In questo numero,1 Fabrizio Bianchi ci illustra in modo dettagliato l’importanza della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 25 giugno 2024,2 emessa nel processo contro diversi attori industriali (ex-Ilva di Taranto).

Il valore di questa sentenza è riassunto in quattro punti principali:

1. la nozione di “inquinamento” ai sensi della direttiva sulle emissioni industriali include sia i danni all’ambiente sia quelli alla salute umana;

2. la valutazione preventiva dell’impatto di un impianto come l’Ilva deve essere parte integrante del rilascio e del riesame dell’autorizzazione all’esercizio;

3. nel procedimento di riesame, devono essere considerate anche le sostanze inquinanti non valutate nella fase iniziale dell’autorizzazione;

4. in presenza di pericoli gravi per l’ambiente e la salute umana, l’esercizio dell’impianto deve essere sospeso.

Bianchi sottolinea che «le valutazioni preventive dell’impatto ambientale sulla salute acquisiscono nuova forza come strumenti fondamentali nel processo di autorizzazione delle attività produttive, promuovendo una piena integrazione tra ambiente e salute». Questo implica un rafforzamento della formazione e dell’impegno sulla valutazione d’impatto sanitario (VIS), versione italiana dell’health impact assessment (HIA) utilizzato a livello internazionale. 

Già nel 2012, all’indomani della presentazione della perizia epidemiologica disposta dal GIP di Taranto, a cui è seguito il processo “Ambiente Svenduto” sull’Ilva, sulle pagine di Epidemiologia&Prevenzione si era sviluppato un vivace dibattito3 con autorevoli interventi e commenti, molti dei quali incentrati sui possibili contributi dell’epidemiologia in un contesto decisionale particolarmente complesso e drammatico. Oggi, a pochi giorni dal sorprendente annullamento dello stesso processo, diventa ancora più urgente riflettere sul ruolo che l’epidemiologia deve assumere nella tutela della salute pubblica e nella gestione ordinaria (e preventiva) delle problematiche ambientali che hanno implicazioni per la salute umana. Occorre valorizzare i risultati finora raggiunti e le nuove conoscenze acquisite, mirando al tempo stesso a migliorare la capacità di influenzare le decisioni attraverso azioni di sistema e di comunità. Occorre essere in grado di cogliere anche le opportunità offerte dai finanziamenti del Piano Nazionale Complementare al PNRR,4 già discusse su Epidemiologia&Prevenzione.5

In sintesi, cosa significa tutto ciò per l’epidemiologia? Come meglio rafforzare il suo ruolo?

Maggiore formazione: la sintesi delle evidenze e la valutazione d’impatto devono entrare nei programmi formativi

Chiunque operi nel campo della ricerca epidemiologica, sia all’interno dei servizi (SSN/SNPA) sia in ambito universitario e di ricerca, deve essere in grado non solo di produrre analisi originali, ma anche di sintetizzare l’evidenza scientifica disponibile. La sintesi dell’evidenza va oltre una semplice revisione della letteratura: implica una ricerca attiva degli studi esistenti, la loro valutazione critica, la sintesi quantitativa e il confronto con i risultati degli studi sperimentali e sui meccanismi d’azione. Approcci e metodi per questa sintesi sono consolidati grazie all’esperienza della IARC sui cancerogeni e al lavoro metodologico dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA) degli Stati Uniti riguardo alle esposizioni ambientali. Queste competenze dovrebbero essere parte integrante della formazione epidemiologica, specialmente per i giovani studenti, spesso disorientati da istruzioni superficiali su revisioni sistematiche e metanalisi, o dalle facili illusioni create da software e strumenti automatizzati.

Un epidemiologo deve conoscere a fondo i metodi per la sintesi delle evidenze, comprendere le tecniche di revisione sistematica e saper integrare conoscenze provenienti da fonti diverse. Anche la valutazione dell’impatto sanitario ha a sua disposizione diversi strumenti metodologici, che devono essere acquisiti e applicati correttamente.

