche tenendo conto di quello che è naturalmente avvenuto a seguito della pandemia di COVID-19.18
La pandemia di COVID-19, infatti, ha permesso di riflettere sulla possibilità che l’attuale crisi possa rappresentare un’occasione, irripetibile, di cambiamento dei modelli di sviluppo ambientale e di rinascita sostenibile delle nostre città. Tra le sfide, il tema della mobilità e delle città sostenibili è centrale per migliorarne la qualità ambientale.
A partire dal 10.03.2020, a causa delle misure emergenziali previste per il contenimento della pandemia, gran parte dei lavoratori dipendenti, sia pubblici sia privati, è immediatamente passata dalle modalità di lavoro tradizionali a quelle dello smart working. Nel tentativo di cogliere in maniera repentina gli aspetti principali che avrebbero portato a una modifica delle abitudini personali e a un conseguente beneficio ambientale, nell’ambito del progetto CCM Climactions (Finanziamento CCM Ministero della Salute 2019) è stata ideata una survey per descrivere il comportamento in materia di spostamenti casa-lavoro tra i residenti nelle regioni partner del progetto (Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Lazio, Puglia, Sicilia) in primis, ma anche nel resto d’Italia.
Questo lavoro sintetizza i risultati della survey, stima le emissioni di CO2 per le diverse modalità di spostamento casa-lavoro e suggerisce scenari da utilizzare per la valutazione dell’impatto sull’ambiente e la salute.
A supporto della definizione di scenari di mitigazione dei cambiamenti climatici basati sulla mobilità attiva, questo studio si focalizza sulla stima delle emissioni di CO2 per poter stimare le emissioni evitate grazie a cambiamenti nella mobilità casa-lavoro.
Metodi
La survey è stata progettata a partire dal materiale del progetto internazionale PASTA (Physical Activity Through Sustainable Transport Approaches)19,20 che aveva l’obiettivo di analizzare le misure di trasporto urbano a sostegno della mobilità attiva (a piedi, in bicicletta e in combinazione con l’uso dei mezzi pubblici) per valutarne gli effetti sull’attività fisica e le condizioni di salute dei cittadini. Nel periodo ottobre 2020-febbraio 2021 e dopo una fase pilota che ha coinvolto i lavoratori del Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio (ASL Roma 1), la survey è stata diffusa dapprima tra i partner del progetto, successivamente anche sui social e tra le associazioni ambientaliste (figura 1).

La risposta era su base volontaria.
Il questionario utilizzato (vedi materiali supplementari) raccoglieva informazioni in forma anonima su diverse dimensioni:
1. informazioni personali;
2. informazioni sull’ente/azienda;
3. caratteristiche del tragitto casa-lavoro;
4. mobilità e spostamenti casa-lavoro prima, durante (marzo 2020-maggio 2020) e dopo (da settembre 2020) il lockdown dovuto all’emergenza di COVID-19;
5. percezione del rischio.
La rilevazione ha volutamente escluso il periodo estivo (giugno 2020-agosto 2020) nell’ipotesi che in questo periodo, generalmente, le abitudini di mobilità casa-lavoro possano non essere quelli abituali, poiché influenzate anche da altri fattori (chiusura delle scuole, condizioni meteorologiche, vacanze estive eccetera).
Sono stati descritti i dati raccolti ed è stata stimata la quantità di CO2 delle diverse modalità di spostamento attraverso la seguente formula:

dove i = 1,...n è il numero di veicoli utilizzati a persona die.
Il coefficiente CO2 in kg/km per tipo di veicolo utilizzato è quello stimato dalla European Environmental Agency21 che tiene conto anche del numero medio di passeggeri per veicolo.
Nel calcolo della stima di CO2 emessa (kg)/die è stato considerata una media ponderata tenendo conto di tutti i veicoli utilizzati da ogni persona nello spostamento casa-lavoro giornaliero nell’ipotesi di equidistribuzione dei km percorsi. Per esempio, se un lavoratore che nel questionario dichiarava di compiere lo spostamento casa-lavoro a piedi e con l’autobus urbano e abitava a una distanza di 10 km, si è considerato come se percorresse 5 km a piedi e 5 km con autobus urbano.
