Comunicato stampa dell'AIE sull'ILVA di Taranto
Sul caso ILVA si sta facendo un uso distorto e strumentale delle evidenze scientifiche
Il Commissario Straordinario dell’ILVA Enrico Bondi ha trasmesso un documento firmato dai consulenti dei Riva nel quale si contestano i dati relativi all’impatto sanitario delle emissioni inquinanti e si sostiene che a Taranto l’aumento dell’incidenza di tumori e patologie croniche respiratorie e cardiovascolari non sarebbe da attribuire all’inquinamento ambientale prodotto da ILVA bensì agli stili di vita, in particolare che l’aumento del tumore del polmone sia da attribuire all’abitudine al fumo di sigaretta.
Eppure il legame tra inquinamento ambientale e tumore polmonare è noto da anni e indipendentemente dagli altri fattori di rischio (come la maggiore abitudine al fumo). Tale legame è stato ribadito la scorsa settimana con la pubblicazione su Lancet Oncology dei risultati dello studio europeo ESCAPE “European Study of Cohorts for Air Pollution Effects”, condotto su 17 coorti europee (inclusa l’Italia) che ha evidenziano come l’esposizione prolungata all’inquinamento da polveri sottili (PM10 e PM2.5) sia associabile ad un aumento del rischio di tumore del polmone (specialmente l’adenocarcinoma) in popolazioni esposte. Per ogni incremento di 10 µg/m³ di PM10 viene stimato un aumento del rischio di tumore al polmone pari a circa il 22 % (HR pari 1.22, 95%CI 1.03–1.45).
Tutti gli studi condotti fino ad oggi mostrano inoltre che non esiste un livello-soglia al di sotto del quale non siano evidenziabili effetti dell’inquinamento sulla salute. Proprio nei giorni scorsi l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ribadito che anche al di sotto dei limiti di legge previsti per il particolato, vi sono effetti sanitari sulle popolazioni esposte (documento “Review of evidence on health aspects of air pollution – REVIHAAP” interim report).
È grave che nel nostro Paese possa essere sostenuta una posizione apertamente in contrasto con le evidenze scientifiche prodotte da studi internazionali e consolidate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Posizioni pseudo-scientifiche, basate sull’opinione di singoli ricercatori che sono in chiara condizione di conflitto di interessi (periti di parte dell’ILVA).
L’Associazione Italiana di Epidemiologia sulla base dei numerosi studi condotti fino ad oggi a Taranto, ribadisce che:
- I dati ambientali hanno dimostrato che la popolazione di Taranto è stata esposta per decenni ad elevati livelli di diverse sostanze chimiche con effetti cancerogeni noti e ben documentati in letteratura.
- studi epidemiologici multicentrici e di impatto sanitario hanno documentato nelle popolazioni residenti nell’area che l’inquinamento atmosferico ha determinato un aumento della mortalità e morbosità per malattie cardiache e respiratorie;
- lo studio SENTIERI dell’Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato un eccesso di mortalità per il tumore del polmone nella popolazione di Taranto pari a circa il 30%, in entrambi i generi (Pirastu et al. 2011);
- gli studi epidemiologici più recenti hanno documentando danni alla salute a breve e lungo termine (mortalità per cause cardiache ed eventi coronarici acuti ed un incremento significativo della mortalità per patologie respiratorie e per tumori nella popolazione 0-14 anni), con effetti più forti nei quartieri più inquinati (Tamburi e Borgo) rispetto all’intero comune di Taranto (Mataloni et al, 2012).
L’Associazione Italiana di Epidemiologia esprime una forte preoccupazione per l’uso distorto e strumentale di dati pseudo-scientifici con l’obiettivo di invalidare le evidenze prodotte fino ad oggi attraverso gli studi epidemiologici ed a misconoscere l’impatto sanitario delle emissioni dell’ ILVA sulla popolazione e sui lavoratori.
L’AIE sottolinea che i risultati dei molti studi condotti nell’area di Taranto e le evidenze ben consolidate di letteratura devono costituire la base per effettuare una Valutazione di Impatto Sanitario (Health Impact Assessment), che rappresenta uno strumento di indagine utile per caratterizzare i possibili effetti sanitari presenti e futuri di un sito, di un’opera infrastrutturale, di un impianto industriale.