In Italia, è necessario un maggiore sforzo formativo su questi temi. Già nel 2019, in merito a una valutazione dell’impatto sanitario dell’ex-Ilva pubblicata su E&P,6 abbiamo sollecitato un rafforzamento della formazione epidemiologica, soprattutto sull’uso dell’evidenza scientifica nel processo decisionale e nella valutazione del rischio.7 Come affermava Samet molti anni fa,8 «dobbiamo formare epidemiologi capaci di entrare nei processi decisionali e lavorare in modo semplice ed efficace». Sebbene siano stati fatti progressi, la formazione strutturata su questi temi rimane insufficiente sia nelle scuole di specializzazione che nei programmi di master.

Comprendere le implicazioni economiche e politiche

Gli effetti dell’inquinamento industriale sono spesso oggetto di controversia, sia per la complessità scientifica sia per le implicazioni economiche e politiche. Stabilire una relazione causale diretta tra esposizione a inquinanti industriali e specifici effetti sulla salute è complesso, poiché molte malattie correlate, come il cancro e le malattie respiratorie e cardiovascolari, si sviluppano in tempi medio-lunghi e possono essere influenzate da diversi fattori, tra cui lo stile di vita, fattori socioeconomici individuali e di contesto, la genetica e altre esposizioni ambientali. Tuttavia, numerose conoscenze consolidate costituiscono un patrimonio scientifico che non necessita di essere “riscoperto” o riconfermato in ogni situazione specifica.

L’industria rappresenta una fonte importante di occupazione e crescita economica, ma le direttrici dello sviluppo possono entrare in conflitto con la protezione della salute pubblica, come dimostrano molti esempi nei siti contaminati italiani. Le controversie nascono spesso quando gli interessi economici contrastano con le evidenze scientifiche sugli effetti negativi dell’inquinamento, ma anche quando vengono contrapposti il diritto alla salute e il diritto al lavoro, con ripercussioni anche sulla coesione sociale. Se la costruzione delle evidenze scientifiche deve seguire il suo rigoroso percorso fondato su metodi solidi, per entrare nei processi decisionali occorre essere in grado di tenere conto, formalmente e prospetticamente, di scenari decisionali che comprendano anche la modificazione conseguente degli aspetti socioeconomici nella stima degli impatti sanitari e ambientali.

È necessario stabilire il nesso causale in ogni contesto locale?

Per ogni valutazione di impatto sanitario, deve esistere un nesso causale documentato tra esposizione ed esiti sanitari. Ma questo nesso deve essere dimostrato anche in ogni situazione locale specifica, per assumere decisioni orientate alla protezione della salute pubblica? Il quesito è sovrapponibile a quello che si poneva Savitz9 anni fa: l’indagine epidemiologica è sempre utile, anche quando l’esposizione e le sue conseguenze sono ben note?

È utile ribadire gli ambiti applicativi: gli studi epidemiologici supportano la costruzione delle evidenze e contribuiscono a chiarire le dinamiche di relazione tra esposizione ed effetto a livello locale; le valutazioni di impatto usano le evidenze già disponibili e consolidate per orientare le decisioni verso la prevenzione di ulteriori danni sanitari.

A Taranto si è vissuto un paradosso, risultato del conflitto degli interessi in gioco. Da una parte si riconosce come innegabile quello che la letteratura scientifica e gli organismi internazionali stabiliscono chiaramente: esiste una relazione causale tra esposizione a inquinanti atmosferici e danni alla salute, specialmente di natura cardiovascolare, respiratoria e oncologica. Se si vuole, non occorre fare studi a Taranto per valutare i danni alla salute attribuibili alle emissioni industriali; basta conoscere i livelli di contaminazione e, applicando le dovute funzioni concentrazione-risposta, si stima il danno sanitario. Tuttavia, quando si tratta di valutare gli effetti specifici dell’inquinamento prodotto dall’impianto Ilva a Taranto, rilevati dalle varie indagini, si mette in discussione il nesso causale, insistendo sui limiti degli studi disponibili, si minimizza il danno e si invocano i fattori di confondimento, la misclassificazione della storia residenziale o della esposizione. Come se i risultati degli studi locali e le evidenze della letteratura scientifica internazionale non andassero di pari passo.