Inoltre, per quanto riguarda gli spostamenti in macchina, sono stati pesati a seconda se lo spostamento avveniva in auto come conducente (peso = 1), come passeggero (peso = 0,5 nell’ipotesi che in macchina viaggino solo conducente e passeggero) oppure in car pooling (peso = 0,25 nell’ipotesi che l’auto viaggi al massimo della capienza con conducente e 3 passeggeri).
Per il calcolo delle emissioni di CO2 dopo l’emergenza COVID-19 (da settembre 2020) è stato considerato l’eventuale cambio di mezzo utilizzato per lo spostamento casa-lavoro e, per i rispondenti che avevano dichiarato di usufruire della modalità agile di lavoro, le emissioni sono state stimate prima su base settimanale, per tenere conto di 2 giorni di smart working (con emissioni per il tragitto casa-lavoro pari a zero) e poi stimate come media pro-capite/die.
Per quanto riguarda gli scenari analizzati, nello specifico, ne sono stati proposti due:
- scenario A: tiene conto di un eventuale tragitto a piedi o in bici di 4 km (circa 5.000 passi) e nell’ipotesi di 2 giorni di smart working per chi dichiara di usufruire della modalità agile di lavoro;
- scenario B: tiene conto di un eventuale tragitto a piedi o in bici di 1,5 km (circa 2.000 passi, ovvero 15 minuti di passeggiata) nell’ipotesi di 2 giorni di smart working per chi dichiara di usufruire della modalità agile di lavoro.
Lo scenario A tiene conto delle indicazioni dell’OMS secondo cui un numero di passi giornalieri inferiore a 5.000 è considerati indicatore di vita sedentaria,22 mentre lo scenario B è stato scelto tenendo conto di una situazione più realistica in cui il percorso a piedi non comporti un eccessivo incremento nel tempo di spostamento casa-lavoro. Entrambi gli scenari sono stati considerati per tutti i rispondenti che non si spostavano a piedi o in bicicletta nel percorso casa-lavoro.
Si è deciso di considerare 2 giorni di smart working a settimana, poiché in linea con l’orientamento delle aziende (soprattutto pubbliche).
Risultati
La survey ha coinvolto 2.902 rispondenti residenti prevalentemente nelle aree del Nord (44,6%) e del Centro (42,4%) Italia. Più bassa la rispondenza nell’area del Sud e delle Isole (13%). Tutte le Regioni sono state rappresentate (figura 2).

Caratteristiche dei rispondenti
La rispondenza alla survey è stata maggiore nelle regioni del Centro-Nord dove erano presenti la maggior parte dei partner del progetto e la quota più elevata di rispondenti si è osservata nel periodo di diffusione tra i partner del progetto (aprile-giugno 2021) (70% dei rispondenti circa).
In tabella 1 sono riportate le principali caratteristiche dei rispondenti alla survey. Tra i rispondenti, in media, è più alta la percentuale di donne (62,3%), sebbene al Sud sia maggiore la percentuale di rispondenti uomini (49,9%). In termini di età, non si riscontrano differenze tra le tre aree e, in generale, più dell’80% dei rispondenti ha un’età superiore a 40 anni a fronte di uno 0,7% di under 25. La quasi totalità dei rispondenti presentava un titolo di studio alto o medio alto (98%, valore non riportato in tabella). Per quanto riguarda il numero di persone conviventi, al Nord il 32% vive con un’altra persona, al Centro si riscontra un’equidistribuzione di persone che vivono in convivenze composte da 2, 3 o 4 persone (27%), mentre al Sud è presente una prevalenza di rispondenti (33%) che vive in 3. Il 36% circa dei rispondenti era lavoratore presso Ministeri o Istituto Superiore di Sanità, circa il 21% lavorava presso enti locali o regionali e il 9,7% era impiegato nel settore privato.
Per quanto riguarda la disponibilità di un mezzo di trasporto privato, è da segnalare che, nell’intero campione di rispondenti, più del 95% possiede almeno un’automobile e il 55% almeno due (al Sud questa percentuale raggiunge il 65%). Rispetto al possesso di biciclette, invece, l’80% dei rispondenti ne possiede almeno una, con una percentuale leggermente maggiore al Nord (85,6%).

