La guerra in corso da 10 mesi in Ucraina, scatenata dall’invasione russa avvenuta il 24 febbraio 2022, sta provocando una strage di vite umane e danni incalcolabili all’ambiente. Per molti aspetti questa guerra non si distingue qualitativamente da altre del recente passato, mentre uno degli aspetti inediti è rappresentato dalle esplicite minacce di uso dell’arma nucleare da parte russa. La reazione degli Stati Uniti e della NATO per ora sembra abbastanza misurata; tuttavia, l’aggiornamento del Nuclear Posture Review, lungamente atteso e recentemente pubblicato, stabilisce che gli Stati Uniti si riservano la possibilità di utilizzare l’arma nucleare, anche in attacco, in presenza di una grave minaccia per la propria nazione.1 Inoltre, la NATO ha tenuto in Belgio dal 17 al 30 ottobre 2022 l’esercitazione “Steadfast Noon”, di addestramento alla guerra nucleare. Un’esercitazione simile è stata svolta anche dalla Russia.

Oltre a Russia e Stati Uniti, altri 7 Paesi (Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord) posseggono armi nucleari e altri 5 ospitano testate nucleari statunitensi sul proprio territorio (Italia, Germania, Belgio, Olanda, Turchia), «una manciata di Stati che mettono a rischio tutta la vita sul nostro pianeta», nelle parole del Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.2 Questi 9 Stati possiedono insieme circa 12.705 armi nucleari, Russia e Stati Uniti da soli ne posseggono, rispettivamente, 5.977 e 5.428.3,4 Le testate dispiegate (collocate su missili o situate in basi con forze operative) sono 3.732, di cui circa 2.000 in stato di elevata prontezza: una situazione particolarmente delicata per il rischio di incidenti connessi alla necessità di reagire immediatamente in caso della segnalazione di un attacco. Per ridurre questo rischio, che è forse maggiore dell’uso deliberato, ma che avrebbe conseguenze altrettanto apocalittiche, risulta essenziale avere dei canali di comunicazione sempre aperti tra le parti. A tale proposito è particolarmente preoccupante la notizia,5 poco diffusa o commentata, che dopo l’attacco missilistico nella regione polacca al confine con l’Ucraina (il 15 novembre 2022) il Capo di Stato Maggiore degli Stati Uniti, Mark Milley, ha dichiarato di aver cercato, invano, di contattare il suo omologo russo Valery Gerasimov. Un altro esempio di scarsa volontà diplomatica è rappresentato dalla disdetta, da parte russa, dell’appuntamento tra funzionari governativi russi e statunitensi, che avrebbero dovuto incontrarsi al Cairo dal 29 novembre al 6 dicembre 2022 per discutere della ripresa delle ispezioni previste dal trattato di riduzione degli armamenti nucleari New START.

È quindi molto probabile che gli arsenali nucleari verranno ampliati, oltre a essere modernizzati. Un processo che riguarda anche i missili ospitati nelle basi militari a Ghedi e Aviano, dove dovranno arrivare delle versioni più moderne B61-12 con potenza regolabile, da pochi chilotoni (kt) a 340 kt, permettendo un utilizzo sia “strategico”, per deterrenza, sia “tattico”. L’uso tattico prevede l’impiego di ordigni di potenza minore come arma aggressiva sul teatro di guerra. Questi ordigni più “piccoli” destano particolare preoccupazione, in quanto abbassano la soglia d’uso e incrementano il rischio di una rottura definitiva del tabù nucleare (già parzialmente compromesso dalle minacce d’uso) con conseguenze che solo degli incorreggibili ottimisti potranno definire imprevedibili. La successiva escalation in una devastante guerra nucleare mondiale risulta, infatti, altamente probabile anche ai militari statunitensi impegnati nelle simulazioni strategiche belliche: «It ends bad. And the bad meaning it ends with global nuclear war», il commento del generale John Hyten.6

Per farsi un’idea sulla potenza di queste armi, anche nelle versioni più “piccole”, è utile scorrere le diapositive di Moritz Kütt7 dell’Università di Amburgo, dalle quali risulta evidente che la potenza delle armi nucleari è tale da collocarle in una dimensione completamente diversa rispetto a tutte le altre armi convenzionali, anche le più micidiali. La più potente bomba convenzionale ha la potenza di circa 10 tonnellate di TNT. Un chilotone corrisponde a 1.000 tonnellate, una potenza che passerebbe per piccola. Le bombe che annientarono Hiroshima e Nagasaki avevano una potenza, rispettivamente, di 13 kt e 21 kt. Le moderne bombe termonucleari vanno da 100 kt fino a raggiungere alcune migliaia di kt. Risulta evidente che classificare questi dispositivi come “armi” è inappropriato: inserirle nella stessa categoria di fucili, mitragliatrici, bombe e missili convenzionali significa minimizzare in maniera grottesca il loro impatto e il loro significato. Per Günther Anders8 questo errore di classificazione è una delle cause alla base della nostra «cecità di fronte all’apocalisse».

L’impatto di questi «campi di sterminio montati su missili», per riprendere una definizione di Micheal Christ degli International Physicians for the Prevention of Nuclear War (IPPNW, premio Nobel 1985),9 può essere stimato con diversi metodi, tra cui Nukemap,10 un simulatore realizzato dalla International Campaign for the Abolition of Nuclear weapons (ICAN, premio Nobel 2017) per la predisposizione del rapporto No Place to Hide.11 Come ognuno può verificare in prima persona sperimentando sul sito, i danni provocati in termini di morti e feriti superano di gran lunga la capacità di assistenza sanitaria anche in contesti ben organizzati. Predisporre piani di emergenza in questo caso è inutile: le infrastrutture sanitarie non sono e non possono essere preparate per la catastrofe umanitaria che risulterebbe dall’esplosione anche di una sola bomba atomica in una delle nostre città. Inoltre, permettendo la presenza sul territorio italiano di armi nucleari e aderendo alla teoria dell’equilibrio del terrore, ci diciamo pronti a sterminare la popolazione civile di altri Paesi. Questo non è eticamente sostenibile, neanche nel caso di una risposta a seguito di un attacco.