Triangolazione dell’evidenza: un approccio integrato

Ma facciamo pure finta che l’evidenza a priori non esista, che si abbiano a disposizione solo i risultati degli studi locali; come si integra l’evidenza empirica locale? Per una sintesi robusta, è cruciale combinare i risultati di studi di diversa qualità, inclusi quelli ecologici, come lo studio Sentieri, gli studi di coorte (per esempio, Alessandrini et al. 201610) e approcci innovativi come il difference-in-differences,11 che controllano il confondimento per disegno.

Combinare diverse tipologie di studi, una strategia descritta come “triangolazione dell’evidenza”,12 è essenziale per ottenere una visione più accurata dell’impatto degli inquinanti sulla salute pubblica. Se studi differenti giungono a conclusioni simili, la validità delle conclusioni aumenta significativamente. Si tratta di una pratica fondamentale nella ricerca epidemiologica, che migliora la validità dei risultati e fornisce una comprensione più robusta dei rischi per la salute pubblica. Nel caso di Taranto, tuttavia, non è necessario dimostrare nuovamente un nesso causale già consolidato a livello internazionale: l’inquinamento industriale è dannoso per la salute umana e questo principio deve guidare le decisioni locali. 

Se gli studi locali sono utili a esplorare le particolarità della relazione specifica tra esposizione alle emissioni industriali ed esiti sanitari, l’evidenza a priori non può in nessun caso essere ignorata nei contesti decisionali. Tantomeno è accettabile usare eventuali limiti degli studi locali per indebolire l’evidenza scientifica consolidata.

Migliorare la valutazione d’impatto sanitario in modalità “prognostica”

Briggs13 ha messo in evidenza l’evoluzione del concetto di valutazione del rischio, che tradizionalmente si concentra su singole esposizioni (risk assessment), verso un approccio più complesso, capace di prevedere «gli impatti sulla salute di politiche e altri interventi che influenzano l’ambiente, tenendo conto delle complessità, interdipendenze e incertezze del mondo reale» in una valutazione integrata dell’impatto sulla salute. In particolare, mentre la valutazione del rischio si occupa prevalentemente di esposizioni specifiche o eventi isolati, l’HIA considera in maniera olistica la relazione tra ambiente e salute14.

La valutazione quantitativa del rischio ha giocato un ruolo cruciale nella formulazione di linee guida e normative per proteggere la salute umana dagli effetti dell’inquinamento atmosferico. Recenti iniziative normative, come quelle promosse dall’EPA degli Stati Uniti e dal Parlamento europeo, sottolineano l’importanza di questi strumenti per stabilire misure adeguate di protezione ambientale. Per esempio, negli Stati Uniti e nell’Unione europea, gli standard di qualità dell’aria sono spesso basati su valori di concentrazione-risposta ottenuti da tanti studi epidemiologici di ampio respiro, con elevata concordanza tra loro.

Nel processo decisionale, l’analisi costi-benefici riveste un ruolo fondamentale: i benefici (come vite salvate o riduzione delle visite ospedaliere) vengono monetizzati tramite il concetto di valore della vita statistica (VSL) e comparati con i costi per ridurre l’inquinamento. Un indicatore particolarmente eloquente è il numero totale di decessi attribuibili a una determinata esposizione, che offre un quadro chiaro del rischio che una popolazione deve affrontare. Questo dato, oltre a essere una pietra miliare nella comprensione dei rischi, fornisce la base per una valutazione economica che mira a identificare l’efficacia degli interventi, orientare le politiche di tutela della salute pubblica e consentirne un monitoraggio.

Il tema assume particolare rilevanza anche in vista del processo di revisione della Direttiva europea sulle emissioni industriali (IED), avviato formalmente nell’aprile del 2024, che assegna grande rilevanza alla stima comparativa dei costi e dei benefici delle installazioni industriali.15 

Al fine di migliorare l’applicazione della VIS, suggeriamo diverse aree di ricerca e sviluppo:

1. censimento delle pratiche consolidate: vi è la necessità di raccogliere e analizzare i casi in cui la VIS è stata integrata nei processi di pianificazione ordinaria e il suo utilizzo è stato sostenuto da policy e normative, insomma sarebbe utile lavorare per un “inventario” delle esperienze e delle buone pratiche;

2. metodi innovativi: sviluppare metodi per integrare i principi della VIS nella sanità pubblica, nella gestione della salute, nella pianificazione urbana e nella formazione professionale interdisciplinare;

