Mercoledì 15 settembre 2021 è venuto a mancare Pier Alberto Bertazzi, professore ordinario di Medicina del Lavoro presso la Clinica del lavoro dell’Università degli studi di Milano. E' una grave perdita per l'epidemiologia e la medicina del lavoro italiana e internazionale sul piano scientifico, dell'impegno sociale e dell'esempio di integrità morale.
Vogliamo ricordare il Prof. Bertazzi riportando la descrizione della sua carriera scientifica scritta dal Prof. Giorgio Assennato in occasione della sua candidatura all’EPICOH Award. E&P ritornerà sulla figura di Pier Alberto Bertazzi anche in uno dei prossimi numeri della rivista.

di Giorgio Assennato, Commissario CTVIA-VAS del Ministero per la Transizione Ecologica (MITE)
La carriera scientifica del prof. Pier Alberto Bertazzi mostra negli anni una crescita esponenziale che non può essere misurata su una base meramente quantitativa.  Sono certo che altri epidemiologi europei, più qualificati di me, descriveranno gli importanti contributi originali risultanti dall'opera del prof. Bertazzi. Io mi concentrerò piuttosto su alcune considerazioni personali...

Ho avuto occasione di conoscerlo nella primavera del 1980, quando era postdoc presso il Dipartimento di Epidemiologia dell'Università della Carolina del Nord, a Chapel Hill. Il suo interesse nel campo dell'epidemiologia occupazionale all'epoca era già profondamente radicato. Nel suo precedente percorso formativo in Medicina del Lavoro, il suo interesse per l'epidemiologia del lavoro è testimoniato dalla tesi discussa nel 1971 con il prof. Enrico Vigliani, suo mentore accademico, il cui titolo era Metodi epidemiologici in medicina del lavoro”. Sulla base della sua tesi ha pubblicato il suo primo articolo nel 1973 Metodi epidemiologici in medicina del lavoro. Raccolta di dati, analisi, inferenza (Med Lav 1974;65:30-43).
È importante sottolineare che la sua esperienza negli Stati Uniti non si è limitata allo stage accademico a Chapel Hill e all'Università del Minnesota; Bertazzi è stato anche nominato visiting scientist presso il quartier generale del NIOSH, Cincinnati, dove ha potuto farsi esperienza diretta sul campo. La competenza nel servizio sanitario pubblico è stata una nota fondamentale della visione del prof. Bertazzi per tutta la sua carriera professionale.

La sua visione è caratterizzata da un nuovo paradigma (epidemiologia occupazionale) sovrapposto a un’eccezionale competenza in medicina clinica. La “Clinica del Lavoro” di Milano è stato il primo ospedale europeo interamente dedicato alla medicina del lavoro. Fondata dal prof. Luigi Devoto nel 1906, la “Clinica del Lavoro” è diventata la struttura clinica più famosa nella diagnosi e nel trattamento di malattie professionali. Sotto la direzione pluridecennale del prof. Enrico Vigliani, negli anni '70, quando Bertazzi ricevette la sua educazione formale, la “Clinica” godeva di un'ottima reputazione a livello mondiale. Migliaia di lavoratori affetti da silicosi, asbestosi, avvelenamento da piombo e mercurio sono stati diagnosticati e curati in ospedale.
Il prof. Bertazzi non ha mai rinunciato al suo background clinico, dove ha avuto importanti mentori clinici come il prof. Giancarlo Secchi. Ha sempre riconosciuto l'importanza della sua esperienza clinica e durante i suoi anni come Direttore della Clinica voleva che tutti i giovani specializzandi in medicina del lavoro avessero una formazione in medicina clinica, nella convinzione che tale background avrebbe fatto una chiara differenza con le competenze scientifiche di esperti non medici nel campo della sanità pubblica.

In primo luogo ha investito su se stesso, per sviluppare un forte background in epidemiologia del lavoro. In aggiunta all'esperienza statunitense sopra citata, ha frequentato negli anni '70 diversi corsi avanzati presso l'Università di Helsinki e alla IARC di Lione. Nel decennio successivo organizzò egli stesso importanti corsi internazionali di Metodi in Epidemiologia del Lavoro, a Como (1985, 1985,1987) e a Santa Margherita Ligure (1987).
Uno dei primi lavori scritti dal prof. Bertazzi, meno conosciuto, è quello sul cosiddetto gruppo omogeneo nei luoghi di lavoro (Gruppo omogeneo di lavoratori in uno studio epidemiologico in medicina del lavoro Med Lav 1975;66:119-126). Tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 un forte movimento sociale guidato dai sindacati, dietro lo slogan “la salute dei lavoratori non è in vendita”, spingeva per l'attuazione in ogni fabbrica di un registro dei dati biostatistici e un registro dei dati ambientali. Secondo questa prospettiva, l'unità di osservazione doveva passare dal singolo individuo al cosiddetto gruppo omogeneo di lavoratori che condividono le stesse esposizioni professionali. Attraverso l'autovalutazione ottenuta mediante questionari, la teoria ipotizzava che i progressi nella prevenzione e nella tutela della salute sul lavoro potessero essere raggiunti anche senza l’assistenza di professionisti di supporto, ovvero medici del lavoro, igienisti industriali, tossicologi ecc.
In questo articolo il prof. Bertazzi proponeva una sorta di ponte tra i concetti elaborati dai sindacati e i canoni ortodossi dell'epidemiologia occupazionale, una visione che ha perseguito e realizzato durante l'intera carriera, in cui gli studi epidemiologici non consistevano semplicemente in una valida applicazione di metodi scientifici e raccolta di freddi dati, ma costituivano anche un'opportunità per comunicare con i lavoratori sia a livello individuale sia a livello di gruppo.