Il gruppo di lavoro per la promozione della pace dell’Associazione italiana di epidemiologia (AIE), insieme al direttivo AIE, nella consapevolezza della specificità professionale nell’informare e mettere in guardia popolazione e decisori politici da questa minaccia e della conseguente necessità di agire per il disarmo, ha inviato una lettera aperta12 al Governo italiano chiedendo la partecipazione, in qualità di osservatore, alla prima riunione internazionale sul Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW).13 La lettera è stata firmata da molti esponenti non solo del mondo sanitario, ma anche della società civile, con adesioni individuali (oltre 750 firme) e collettive di altre società scientifiche di area biomedica. La rivista The Lancet ha pubblicato un articolo che descrive l’iniziativa dell’AIE e ne illustra le motivazioni di sanità pubblica.9 Il governo non ha mai risposto alla lettera e l’Italia non ha partecipato alla riunione delle Nazioni Unite, a differenza, tra gli altri, di Germania, Belgio e Olanda, Paesi che, come l’Italia, appartengono alla NATO e ospitano bombe atomiche degli Stati Uniti e non aderiscono al TPNW. In altre parole, l’Italia non solo non ha intenzione di aderire al TPNW, ma non sente nemmeno il bisogno di fermarsi a riflettere e di confrontarsi con la comunità internazionale su questo tema. Un chiaro segno della sottomissione politica e governativa (bipartisan) a quello che il pontefice Bergoglio chiama «potere economico-tecnocratico-militare».14

Un altro elemento alla base della nostra cecità di fronte al rischio nucleare è, secondo Anders, il fatto che questo rischio è universale; non esiste, quindi, un particolare gruppo sociale che, per via delle proprie caratteristiche, possa essere il nucleo centrale di promozione della lotta, come per esempio il proletariato per la causa socialista, le donne per l’abolizione del patriarcato, gli appartenenti a minoranze per la battaglia a favore dei diritti civili. Gruppi sociali che liberando se stessi liberano anche tutti gli altri. È, tuttavia, lecito ritenere che gli operatori sanitari, e in particolare gli epidemiologi (in quanto studiosi dei determinanti della salute delle popolazioni), abbiano le caratteristiche per posizionarsi al centro della lotta per il disarmo, non perché esposti più di altri, ma per coerenza con i principi e i doveri della loro professione.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Kristensen H, Korda M. The 2022 Nuclear Posture Review: Arms control subdued by military rivalry. Federation of American Scientists, ottobre 2022. Disponibile all’indirizzo: https://fas.org/blogs/security/2022/10/2022-nuclear-posture-review
  2. United Nations Information Service. Secretary-General’s video message to the Opening of the First Meeting of States Parties to the Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons. Disponibile all’indirizzo: https://unis.unvienna.org/unis/en/pressrels/2022/unissgsm1244.html
  3. SIPRI Yearbook Summary 2022. Armaments, Disarmament and Internationl Security. Ottobre 2022. Disponibile all’indirizzo: https://www.twai.it/journal/sipri-yearbook-2022/
  4. ICAN. The World’s Nuclear Weapons. Disponibile all’indirizzo: https://www.icanw.org/nuclear_arsenals
  5. ZDF. USA: Russischer Amtskollege reagierte nicht. 17.11.2022. Disponibile all’indirizzo: https://www.zdf.de/nachrichten/politik/us-generalstabschef-raketeneinschlag-polen-ukraine-krieg-russland-100.html
  6. Citato da Daryl G. Kimball nella presentazione “The Nuclear Risk Dimension of Russia’s War on Ukraine”. Vienna Conference on the Humanitarian Impact of Nuclear Weapons, 20.06.2022; diapositiva 4. Disponibile all’indirizzo: https://www.bmeia.gv.at/fileadmin/user_upload/Zentrale/Aussenpolitik/Abruestung/HINW22/HINW22_presentation_Kimball.pdf
  7. Moritz Kütt. “There Are No Small Nuclear Weapons”. Vienna Conference on the Humanitarian Impact of Nuclear Weapons, 20.06.2022. Disponibile all’indirizzo: https://www.bmeia.gv.at/fileadmin/user_upload/Zentrale/Aussenpolitik/Abruestung/HINW22/HINW22_presentation_Kuett.pdf
  8. Anders G. Die Antiquiertheit des Menschen. Volume 1. CH Beck 1994; pp. 233-308.
  9. MacDonald R. Nuclear weapons 60 years on: still a global public health threat. PLoS Med 2005;2(11):e301.
  10. NUKEMAP. Disponibile all’indirizzo: https://nukemap.org/nukemap/
  11. ICAN. No place to hide: nuclear weapons and the collapse of health care systems. Disponibile all’indirizzo: https://www.icanw.org/report_no_place_to_hide_nuclear_weapons_and_the_collapse_of_health_care_systems
  12. Associazione italiana di epidemiologia. Lettera aperta al governo italiano sull’urgenza di proteggere l’Italia e il mondo dalla minaccia nucleare e sulla priorità di aderire al Trattato di proibizione delle armi nucleari (TPNW). Disponibile all’indirizzo: https://www.epidemiologia.it/lettera-aperta-al-governo-italiano/
  13. ICAN. Full text of the Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapon. Disponibile all’indirizzo: https://www.icanw.org/tpnw_full_text
  14. Papa Francesco. Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace. Milano, Solferino Libri, 2022; p. 19.
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