3. chiarezza tra valutazioni retrospettive e prognostiche: ogni VIS dovrebbe chiaramente distinguere tra valutazioni “retrospettive” (focalizzate su descrizioni di impatti passati) e quelle “prognostiche” (destinate a supportare le decisioni future); è quest’ultimo approccio che dovrebbe essere privilegiato;

4. E&P è intervenuta proprio di recente16 sulla necessità di una “VIS d’area”, la soluzione idonea a considerare altre fonti di inquinamento insistenti sull’area di influenza del nuovo impianto/progetto e la esigenza di considerare maggiormente lo stato ambientale e di salute ante-operam; occorrono esperienze e valutazioni complete di area che possano servire come punto di riferimento; 

5. valutazione di più scenari: le VIS dovrebbero considerare non solo una scelta binaria (sì/no), ma diverse opzioni, facilitando così un processo decisionale più articolato. Nel caso di Taranto, una VIS prospettica dovrebbe includere scenari alternativi per la produzione di acciaio;

6. definire metodi e indicatori per stabilire l’accettabilità del rischio sanitario per favorire il processo decisionale nella comparazione dei differenti scenari;

7. modellistica di dispersione degli inquinanti: la stima della dispersione degli inquinanti è cruciale; è essenziale garantire la qualità dei dati, la validazione dei modelli utilizzati e la trasparenza sull’incertezza delle stime per conferire credibilità alla valutazione;

8. stima degli impatti sanitari associati a diverse vie di esposizione e integrazione dei metodi per la valutazione delle esposizioni cumulative;

9. mortalità e morbosità: sebbene molte VIS si concentrino sulla mortalità, è importante considerare anche l’incidenza di malattie legate all’inquinamento (come quelle connesse al PM2,5 e NO2), ampliando così l’analisi degli effetti sanitari;

10. analisi critica degli elementi di forza e delle incertezze: una VIS completa deve includere una valutazione trasparente dei punti di forza e delle incertezze a ogni livello dell’analisi, dagli scenari ai metodi fino ai risultati;

11. garanzia della qualità: rafforzare i processi di garanzia della qualità, ad esempio, attraverso l’elaborazione di standard obbligatori per assicurare la credibilità delle VIS, specie quelle redatte dai “proponenti”;

12. valutazione economica dell’impatto sanitario e ambientale, con analisi formale del rapporto costo/benefici negli scenari esaminati. Occorre sviluppare ulteriormente la capacità di valutare i costi sanitari associati ai diversi scenari, aiutando così i decisori a comprendere meglio l’efficacia degli interventi in un contesto di decisioni preventive.

In definitiva, l’integrazione di questi elementi può migliorare significativamente la qualità delle VIS e rafforzare la loro utilità come strumento decisionale per la protezione della salute pubblica, attraverso misure preventive di provata efficacia. 

Questo porterebbe verso l’ottimismo dichiarato dalla Lancet Commission on pollution and health,17 che nel richiamare “alle armi” contro i danni dell’inquinamento atmosferico, già nel 2017 ricordava che sappiamo quali sono le soluzioni all’inquinamento atmosferico, abbiamo verificato, anche attraverso processi di VIS, che queste soluzioni sono economicamente vantaggiose e che il percorso verso il successo è delineato, riportando esempi in cui i governi, le agenzie internazionali e la società civile hanno assunto la responsabilità di contrastare il problema.

Il percorso di istituzione del Sistema Nazionale di Prevenzione dei rischi ambientali e climatici (SNPS), della sua integrazione con il Sistema Nazionale di Protezione Ambientale (SNPA) e i diversi progetti di ricerca finanziati nel contesto del Piano Nazionale Complementare Salute, Ambiente, Biodiversità e Clima possono rappresentare operativamente lo spazio entro cui accrescere e consolidare le competenze, rafforzare il sistema di prevenzione integrato ambiente/salute/clima e migliorare l’efficacia delle azioni di promozione del benessere delle comunità e della qualità dell’ambiente.

Ringraziamenti: si ringraziano Fabrizio Bianchi e Andrea Ranzi per gli utili suggerimenti. 