Come riportato in tabella 2, in media la distanza tra l’abitazione e il luogo di lavoro è pari a 23,5 km (mediana 13 km), con distanze maggiori al Sud (media 38,2 km, mediana 20 km). Il 10% dei rispondenti vive entro 3 km dal luogo di lavoro così come il 10% dei rispondenti vive a una distanza superiore a 55,6 km.
Sempre in tabella 2 viene riportata la percentuale di rispondenti che indicano di risiedere entro 5 km dal luogo di lavoro (pari al 25% in tutto il campione), più alta al Nord (28,7%) e più bassa al Centro (20,5%)
Per quanto riguarda il tempo impiegato nello spostamento casa-lavoro, non ci sono differenze evidenti tra le varie aree del Paese e, in media, per percorrere il tragitto (andata e ritorno) si impiega un’ora (tabella 2).

Mobilità e spostamenti casa-lavoro prima, durante e dopo il lockdown
Rispetto allo spostamento casa-lavoro nel periodo pre-pandemia, il 54% dei rispondenti utilizzava principalmente l’auto (come conducente). Una percentuale di poco inferiore alla media nazionale si osserva al Centro (49%) dove, invece, è maggiore la percentuale di coloro che si spostavano con l’autobus urbano (22%). A fronte di 1.136 (36%) rispondenti che dichiaravano di compiere il tragitto casa-lavoro esclusivamente in auto, 300 (10%) si spostavano solamente a piedi o in bici (figura 3).

In tabella 3 sono riportate le stime delle emissioni di CO2 per i tre periodi in analisi (prima, durante e dopo l’emergenza COVID-19) e per i due scenari proposti.
Le condizioni descritte in una situazione pre-pandemica determinavano un valore medio stimato di CO2 pro-capite/die pari a 2,24 kg (deviazione standard – DS: 2,53). Tra le varie aree del Paese, tra i rispondenti sono state osservate differenze importanti con valori di CO2 medi pro-capite più alti al Sud (3,42 kg; DS: 3,91) e più bassi al Centro (1,97 kg; DS: 2.24).
Come atteso, durante il lockdown i valori di CO2 attribuibili allo spostamento casa-lavoro sono rimasti ovunque bassi (media totale pro-capite: 0,10 kg/die; DS: 0,50).
Rispetto ai mezzi utilizzati per lo spostamento, i risultati della survey hanno mostrato, a partire da settembre 2020, un aumento nella quota di persone che si spostano prevalentemente col mezzo privato e, tra questi, l’84% utilizza l’auto come conducente. Rispetto al periodo del lockdown, dalla survey emerge una riduzione del numero di persone che svolgevano l’attività lavorativa in modalità smart working al 100% (27% vs 22%), sebbene è aumentata la quota di persone che usufruivano dello smart working parzialmente, per alcuni giorni a settimana (21% vs 41%). Questo ha fatto sì che i valori di emissioni di CO2 medi pro-capite stimati tra i rispondenti sono comunque rimasti più bassi rispetto alla fase pre-pandemica (1,53 kg/die; DS: 2,37), sebbene sia rimasto inalterato il trend geografico Sud-Nord-Centro (media pro-capite CO2: 2,55, 1,47 e 1,17 kg/die, rispettivamente).
Il primo scenario proposto (scenario A) dimostra che, tenendo conto di un eventuale tragitto a piedi o in bici di 4 km (circa 5.000 passi) e ipotizzando 2 giorni di smart working per chi aveva dichiarato di usufruire della modalità di lavoro agile, il valore delle emissioni stimate di CO2 si può ridurre a 0,46 kg medi pro-capite/die (DS: 1,22). Più realisticamente, il secondo scenario proposto (scenario B) che comporta un tragitto a piedi di 1,5 km (circa 2.000 passi a ritmo moderato e circa 15 minuti spesi per coprire questa distanza) e sempre nell’ipotesi di 2 giorni su 5 di smart working (per chi aveva dichiarato di usufruire di questa modalità di lavoro) produrrebbe comunque una riduzione delle emissioni stimate a 0,72 kg di CO2 pro-capite/die (DS: 1,28).

