errata corrige: NUOVA VERSIONE 15.03.2022

Federica Asta, Elisabetta Listorti, Alessandra Macciotta, Giovenale Moirano, Rossella Murtas, Marta Ottone, Davide Petri, Matteo Renzi

Il Gruppo AIE giovani nasce nel 2017 dalla necessità di connettere le nuove generazioni di epidemiologз presenti nel panorama italiano per condividere esperienze ed attività. Cinque anni dopo la sua creazione, il gruppo si è legato a doppio filo alle dinamiche e alla vita dell’associazione proponendo momenti di aggregazione culturale tra i giovani (e non) epidemiologз. Questa è una premessa, forse superflua, per far comprendere al lettore da quale contesto nasce la riflessione riportata di seguito.

Durante la scorsa estate, è stato avviato un dibattito sul ruolo dell’epidemiologia nel SSN dalla rivista Epidemiologia & Prevenzione da cui è emersa la necessità di ascoltare la voce di chi il futuro lo vivrà sulla propria pelle. In particolare, è stato Rodolfo Saracci a farci sentire richiamati con la sua esplicita richiesta di un contributo dei “meno 50” alla discussione. Come gruppo AIE giovani abbiamo desiderato produrre una risposta che non fosse individuale ma collettiva - collettiva davvero, di quando alla fine non riconosci l'autore delle singole frasi. Ciò ha richiesto tempo, così tanto che ci siamo chiesti se fosse legittimo richiedere la pubblicazione del nostro intervento. Eppure crediamo che il processo di confronto che abbiamo affrontato possa dire qualcosa al mondo dell'epidemiologia italiana, innanzitutto per la caratteristica di essere costruito sul dialogo, e poi per lo spazio da poter dedicare alle istanze promosse da una categoria non ben rappresentata nel dibattito, quella dei giovani. Pertanto ringraziamo E&P di ospitarci e aver accolto il nostro contributo, in una terra di mezzo tra il dibattito della scorsa estate e le proposte richieste a dicembre dal direttivo AIE.

Il confronto sul dibattito

Prima di definire quale possa essere il ruolo dell’epidemiologia all’interno del Sistema Sanitario Nazionale, è forse necessario chiedersi perché l’epidemiologia senta la necessità di interrogarsi sul suo ruolo nel SSN a più di 43 anni dalla sua istituzione. Questa necessità nasce dall’urgenza di rendicontare la propria attività ad altri professionisti del SSN? Nasce dalla necessità di giustificare a sé stessa la propria presenza all’interno del SSN? Un'altra disciplina afferente al SSN si porrebbe gli stessi interrogativi? Parte della risposta deriva probabilmente dal difficile inquadramento di una attività epidemiologica all’interno di una prestazione sanitaria. Difficile che un epidemiologo eroghi una attività al pari di un clinico il cui effetto sia misurabile, quantificabile e percepito (dal medico, dal paziente e dai flussi informativi). Se, infatti, concepiamo il SSN come un mero insieme di prestazioni, spesso valutate dall’epidemiologia, quest’ultima non riesce a collocarsi. Come se l’epidemiologia si trovasse di fronte a un paradosso: quantifica svolgendo attività poco quantificabili.

Per provare a risolvere questo dilemma, noi del gruppo AIE giovani abbiamo deciso di confrontarci e capire come ognuno di noi, con le proprie idee e visioni, guardi alla strada professionale che abbiamo davanti. Dalle considerazioni che abbiamo messo nero su bianco sono emersi degli interrogativi e delle proposte operative che riportiamo qui di seguito.

Rete italiana dei centri di epidemiologia

Seguendo l’incipit del direttivo AIE sulla raccolta di proposte concrete per il consolidamento delle funzioni dell'epidemiologia in Italia, il primo passo dovrebbe essere quello di consolidare la rete epidemiologica italiana che permetta alle diverse realtà del nostro territorio di lavorare in modo organizzato, uniforme e sinergico. Come? Partendo da un censimento dei centri di epidemiologia del territorio (locali, regionali, nazionali e universitari) e una descrizione delle competenze e delle attività svolte da ognuno di essi.

La nostra proposta operativa è la costituzione di un gruppo di lavoro AIE che raccolga membri dell’associazione provenienti da ciascuna regione d’Italia e che, conoscendo il proprio territorio, siano in grado di connettere le organizzazioni che si occupano di epidemiologia sull’intero territorio nazionale.

Una caratteristica importante della rete che proponiamo è di essere aperta. Attualmente la rete epidemiologica italiana è composta da alcuni grossi centri collegati tra di loro in virtù di conoscenze soprattutto informali, che a volte risultano nella pratica poco coordinati tra di loro. Spesso accade che centri nuovi, periferici o poco conosciuti, rimangano isolati.

La rete seguirà una mission comune per fornire supporto al Ministero della Salute, alle Regioni e alle singole ASL nella prevenzione e nella valutazione dei bisogni di salute istituendo formalmente la rete affinché ci sia un riconoscimento ufficiale, redigendo un documento condiviso per concordare quali siano gli obiettivi sostenibili di salute nazionali e locali e come essi debbano essere monitorati.

Successivamente, aspirando a costituire una rete che sia davvero aperta, sarà necessario uno sforzo ulteriore per allargare i propri orizzonti e coinvolgere in maniera sempre più attiva figure professionali e discipline diverse e che ancora non sono incluse nel mondo dell’epidemiologia.

Questo ragionamento potrebbe tradursi in azioni pratiche che possano arrivare a coinvolgere direttamente la società nel suo complesso tramite incontri pubblici e spazi web interattivi per rendere disponibili e facilmente fruibili i risultati degli studi e delle attività dei centri di epidemiologia.