Conflitti di interessi dichiarati: Francesco Forastiere è stato consulente del GIP del tribunale di Taranto nel procedimento penale che ha interessato l’ex Ilva di Taranto. 

Bibliografia

  1. Bianchi F. Sulla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 25 giugno 2024 in merito all’Ilva di Taranto. Epidemiol Prev 2024;48 (4-5):356-360. doi: 10.19191/EP24.4-5.071
  2. Sentenza della Corte, 25.06.2024. Disponibile all’indirizzo: https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=287502&mode=req&pageIndex=1&dir=&occ=first&part=1&text=&doclang=IT&cid=8843416
  3. Redazione di Epidemiologia&Prevenzione. ILVA di Taranto: cosa ne dicono gli epidemiologi? E&P 2012;36(4diMezzo). Disponibile all’indirizzo: https://epiprev.it/attualita/ilva-di-taranto-cosa-ne-dicono-gli-epidemiologi
  4. Ministero della salute. PNRR – Salute. Salute, ambiente, biodiversità e clima (PNC). Disponibile all’indirizzo: https://www.pnrr.salute.gov.it/portale/pnrrsalute/dettaglioContenutiPNRRSalute.jsp?lingua=italiano&id=5855&area=PNRR-Salute&menu=investimenti
  5. Ancona C, Bisceglia L, Ranzi A. I progetti “Ambiente e Salute” finanziati dal Piano degli investimenti complementari al PNRR: un’occasione da non perdere. Epidemiol Prev 2023;47(4-5):222-26. doi: 10.19191/EP23.4-5.059
  6. Galise I, Serinelli M, Morabito A et al. L’impatto ambientale e sanitario delle emissioni dell’impianto siderurgico di Taranto e della centrale termoelettrica di Brindisi. Epidemiol Prev 2019;43(5-6):329-37. doi: 10.19191/EP19.5-6.P329.102
  7. Forastiere F. La valutazione di impatto sanitario, un’attività dell’epidemiologia. Epidemiol Prev 2019;43(5-6):328. doi: 10.19191/EP19.5-6.P328.101
  8. Samet J. Invited Commentary: epidemiology and risk assessment. Am J Epidemiol 1998;148(10):929-36.
  9. Savitz DA. Commentary: Response to environmental pollution: more research may not be needed. Epidemiology 2016;27(6):919-20. doi: 10.1097/EDE.0000000000000526
  10. Alessandrini E, Leogrande S, Morabito A et al. Cohort study on the effects of environmental exposures morbidity and mortality of the population. 2016. Disponibile all’indirizzo: https://www.sanita.puglia.it/web/csa/relazioni-scientifiche
  11. Leogrande S, Alessandrini ER, Stafoggia M et al. Industrial air pollution and mortality in the Taranto area, Southern Italy: A difference-in-differences approach. Environ Int 2019;132:105030. doi: 10.1016/j.envint.2019.105030
  12. Lawlor DA, Tilling K, Davey Smith G. Triangulation in aetiological epidemiology. Int J Epidemiol 2016;45(6):1866-86. doi: 10.1093/ije/dyw314
  13. Briggs DJ, A framework for integrated environmental health impact assessment of systemic risks. Environ Health 2008:7:61. doi: 10.1186/1476-069X-7-61
  14. Vohra S, Nowacki J, Martuzzi M (eds). Health impact assessments and health integration into environmental assessments – developing further implementation strategies. Meeting Report of the expert meeting. Bonn, Germany 24-25 September 2015. Copenhagen, WHO Regional Office for Europe, 2016. 
  15. European Council of the European Union. Industrial emissions: Council signs off on updated rules to better protect the environment. Disponibile all’indirizzo: https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2024/04/12/industrial-emissions-council-signs-off-on-updated-rules-to-better-protect-the-environment/
  16. Bianchi F, Ancona C, Bisceglia L, Ranzi A. Per una più efficace valutazione di impatto sanitario (VIS). Epidemiol Prev 2024;48(2):100-1. doi: 10.19191/EP24.2.A366.033
  17. Landrigan PJ, Fuller R, Acosta NJR et al. The Lancet Commission on pollution and health. Lancet 2018;391(10119):462-512. doi: 10.1016/S0140-6736(17)32345-0

 

       Visite