Discussione
I risultati della survey hanno fornito una fotografia delle abitudini dei lavoratori in materia di mobilità casa-lavoro nel periodo pre- e post-panemico. La maggiore rispondenza tra i residenti del Nord e del Centro Italia è stata determinata principalmente dal fatto che la maggior parte dei partner del progetto Climactions si trovavano in queste due aree. La percentuale di utilizzatori di trasporti pubblici maggiore al Centro rispetto alle altre due aree del Paese risente del fatto che i partecipanti alla survey residenti nella città di Roma tendevano a spostarsi di più con i mezzi pubblici. Allo stesso modo, la distanza maggiore in media tra abitazione e luogo di lavoro al Sud coincide con l’uso maggiore dell’automobile. In generale, nel campione analizzato, la quota di persone che si spostavano solo a piedi o in bicicletta era pari al 10%, a fronte di un 39% che si spostava solo in auto (come passeggero o conducente o in car pooling). Dalla survey, queste quote non risultano diverse tra le varie aree del Paese, ma anzi sono fortemente influenzate dalla distanza tra i due luoghi (casa e lavoro); infatti, la distanza media tra casa e lavoro è molto più bassa della media generale se si considerano solo i rispondenti che si spostano a piedi o in bicicletta (media; 7,5 km; mediana: 3 km). Risulta allora evidente che la scelta del mezzo di trasporto è fortemente dipendente dalla distanza e dal tempo impiegato per compiere lo spostamento. Infatti, a prescindere dal mezzo usato, il tempo medio per compiere lo spostamento casa-lavoro (andata + ritorno) rimane pressoché invariato, come a dimostrare che tutti sono disposti a spendere un tempo definito a priori per lo spostamento casa-lavoro.
Più in generale, tra i rispondenti alla survey, il 25% percorre un tragitto casa-lavoro pari o inferiore a 5 km, quindi potrebbe giovare di una mobilità dolce a 0 emissioni. Tuttavia, è importante notare che la distanza media rilevata nel campione nel tragitto casa lavoro supera i 20 km. Per questa tipologia di lavoratori, gli scenari proposti suggeriscono che effettuare almeno una piccola parte del tragitto (1,5 km) a piedi o in bicicletta potrebbe essere comunque associata a riduzioni significative nelle emissioni di CO2 (0,72 kg pro-capite/die) e, in parallelo, aumentare i livelli di attività fisica verso i livelli raccomandati dall’OMS (circa 20 minuti al giorno di attività fisica moderata come il camminare a passo sostenuto nella popolazione adulta), con aumento del benessere e riduzione del rischio di malattie croniche.23,24
Come atteso, la riduzione drastica degli spostamenti durante il lockdown, emersa anche dalla survey, ha prodotto un abbassamento notevole delle stime di CO2 emessa per gli spostamenti casa-lavoro, sebbene la survey abbia individuato una quota di lavoratori (22%) che non aveva fatto ricorso alla modalità smart working in quel periodo e ciò dipende probabilmente dall’elevata presenza, tra i rispondenti, di lavoratori del Servizio Sanitario Nazionale che, anche durante il lockdown, hanno continuato a svolgere la loro attività lavorativa in presenza. Comunque, per la maggior parte dei lavoratori, l’avvento dello smart working – come modalità di lavoro principale prima e in aggiunta alle modalità di lavoro tradizionale poi – ha apportato un beneficio per l’ambiente, in termini di riduzione delle emissioni di CO2 sia durante il lockdown sia nel periodo post-pandemico, come suggerito anche da studi condotti in altri Paesi (Inghilterra25, Irlanda26, Australia27 e Stati Uniti28).