AIE sostiene infine che i dati prodotti fino ad oggi siano sufficienti a considerare urgente e non più rinviabile l’attuazione di interventi di abbattimento dei livelli di inquinamento presenti nell’area di Taranto, e di bonifica dei siti inquinati, a salvaguardia della salute della popolazione residente e di quella delle generazioni future.
Per contatti: Dott.ssa Paola Michelozzi, Presidente dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, e-mail: p.michelozzi(at)deplazio.it
Commenti: 6
5.
I cittadini vogliono capire
Scusate l’intrusione: non sono né un’epidemiologa né una scienziata praticante (malgrado la laurea in biologia), ma una cittadina sensibile ai temi riguardanti la protezione dell’ambiente, del territorio e della salute di tutti coloro che lo abitano.
Da mesi seguo su queste pagine la vicenda ILVA alla ricerca di punti di vista basati su prove scientifiche da poter confrontare con le posizioni dei consulenti dell’azienda che sono state veicolate, con grande impiego di grancasse, sulla stampa e sul web. Ora vorrei contribuire con qualche considerazione.
A. Faccio fatica a capire fino in fondo i rilievi del Dr. Serraino. So però che posizioni simili sono state espresse dai consulenti ILVA fin dalla scorsa estate. E mi chiedo:
1) perché in tutto questo tempo le società scientifiche che più hanno voce in capitolo non hanno contribuito a chiarire, se non a sciogliere, questi nodi A TUTTI I CITTADINI? Mi sembra invece che si sia teso più a “battibeccare” tra scienziati che a informare i cittadini sulla vera sostanza del dibattito scientifico.
2) se i consulenti dell’ILVA sono così sicuri della fallacia sia delle perizie presentate durante l’incidente probatorio dalle controparti, sia degli studi pubblicati su riviste che prevedono la revisione tra pari (ossia la valutazione, da parte di altri scienziati, del contenuto degli studi presentati, che quindi vengono pubblicati SOLO se superano tale esame), perché non hanno condotto dei loro studi e non li hanno pubblicati su riviste autorevoli sottoponendoli alla revisione tra pari? Avrebbero potuto farlo. A quanto mi consta, infatti, Carlo La Vecchia (uno dei consulenti ILVA) fa parte da anni del comitato scientifico del Centro studi ILVA, nella cui mission c’è la “realizzazione di studi originali” in tema di “ecosostenibilità dell’industria” (vd: www.centrostudiilva.com).
B. Che io sappia, i periti nominati dalle istituzioni pubbliche sono retribuiti con cifre esigue, soprattutto se messe a confronto con la mole di lavoro e la responsabilità che viene loro affidata. D’altra parte, si può immaginare che i periti di parte privata possono contare su retribuzioni ben più sostanziose (anche se, è ovvio, non vi è alcuna prova di ciò), soprattutto se i privati hanno una grande disponibilità di denaro. Mi chiedo: data questa disparità, posso mettere sullo stesso piano quanto prodotto dai periti delle due parti?
C. Al di là delle controversie tra scienziati, e anche al di là delle vertenze giuridiche, c’è tutta una società che soffre perché l’ambiente in cui vive è stato violentato: si tratta di esseri umani, adulti e bambini, e di animali (ricordate le centinaia di pecore abbattute nelle massserie? Loro certo non fumavano negli anni ottanta…). Per questo vorrei chiedere agli scienziati di uscire dall’ambito delle dispute accademiche e confrontarsi di più con i cittadini.
Grazie.
Liliana Massocchi
Corsico (Mi)
4.
Pseudoscientifico a chi?
Il dr Serraino ha condensato, nel suo breve commento al comunicato AIE sui rischi associati all’inquinamento industriale a Taranto, alcune perle di epidemiologia accademica padronale: “gli studi descrittivi non sono adeguati… è necessario misurare l’esposizione individuale” (immagino al fattore di rischio in studio e ai potenziali confonditori: tabacco, alcol, dieta).
