Presentazione dell'editore
La presenza di siti contaminati da scorie industriali, con le loro ricadute sulla salute umana, è un problema di salute pubblica rilevante e di grande complessità. Nell'affrontarlo occorre tenere conto di una molteplicità di aspetti: accanto alle indubbie difficoltà di carattere scientifico, infatti, bisogna considerare una serie di fattori che hanno a che fare con l'ambiente sociale, l'economia, i problemi occupazionali e che richiedono dunque un approccio di tipo intersettoriale.
Temi a cui l'Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) si è dimostrata sensibile, a cominciare dall'istituzione nel 2013, presso l'Istituto Superiore di Sanità, del suo primo Centro Collaborativo Ambiente e Salute nei Siti Contaminati, per arrivare, nel 2015, a sostenere il lancio di un'iniziativa di coordinamento internazionale che coinvolge un network di circa 150 ricercatori ed esperti afferenti ad università, istituti di salute pubblica e agenzie ambientali di 33 paesi.
Questa iniziativa è la COST Action Industrially Contaminated Sites and Health Network [ICSHNet], finanziata dalla European Cooperation in Science and Technology [COST] attraverso il Programma Quadro dell'Unione Europea Horizon 2020. Si tratta in breve di un'Azione di Coordinamento avente l'obiettivo di 1) definire le lacune di conoscenza e le priorità di ricerca e di sanità pubblica sul tema dei siti industriali contaminati; 2) stimolare lo sviluppo di metodologie condivise e armonizzate; 3) produrre documenti di indirizzo, di consenso e di guida sulla valutazione, gestione e comunicazione del rischio e dell'impatto sulla salute (www.cost.eu/actions/IS1408).
Come primo passo la rete collaborativa ICSHNet ha proposto una definizione univoca di 'sito industriale contaminato': «area che ospita, o ha ospitato, attività industriali che hanno prodotto o possono determinare, direttamente o indirettamente (rifiuti) contaminazione chimica di suoli, acque superficiali o di falda, aria, catena alimentare, che causano, o che possono causare, impatti sulla salute umana».
Diversi studi hanno mostrato evidenze sull'impatto sanitario associato a specifiche attività industriali. Quando si tratta però di dare una valutazione globale dell'impatto complessivo delle emissioni industriali sulla salute umana l'impresa si fa molto più ardua, a causa dell'eterogeneità dei molteplici scenari di contaminazione – e, quindi, di esposizione – da una parte, l'eziologia multifattoriale delle patologie di interesse, gli aspetti occupazionali, i contesti ambientali e sociali dall'altra. Compito precipuo della COST Action è proprio quello di identificare strategie comuni a livello internazionale sia per affrontare in maniera sistematica questi temi, attraverso il consolidamento di una rete di esperti e istituzioni, sia al fine di sviluppare un ambito condiviso per la ricerca in materia.
Tra i successi che la rete collaborativa può annoverare fin qui vi è il suo contributo a far sì che, per la prima volta, i siti contaminati venissero inclusi tra le priorità di sanità pubblica nella Dichiarazione conclusiva di una Conferenza Ministeriale su ambiente e salute (Ostrava, 15 giugno 2017), che infatti si impegna a: «…prevenire ed eliminare ricadute nocive sull'ambiente e sulla salute, costi e disuguaglianze dovuti al trattamento dei rifiuti e a siti contaminati, attraverso la progressiva eliminazione dei sistemi di smaltimento e del traffico di rifiuti incontrollati e illegali, avendo come obiettivo una gestione corretta sia dei rifiuti sia dei siti contaminati, in un'ottica di transizione a una economia circolare».
Questo volume presenta i risultati delle attività svolte dai gruppi di lavoro ICSHNet mirate a:
- individuare aree di scarsa conoscenza e priorità di ricerca;
- guidare la raccolta e l'organizzazione di dati ambientali e sanitari;
- stimolare lo sviluppo di metodologie condivise;
- promuovere la ricerca collaborativa;
- sviluppare linee guida sull'uso di metodi e strumenti per la valutazione dell'esposizione, rischi per la salute e stime di impatto.
Il volume si conclude con un commento di David Savitz, epidemiologo di fama internazionale alla Brown University, School of Public Health, Providence University (Rhode Island, USA), che affronta una questione centrale, ossia: in presenza di una contaminazione industriale, dal punto di vista della popolazione colpita, quanto è importante allestire ex novo uno studio epidemiologico? Potrebbe forse essere più utile, perché meno costoso e più veloce, affidarsi a una valutazione del rischio che la popolazione corre, magari affiancandola a un'attività di sorveglianza della salute pubblica? Savitz valuta i pro e i contro dei diversi approcci.
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