A differenza dello smart working, che è una scelta prevalentemente dell’azienda e che prevede un regolamento e una legislazione specifica, la mobilità sostenibile attiene a una sfera individuale di scelta e che può essere più facilmente modificata. Inoltre, questo tipo di mobilità è associata a co-benefici per la salute importanti, poiché contrasta la sedentarietà, un fattore di rischio significativo per le malattie acute e croniche come malattie ischemiche cardiache e ictus, diabete e tumore del colon retto.29 Gli scenari di mobilità sostenibile considerati possono permettere un’ulteriore riduzione delle emissioni e risultano essere una misura di sanità pubblica attuabile e incentivabile anche alla luce del fatto che, per il 94% dei rispondenti circa, migliorare la qualità dell’aria delle città e, allo stesso tempo, ridurre le emissioni di gas serra per contrastare i cambiamenti climatici rappresentano una priorità per la salvaguardia dell’ambiente e per la salute pubblica. Infatti, a fronte di un 38,6% di rispondenti che, come misura di mitigazione ai cambiamenti climatici, promuove anche uno stile di vita sano (co-benefici per la salute) e sarebbe incline a modificare la dieta e consumare meno carne, il 73% si dice favorevole ad aumentare gli spostamenti in città a piedi o in bicicletta. D’altronde, è ampiamente documentato che muoversi a piedi (o in bicicletta) è uno dei principali fattori che contribuiscono a uno stile di vita fisicamente attivo che permette di ridurre la mortalità per tutte le cause e il rischio di malattie ischemiche e ictus, di tumori e diabete, malattie neurologiche e disturbi psichici. In particolare, camminare contribuisce per il 26%-42% all’attività fisica totale.30
Una revisione sistematica della letteratura pubblicata nel 201631 ha dimostrato che, all’aumentare dei minuti di camminata a settimana, si riduce il rischio di incidenza di tumore del colon e del seno e di malattie ischemiche del cuore e di diabete. Per questi motivi, il trasporto attivo in sostituzione dell’uso del mezzo privato è una delle misure per ridurre le emissioni di gas serra con maggiori co-benefici per la salute, come suggerito anche dal Consiglio Superiore di Sanità.32 Tuttavia, è stato suggerito che la promozione di questo intervento debba tenere conto delle differenze socioeconomiche, di comorbidità e disabilità.30
Il cambiamento verso una mobilità sostenibile dovrebbe però essere accompagnato da una pianificazione urbana adeguata attraverso politiche e gestione del traffico, nuovi sistemi di logistica urbana, infrastrutture fisiche e digitali per promuovere i trasporti pubblici e la mobilità attiva (a piedi, in bicicletta) e incentivare i veicoli ibridi ed elettrici e la mobilità condivisa. D’altronde, gran parte degli spostamenti in auto (fino al 50%), non solo in merito al tragitto casa-lavoro, che vengono compiuti con l’automobile sono inferiori ai 5 km.33 Le soluzioni dovrebbero essere parte di percorsi partecipati che coinvolgano policy maker, settore privato e popolazione (per esempio, lavoratori, scuole), come avviene in alcuni piani urbani di mobilità sostenibile (PUMS). I PUMS sono promossi nell’ambito dello Urban Mobility Package europeo in vigore dal 2013 per promuovere una mobilità urbana sostenibile e integrata al 2030 nelle città europee. A novembre 2022, solo 70 su 206 città (capoluoghi di provincia, città metropolitane e comuni con più di 50.000 abitanti) hanno un PUMS approvato,34 anche se mancano dati di monitoraggio sulle attività intraprese.
L’incentivo alla mobilità sostenibile rappresenta una soluzione sempre più al centro dell’attenzione per ridurre l’impatto ambientale del trasporto su scala globale. L’uso di veicoli elettrici, biciclette, mezzi pubblici a basse emissioni e la promozione di spostamenti a piedi o in bicicletta sono considerati strumenti fondamentali per ridurre le emissioni di gas serra, migliorare la qualità dell’aria e la salute della popolazione. Nel lavoro di Giles-Corti e colleghi,35 in cui sono stati identificati 8 interventi per rendere le città sostenibili, gli autori concludono affermando che città più sane e sostenibili riducono i fattori di rischio ambientali, sociali e comportamentali che influenzano le scelte di stile di vita quali, per esempio, i livelli di traffico, l’inquinamento ambientale, il rumore e la criminalità.