Aggiungerei che sarebbe opportuno, a Taranto, cominciare tutto da capo, raccogliendo informazioni individuali, meglio se con campioni biologici, e procedere ad un monitoraggio accurato dell’incidenza delle patologie e della mortalità per stabilire, magari dopo 60 anni, come per il tabacco e l’asbesto, se l’ILVA è responsabile o meno, naturalmente ricordandosi di “aggiustare per i confronti multipli” anche quando non è indicato, per esempio quando ci si attende che la stessa esposizione abbia effetti multipli:
EPIDEMIOLOGIA E POI, EVENTUALMENTE, PREVENZIONE
Quaranta anni fa, quando facevo il medico nel quartiere delle ferriere a Torino, ogni giorno dovevo pulire la scrivania dalla polvere rossa che vi si depositava, poi mi occupavo delle patologie respiratorie dei residenti.
Ma siete mai stati a Taranto? Esposizione individuale? A Taranto l’esposizione è collettiva, e la prevenzione deve precedere l’epidemiologia.
Abbattere i livelli di inquinamento come suggerisce il comunicato dell’AIE, prima di perdere tempo con altre indagini, e poi monitorare l’impatto dell’intervento:
PREVENZIONE E POI, EVENTUALMENTE, EPIDEMIOLOGIA
(Se ne è già parlato su questa rivista oltre trenta anni fa)
Il rapporto fra fumo di tabacco e cancro del polmone era già molto ben dimostrato alla fine degli anni 50 del secolo scorso. Se ci sono voluti altri 50 anni per “definirlo” è solo perché interessi potenti e una schiera di medici scettici e di ricercatori in malafede hanno sostenuto per anni con argomentazioni farlocche e con studi taroccati che le “evidenze” erano “modeste”. Ricordo in particolare l’enfasi sugli “SMR protettivi”, riscontrati in alcuni (pessimi) studi per i piccoli fumatori rispetto ai non fumatori, che avrebbero dimostrato che il tabacco, in modica quantità, non fa poi tanto male. Sull’asbesto e il mesotelioma le argomentazioni farlocche sono ancora all’ordine del giorno.
Franco Berrino
Istituto nazionale dei Tumori, Milano
3.
Morti "irrilevanti" ? Commento a Serraino
Caro Diego,
sono rimasto sorpreso dalla tua lettera.
Al di là della veemenza, mi pare che tu faccia come molti confusione tra due aspetti: le prove qualitative di cancerogenicità e l'entità quantitativa del rischio corso dagli esposti. Sulle prove qualitative di cancerogenicità degli idrocarburi policiclici e altre sostanze presenti a Taranto credo non vi sia discussione. Ma il tuo argomento è un altro: le esposizioni sono basse e "spiegano" solo una piccola parte delle morti. Questo commento ha una lunga tradizione e ha fatto molti danni.
Esso risale agli scritti dei primi anni '80 di Doll e Peto, due grandi scienziati per i quali ho il massimo rispetto. La loro argomentazione era che la maggior parte delle morti in una popolazione è spiegata dal tabacco, dall'alcol e da poche altre esposizioni prevenibili, mentre il resto è residuale (e talora non dimostrabile con metodi epidemiologici). E' purtroppo la stessa argomentazione oggi usata nella strategia delle Nazioni Unite denominata "25x25". Che cosa non va? Non va il fatto che prescinde totalmente dalla distribuzione delle morti, in particolare la diseguaglianza distributiva del rischio.
Se c'è ideologia nel dibattito (ma l'AIE è una Società Scientifica), sta nel fatto di considerare la diseguaglianza nella distribuzione dei rischi un elemento importante e aggiuntivo rispetto all'entità quantitativa dei rischi in una popolazione indifferenziata.
Ma non è chiaro se tu e gli autori del rapporto di parte ILVA vi riferite in realtà al confondimento da fumo, anzichè alla "insiginificanza" dei rischi. In tal caso dovreste mostrare che c'è confondimento con argomenti tecnici convincenti, non soltanto con qualche frase ad effetto relativa alla maggiore disponibilita' di sigarette a Taranto qualche decina di anni fa. Chiarire se l'argomento è tecnico (confondimento) oppure relativo alla "insignificanza" dei rischi rispetto alle esposizioni ambientali sarebbe stato un atto di rispetto per persone che hanno lavorato per decenni nella fabbrica e ci hanno vissuto intorno, e che - a torto o a ragione - pensano di essere state vittime di una cattiva gestione ambientale.
