A cento anni dalla nascita di Giulio A. Maccacaro i vincitori e le vincitrici dell'omonimo premio, istituito nel 2007 dall'Associazione Italiana di Epidemiologia, leggono brani tratti dagli scritti del fondatore della rivista Epidemiologia & Prevenzione.

La medicina deve essere:

preventiva nel senso più genuino e intrepido non esaurendosi nella diagnosi precoce di malattie già accettate nel momento in cui sono accertate; promuovendo, invece, la salute umana e difendendola da tutte le offese dell’ambiente di lavoro e di vita, fino a piegare queste a quella e non viceversa;

sociale nel senso che sappia portare il suo intervento nella comunità reale in cui l’uomo vive, opera e realizza sé stesso, senza strappare queste sue radici ma riconoscendovi, anzi, la testimonianza dell’assoluta inseparabilità della salute collettiva da quella individuale;

collettiva nel senso che, superando qualsiasi forma presente o imminente del sistema mutualistico burocratico, parassitario e inefficace, dichiari e realizzi l’assunzione integrale del diritto, da parte della collettività partecipante, di porsi come soggetto non solo di salute ma anche di sanità;

umana nella misura in cui - recuperato il colloquio perduto tra una medicina sempre più oggettivante ed una sofferenza più soggettivata - restituisca al malato e al medico la loro integrità che li faccia essere finalmente dalla stessa parte: quella dell’uomo contro il potere, quella del lavoro contro il capitale.

Non è più ammissibile una medicina organizzata, esercitata e insegnata per delega ai tecnici, fuori dal diretto controllo di coloro cui essa deve servire.

Occorre operare per una scienza che, anziché imbiancare di neutralità il proprio sepolcro morale, sia pronta a riconoscersi coinvolta e partecipe di tutte le responsabilità sociali e politiche, e a queste coordini le sue opzioni e il suo sviluppo.

Si deve operare per l’avvento di una società nella quale il ricercatore non si senta più possibile strumento di un potere privilegiato, ma creatore egli stesso di una totale partecipazione del potere.                                                           

“Fare scienza” vuol dire, oggi e in ogni caso, lavorare “per” o “contro” l’uomo, ed ogni uomo è raggiunto dalla scienza per esserne fatto più libero o più oppresso.

L’unico modo di autenticare la scienza è che questa corrisponda all’interesse dell’uomo: l’uomo individuale e l’uomo collettivo. La scienza mai può operare contro l’uomo.

Nel momento in cui la necessità scientifica diventa una necessità disumana, la scienza si ferma. E non mi importa assolutamente niente se si blocca proprio secca, lì per lì, e non fa un passo più avanti. Perché la scienza non ha diritto di fare un passo avanti contro l’uomo.

Una sociologia di altri tempi ha riconosciuto la malattia come perdita di partecipazione. Oggi i nostri giovani, e non essi soltanto, rifiutano la perdita di partecipazione come malattia.

Di scienza è ormai fatto il potere, e di potere gli uomini vivono e muoiono.

I nemici della partecipazione sono tre: l’autorità, l’efficienza e la provvidenzialità.

L’autorità, a cui contrapponiamo la partecipazione, è quella che si pone di fatto come esecutrice dei comandi di un potere che la sovrasta e che, pagatala con ruoli e privilegi, ne fa lo strumento più insidioso ed efficace del controllo sociale nelle forme della medicalizzazione.

Un altro nemico della partecipazione è l’efficienza, che in un sistema dato è sempre una domanda del potere costituito. Essa si avvale della voluta confusione con l’efficacia cui corrisponde una un’altra consapevole confusione tra funzione e funzionamento.

La funzione di ogni sistema è definita sai suoi fini, il funzionamento dai suoi modi. Noi vogliamo che la funzione dell’istituzione sanitaria sia rivolta interamente alla promozione e alla difesa della salute collettiva e che il suo funzionamento sia giudicato soltanto dalla capacità di adempimento di tale funzione.

Il terzo nemico della partecipazione si può chiamare “paternalismo” ma ritengo più corretto definirlo provvidenzialità, che è quel modo di mettersi in rapporto con la realtà che prescinde dal suo ascolto.

La provvidenzialità è quell’attitudine a disporre risposte preformate che prescindono dalla formazione delle domande: quell’interpretazione del mandato amministrativo che determina una richiesta cui si consente soltanto di conformarsi all’offerta.

Rifiutiamo l’ideologia della scienza come realtà meta-strutturale, il che significa rifiutare insieme il “privilegio” scientifico e il “luddismo” scientifico.

da: Giulio A. Maccacaro. Per una medicina da rinnovare. Scritti 1966-1976
collana Medicina e Potere, Feltrinelli 1979


Giulio Maccacaro ci ha insegnato a non limitare la nostra azione alla raccolta di dati e alla pubblicazione di articoli. Ci ha insegnato a chiederci sempre: per chi e per cosa sto lavorando? La mia scienza è al servizio delle persone o del potere economico, politico, istituzionale?

Carla Ancona, Presidente AIE 2023-2025


Giulio Maccacaro ci ha mostrato che è possibile agire con determinazione per realizzare un mondo migliore. Non accontentiamoci di descrivere ciò che esiste. Usiamo la nostra scienza per immaginare un mondo più giusto e per costruire una società in grado di prendersi cura di tutti, di tutte e del pianeta.

Francesco Forastiere, Direttore scientifico  Epidemiologia & Prevenzione


Premio Giulio A. Maccacaro 2007-2025

2007 Francesco Barone Adesi 2018 Matteo Renzi
2008 Cristina Canova 2019 Alessandra Macciotta ex-aequo 
2009 Leonardo Ventura 2019 Francesco Venturelli 
2010 Michela Leone 2021 Elisabetta Listorti ex-aequo 
2011 Mirko Di Martino 2021 Federico Rea 
2012 Claudia Agnoli 2022 Giansanto Mosconi
2013 Silvia Stringhini 2023 Zeno Di Valerio
2014 Barbara Pacelli 2024 Martina Pacifici
2015 Maria Teresa Greco 2025 Ilaria Cosentini
2016 Serena Broccoli    
2017 Laura Bonvicini    

 

 

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