Come dimostrato da questo studio, i luoghi di lavoro possono sicuramente rappresentare il punto di partenza per incentivare la mobilità attiva anche grazie alla presenza nelle aziende dei mobility manager (tra i rispondenti, il 35% lavorava presso un ente in cui era presente questa figura), la cui nomina è obbligatoria per tutte le organizzazioni pubbliche e private con più di 300 dipendenti per unità locale o, complessivamente, con oltre 800 dipendenti in comuni classificati a rischio di inquinamento atmosferico (in base al DM “Mobilità sostenibile nelle aree urbane” del 27.03.1998). Il ruolo del mobility manager, in questo caso, può essere di rilevanza cruciale, dato che, tra le sue funzioni, c’è la promozione di politiche di mobilità sostenibile, la progettazione di infrastrutture e servizi adeguati, la sensibilizzazione e l’educazione dei cittadini/lavoratori. Oramai diffuso in molte Regioni, Provincie e aziende è il progetto “Bike to Work”, un’iniziativa efficiente di promozione della salute che prevede incentivi di natura economica per coloro che usano la bicicletta o altri mezzi di trasporto ecocompatibili e a basso consumo energetico per lo spostamento casa-lavoro.36
È importante notare che, considerato che il campione in studio è non casuale e la maggior parte dei rispondenti appartengono al settore pubblico (84%), mentre il settore privato è sottorappresentato, i risultati del presente studio non sono da considerare generalizzabili a tutta la popolazione lavorativa italiana. Tuttavia, è importante notare che per il Centro-Nord, da dove proviene la maggior parte del campione (87%), i risultati possono essere rappresentativi degli occupati del settore pubblico di quest’area del Paese, come conferma la distribuzione per genere ed età sovrapponibile a quella dell’indagine sulle forze lavoro Istat per questo settore (anno 2021: Centro-Nord: 33% maschi; 67% femmine).37 Per il Sud e le Isole, i risultati non sono estensibili alla popolazione generale lavorativa o al settore pubblico, data la bassa rispondenza e numerosità del campione. La non generalizzabilità del campione in studio all’intera popolazione lavorativa potrebbe anche spiegare la maggiore quota di persone in smart working (40,2%) nella presente indagine rispetto alla rilevazione Istat sulle forze lavoro dello stesso periodo (15,7% nel secondo trimestre 2021 e 11,7% nel terzo trimestre 2021).38 In modo analogo, la spiegazione delle differenze osservate nelle abitudini di spostamento rispetto all’indagine multiscopo Istat (73% e 39% di rispondenti che utilizzano l’auto privata come conducente o passeggero e 2,9% e 12% di rispondenti che utilizzano la bicicletta, rispettivamente, nell’Indagine Multiscopo Istat e nella survey Climactions)39 è probabilmente da ricercare nella selezione non casuale della popolazione lavorativa inclusa nella survey.
Conclusioni
Anche in ambito lavorativo la mobilità sostenibile ha sicuramente un impatto positivo in termini di sanità pubblica. Camminare, andare in bicicletta o utilizzare i mezzi pubblici richiede una maggiore attività fisica rispetto all’uso dell’auto privata e porta importanti benefici in termini di riduzione del rischio di mortalità e malattie croniche. Riducendo l’uso dei veicoli a motore tradizionali, diminuiscono le emissioni di gas serra responsabili dei cambiamenti climatici e gli inquinanti atmosferici con conseguente impatto positivo sulla salute cardiorespiratoria, soprattutto nelle fasce di popolazione più vulnerabili. La mobilità sostenibile promuove l’uso di mezzi di trasporto più silenziosi, come biciclette e mezzi pubblici elettrici, riducendo l’inquinamento acustico delle città responsabile di stress, disturbi del sonno e problemi di concentrazione. Infine, la connessione con l’ambiente circostante, l’interazione sociale durante il trasporto e la riduzione dello stress derivante dal traffico possono contribuire a migliorare l’umore, la qualità della vita e il benessere psicologico complessivo dei residenti.
La promozione di metodi di trasporto sostenibili, come il camminare e l’andare in bicicletta, richiede una pianificazione urbana sostenibile attraverso la creazione di infrastrutture sicure e adatte ai pedoni e ai ciclisti per aumentare la sicurezza delle strade e delle città. Strumenti come i piani urbani di mobilità sostenibile e misure normative come quella che ha introdotto i mobility manager nelle aziende sono cruciali per coordinare azioni di mobilità sostenibile nel contesto lavorativo e in altri ambiti.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Finanziamenti: Ministero della Salute – CCM 2019 “Adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici: interventi urbani per la promozione della salute – Climactions”. CUP F85J19001810001
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