L'appuntamento dei 150 anni dall'Unità d'Italia ha stimolato l'epidemiologia a chiedersi quali risultati di salute abbia prodotto questa storia, se questi risultati siano stati equamente distribuiti su tutto il territorio, se la storia della salute sia stata di maggiore o minore successo rispetto alle altre dimensioni del benessere e quale merito abbiano avuto le politiche sanitarie in questa storia.
L'unità d'Italia ha ereditato un Paese che, nel quadro europeo, si colloca agli ultimi posti per arretratezza economica, analfabetismo, malnutrizione, bassa sopravvivenza, e oggi lo consegna alle nostre celebrazioni ai primi posti per sopravvivenza, nutrizione e protezione per il rischio della salute, e in posizione intermedia per sviluppo economico e capitale umano; un po' peggio per il livello di disuguaglianze.
La speranza di vita alla nascita è l'indicatore che più si è avvicinato sia al risultato massimo potenzialmente raggiungibile in questo periodo storico sia al maggior livello di integrazione e uguaglianza nel Paese, in una misura più intensa di quanto non sia accaduto al miglioramento delle condizioni economiche e sociali di vita. È verosimile che a questo lusinghiero risultato non siano estranei da un lato i progressi della medicina, soprattutto dal secondo dopoguerra in poi, e dall'altro il ruolo dell'assistenza sanitaria pubblica, che si iscrive tra le maggiori trasformazioni della capacità di protezione dalla vulnerabilità introdotte in Italia nel secondo dopoguerra.
Purtroppo, questo primato nei risultati di salute potrebbe essere minacciato da una tendenza a una nuova divergenza NordSud che si osserva negli ultimi vent'anni, tendenza che è parallela all'aumento delle disuguaglianze di reddito e di istruzione, e che potrebbe rendere più difficile il processo di decentramento sanitario previsto dal federalismo. Inoltre, una lettura più analitica delle differenze geografiche di salute a cui è approdato il Paese in questo primo decennio degli anni Duemila dimostra nuove e vecchie disuguaglianze dentro e tra le aree geografiche, disuguaglianze che si manifestano nelle opportunità di salute, negli stili di vita, nelle esposizioni ambientali, nell'uso delle cure e nelle specifiche malattie e disabilità che ne conseguono; queste disuguaglianze, nella misura in cui sono evitabili, suggeriscono una priorità spesso trascurata dall'agenda della programmazione sanitaria e della prevenzione, che considera la salute degli italiani come una media.
Quindi, in occasione dei 150 anni dell'Unità di Italia l'Associazione italiana di epidemiologia dedica il suo XXXV congresso al tema del ruolo della salute e della sanità nella riduzione delle differenze evitabili in Italia. Parallelamente, Epidemiologia e Prevenzione, AIE e Osservasalute hanno scelto di pubblicare in occasione del congresso AIE un compendio di dati epidemiologici storici e attuali che, prendendo spunto dalla storia della sanità pubblica in Italia, proceda a una analisi sistematica delle differenze geografiche e temporali nella mortalità, nella salute e nell'uso delle cure, per poi approfondire la situazione di specifiche malattie e fattori di rischio.
Gli Atti del congresso AIE e la monografia di EP spaziano sui temi e argomenti della salute e della sanità sui quali la riflessione è apparsa più urgente e più antica la storia di queste disparità, nella consapevolezza che la conoscenza di oggi, unita alla dimensione storica, può offrire stimolo alla ricerca e soprattutto all'intervento delle istituzioni e degli operatori.