Credo che si sia innescata una discussione importante, perche' per esempio sul termine "ideologia" (usato in genere con disprezzo) ci sono spesso travisamenti. Ma c'è anche un altro problema sollevato dalla relazione di parte aziendale, e cioè fino a che punto si può ignorare la responsabilità civica (verso gli esposti e la popolazione generale) nell'argomentare nell'ambito di un procedimento giudiziario. Per me la responsabilità civica conta più dell'IF.
Cari saluti
Paolo Vineis
2.
E' scientifico
E' scientifico sostenere che ci sono voluti 60 anni perchè il fumo di tabacco e l'amianto venissero definitivamente riconosciuti come cancerogeni, nonostante importanti evidenze scientifiche fossero già disponibili.
Ed è scientifico ricordare che questo ritardo è costato migliaia di morti.
E' scientifico ribadire che l'epidemiologia non può essere sperimentazione sull'uomo e che quindi le decisioni in sanità pubblica debbono avvalersi anche del contributo di altre discipline.
E' scientifico ribadire che non bisogna ogni volta dimostrare che la retta è la linea più breve tra due punti, perchè se SENTIERI sotto un certo profilo è strumento di ricerca, dall'altra è anche spesso misura e valutazione di effetti attesi, proprio sulla base delle conoscenze storiche di letteratura.
E' scientifico affermare che le lobby economiche hanno da sempre "allevato" nelle stesse strutture pubbliche i propri "funzionari" dell'insufficienza di prove,nel tentativo di inquinare, come nel caso di Taranto, la stessa discussione scientifica che doverosamente si alimenta del dubbio, ma libero e mai strumentale.
E questo, a proposito di IARC, è l'insegnamento "scientifico" di Lorenzo Tomatis.
Paolo Ricci
1.
A quando gli insulti?
Mi sembra che gli insulti siano ormai il prossimo passo destinato a chi, come me, pensa che le evidenze prodotte sui danni sanitari legati all'Ilva di Taranto siano molto modeste. In base a quale autorevolezza l'AIE definisce PSEUDO-SCIENTIFICHE posizioni diverse da quelle che AIE considera evidenze?
E' pseudo scientifico dire che gli studi descrittivi non sono adeguati a studiare le cause delle malattie, tumori inclusi? E' pseudo-scientifico dire che la IARC non ha mai valutato gli studi descrittivi al fine di classificare i cancerogeni? E' pseudo scientifico affermare che quando si calcolano centinaia di SMR e di SIR bisognerebbe almeno aggiustare per i confronti multipli? E' pseudo-scentifico chiedere se SMR o SIR protettivi indicano che l'inquinamento ambientale protegge da quelle patologie? E' pseudo scientifico chiedere il perchè dell'uso degli intervalli d confidenza all'80%? E' pseudo scientifico affermare che è necessario misurare le esposizioni individuali per studiare le associazioni specifiche con le patologie tumorali? E' pseudo scientifico ricordare che ci sono voluti 60 anni e decine di migliaia di studi per definire che il fumo causa il carcinoma polmonare, l'asbesto il mesotelioma pleurico e HPV il carcinoma cervicale? Si chiede l'AIE come mai non sono state semplicemente usate le differenze nei i tassi di mortalità o di incidenza da statistiche correnti?
AIE ha sempre stimolato il dibattito scientifico, e spero che questa lettera sia solo un episodio passeggero in cui l'ideologia prevale sulla mission e si possa continuare a confrontarci e a smentirci con le misurazioni.
Diego Serraino
SOC Epidemiologia e BIostatistica
IRCCS CRO Aviano
6.
spiegare ai cittadini è il sapere più difficile, ma come?
mi associo alla Massocchi non basta confrontarsi tra pari, c'è la necessità di informare l"utente finale". o no?
ma non c'è ancora cultura in proposito... troppo difficile o non interessa? non è soltanto esecrabile ideologia, esiste anche l'etica.
chi fa ricerca ha l'obbligo di documentare( = socializzare ). così mi hanno insegnato.