Negli anni il prof. Bertazzi è diventato il più importante epidemiologo occupazionale in Italia. Tra le sue innumerevoli attività, vorrei citarne un paio che sono il segno distintivo del suo modo particolare di interpretare l'epidemiologia occupazionale: ha dato vita al Centro EPOCA, dove l'epidemiologia occupazionale, ambientale e clinica sono viste in un modello unificato. Il Centro ha dato origine a diverse attività in termini di ricerca anche in ambiti diversi dalla Medicina del Lavoro classica, come il morbo di Parkinson e i tumori della pelle e dello stomaco.
Il miglior esempio del punto di vista del prof. Bertazzi sulla scienza è espresso dal progetto epidemiologico EAGLE per il quale, in qualità di ricercatore principale, è stato in grado di ottenere un enorme finanziamento dai NIH, vincendo una forte competizione internazionale. Si tratta di uno studio caso-controllo di popolazione sul cancro del polmone, finalizzato all'identificazione delle interazioni gene-ambiente nel corso della storia naturale della malattia.
Ha saputo coordinare un nutrito gruppo di ricercatori su entrambe le sponde dell'Atlantico: non solo un’ottima ricerca, con un approccio innovativo nell'interazione gene-ambiente, ma anche un approccio orientato ad attuare azioni preventive, come stili di vita migliori nelle popolazioni target: combinazione, tipica in Bertazzi, di ricerca innovativa e internazionale e approccio preventivo molto solido sul campo. A mio parere, questo progetto esemplifica meglio il grande contributo di Bertazzi allo sviluppo della disciplina, piuttosto che limitarsi a quantificare la grande produzione scientifica, che comunque lo pone al vertice degli scienziati europei nel campo dell'epidemiologia del lavoro.

Se il ruolo di mentore nella sua carriera scientifica va indubbiamente assegnato al prof. Vigliani (che ha scoperto il legame tra il piombo e il metabolismo della porfirina, l'effetto cancerogeno del benzene, la patogenesi della silicosi), è altrettanto importante sottolineare il ruolo di mentore spirituale esercitato su Bertazzi dal capo religioso don Luigi Giussani. Non si poteva rilevare facilmente la traccia di tale influenza nel contesto della sua produzione scientifica, ma, leggendo tra le righe, i suoi valori etici e spirituali possono essere rintracciati. Tali valori emergono in un paper minore Il lavoro come bisogno umano fondamentale e fattore di promozione della salute. Vale la pena riportare la seguente affermazione:

Il compito dei medici del lavoro è di riconoscere i possibili effetti negativi delle condizioni di lavoro e al tempo stesso di promuovere un approccio positivo al lavoro. Essere consapevoli del significato etico del lavoro rende il lavoro stesso più vivo e più produttivo.... Il lavoro è lo strumento più appropriato per l'espressione della personalità umana nella società, che è un bene che accrescerà la dignità di ogni persona (Med Lav 2010;101 Suppl2:28-43).

La sua visione etica del lavoro segue i concetti espressi dal suo mentore:

Il lavoro è l'espressione del nostro essere. Tale consapevolezza è davvero una boccata d'aria fresca per l'operaio che lavora per otto ore sul posto di lavoro. Ma il nostro essere è sete di verità e di felicità: sete di verità, che parte dalla curiosità per entrare nel misterioso enigma della ricerca, sete di felicità, che parte dall'istintività e si allarga su quella dignitosa concretezza, indispensabile per non corrompere il nostro istinto in un soffio falso ed effimero. (L. Giussani. L'io, la potenza, le Opere. Marietti, Genova, pp.91-92, 2000).

L’altissima competenza di Bertazzi dimostrata in ogni aspetto della sua carriera (ricerca, insegnamento, medicina clinica, tanto quanto in capacità manageriali), fa di lui il candidato ideale per il premio EPICOH.

 Parole chiave: ,

 Keywords: ,

          Visite