L’intento finale che immaginiamo è la creazione di una rete della quale tutte e tutti si sentano parte e che sia quanto più possibile inclusiva, valorizzando la molteplicità di competenze che compongono l’epidemiologia.

Figura dell’epidemiologə

Il nostro riflesso allo specchio ha mostrato otto professionistз con percorsi formativi ed accademici diversi, dove la varietà di competenze sembra rappresentare un punto di forza per una materia interdisciplinare come l’epidemiologia. Definire un unico curriculum formativo potrebbe essere limitante: matematici, fisici, biologi, medici etc. vedono tutti una faccia dell’epidemiologia che si riflette diversamente lungo gli assi. Se l’epidemiologia ha bisogno di (oppure è proprio costituita da) professionisti con abilità sempre più specifiche, è necessario costruire loro un posto all’interno del SSN. E se questo è reso difficile dalla varietà dei loro iter formativi, è necessario definire un percorso che valorizzi le diverse competenze, tecniche e comunicative, ma che permetta di individuare una figura professionale ben definita.

Un primo passo fondamentale sarebbe quindi chiarire la definizione di epidemiologə: non esiste al momento un percorso universitario di base in epidemiologia, e i percorsi post-universitari di specializzazione esistenti non paiono essere uniformi oltre a non garantire un titolo richiesto dal SSN.

L’istituzione di un albo degli epidemiologə potrebbe aiutare a definire e comprendere quali siano le conoscenze di base necessarie nel bagagliaio culturale di ogni epidemiologə.

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Le altre proposte

Vogliamo completare queste due riflessioni con alcune ulteriori proposte pratiche, non meno importanti, emerse dal dibattito che è scaturito nel nostro gruppo in questi mesi:

  • Epidemiologia territoriale. Creazione di “sportelli epidemiologici territoriali” da affiancare a sportelli medici, per raggiungere tutta la popolazione, compresi coloro che, per diversi motivi (es. barriere linguistiche) hanno difficoltà di accesso ai servizi assistenziali di base. Questo consentirebbe una diretta connessione sul territorio, instaurando una rete che parte dal basso, e consentirebbe un maggior scambio e contatto tra epidemiologз e MMG/PLS ai fini di prevenzione e informazione agli assistiti basata sulle evidenze scientifiche disponibili.
  • Condivisione di dati e conoscenze. Lo sviluppo di un sistema di raccolta dati omogenea e strutturata che ne ottimizzi l’utilizzo per tutti i centri della rete epidemiologica italiana. Questo fenomeno potrebbe portare ad una condivisione totale dei sistemi informativi a livello centralizzato, mantenendo le realtà locali in grado di gestire le sorveglianze del proprio territorio, ma anche di ampliare le evidenze in modo esponenziale nella rete italiana e quindi la capacità di affrontare e gestire crisi (vedi pandemia in atto) epidemiche/epidemiologiche future.
  • Confronto tra esperti. Nel leggere i precedenti contributi al dibattito su E&P, abbiamo avvertito la necessità di non perdere la ricchezza di idee e opinioni che sono state condivise da alcuni tra i più impegnati epidemiologз del nostro tempo, insieme alla necessità di porre fine all’assenza di dialogo e sinergia che si verifica all’interno della classe professionale degli epidemiologз, tra pari e ancor più tra generazioni. Per questo proponiamo di mettere in campo metodologie di raccolta di conoscenza, come focus group e metodo delphi, con i quali far sedere attorno a un tavolo chi ha esposto le proprie idee nel dibattito e assistere non solo all’esposizione del singolo pensiero di ciascuno, ma anche a quelle idee “terze” che emergono dall’arricchimento reciproco e dallo sviluppo di ragionamenti condivisi.
  • Attenzione alla comunicazione. Troppo spesso in questo periodo difficile ci siamo accorti di quanto una migliore comunicazione avrebbe potuto aiutare nella comprensione e nell’attuazione di certi comportamenti che ora sono entrati, dopo non poca fatica, nella nostra quotidianità. Proponiamo pertanto di sensibilizzare il mondo dell’epidemiologia (e della salute) all’implementazione di metodi comunicativi attuali e di impatto per la gestione di eventi critici (ad esempio pandemia COVID-19) e non.

Considerazioni finali

La certezza che ci portiamo dentro dopo aver letto gli altri contributi del dibattito, ma soprattutto quello di Rodolfo Saracci, è che i giovani epidemiologз fanno un po' fatica, probabilmente per timore o inconsapevolezza dei propri mezzi, ad esprimere la propria opinione nelle stanze abitate da chi ha vissuto e ha contribuito a costruire l’epidemiologia del presente. Su questo sentiamo di fare autocritica e invitiamo noi stessi a guardarci più frequentemente allo “specchio”. Per questo, inoltre, crediamo che si debba trasformare questo timore in forza motrice verso un cambiamento positivo, immagazzinando l’esperienza di chi ci ha preceduto. Oltre alla natura di questo specifico testo, come accennato nelle prime righe, quindi, noi di AIE giovani, ci sentiamo in una sorta di "terra di mezzo" tra gli esperti senior e i giovanissimi che si stanno affacciando al mondo dell'epidemiologia in cui noi stessi siamo combattuti tra il voler emergere e l’aver paura di esporci. Crediamo però che il nostro ruolo non sia solo di fare da ponte tra queste due realtà, ma anche e soprattutto di dar voce alle idee delle nuove generazioni di epidemiologз e di contribuire alla definizione e alla crescita dell'epidemiologia dei prossimi anni.

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