Il video circolato il 26 marzo scorso in cui Hadja Lahbib, commissaria europea per la parità e la preparazione e gestione delle emergenze, mostra come comporre uno zainetto di sopravvivenza per 72 ore, ha colpito i cittadini dell’Unione europea (UE) per il tono imbarazzante e imbarazzato della comunicazione.1 Nell’istruire gli europei sugli oggetti da assemblare in caso di disastri collettivi, infatti, la ex-giornalista e presentatrice televisiva ha esibito un atteggiamento ironico e fintamente divertito, poco in linea con la serietà del tema.

Ma la necessità di sdrammatizzare il tono della comunicazione è di fatto un Freudian slip, radicato nel sottaciuto retropensiero. Il survival kit, uno zainetto blu con le 27 stelle dell’UE, rinvia implicitamente a qualcosa di terribilmente serio: non solo le crisi dovute a possibili eventi climatici, tecnologici o pandemici, ma anche dipendenti da un’emergenza bellica.

Il video, tuttavia, rappresenta solo la (infelice) modalità mediatica con cui la Commissione europea ha voluto pubblicizzare il documento di policy pubblicato il medesimo giorno: Comunicazione sulla strategia dell’Unione sulla preparedness europea.2 

Di che cosa si tratta? Il termine preparedness è divenuto internazionalmente noto a partire dagli anni Ottanta del Novecento, quando una ricerca della National Academy of Sciences (NAS) statunitense sul futuro della sanità pubblica faceva emergere la consapevolezza che il tema della salute collettiva fosse stato largamente accantonato dalle politiche pubbliche per la presunzione che la società fosse pronta a rispondere a possibili emergenze: «As a society we seem to assume that we are fully capable of […] being prepared to respond to new crises or emergent health problems. Instead, this committee has found a public health system that is incapable of meeting these responsibilities, of applying fully current scientific knowledge and organizational skills, and of generating new knowledge, methods, and programmes».3

Il documento si soffermava particolarmente sulla formazione del personale sanitario e sulla preparazione di istituzioni ben funzionanti e organizzate, guardando ai cittadini principalmente come fruitori e non attori attivi dei servizi sanitari. 

Questo approccio top-down – declinato in particolare come legal preparedness, la predisposizione delle regole di governo delle emergenze4 – è rimasto dominante nelle organizzazioni internazionali, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, dove i soggetti principali della preparedness restano gli Stati – dalle International Health Regulations (IHR) del 20055 al Pandemic Agreement approvato (ma con alcuni voti contrari, tra cui quello italiano) il 14 maggio scorso.6  

Nei contesti nazionali, tuttavia, in particolare nella storia delle istituzioni sanitarie americane (CDC, NIH) e della protezione civile (FEMA) – almeno per come le abbiamo conosciute fino a tempi recenti (sic!) –, l’approccio top-down alle emergenze è stato integrato e modificato dal riconoscimento e dal rafforzamento progressivo dei ruoli fondamentali che i cittadini come individui e le comunità/collettività devono imparare a svolgere nelle crisi.   

Il coinvolgimento del pubblico nell’implementazione delle policy sulle crisi, infatti, è diventato un elemento chiave per una risposta efficace, con il trasferimento, l’acquisizione e il training rispetto a specifiche conoscenze e competenze informate da saperi scientifici e tecnologie complessi.

Negli Stati Uniti, ciò è avvenuto con la predisposizione a molti livelli (dalle istituzioni federali ai contesti statali, fino alle municipalità cittadine) di svariate iniziative. Si tratta, per esempio, della redazione di manuali che prendono in considerazione tutti gli aspetti della preparazione, dall’organizzazione familiare per l’identificazione di luoghi ove ritrovarsi alle scorte alimentari, idriche, di fonti alternative di energia, fino alla pet preparedness, la corretta assistenza ai componenti non umani della famiglia. Ma sono ricomprese anche attività di mantenimento della preparazione e di training per rendere normali e consuete azioni che, in condizioni di emergenza, sarebbero invece dettate da paura e improvvisazione.7 

La trasformazione di emergenze e allarmi nella capacità di convivere con l’incertezza quotidiana, infatti, è un rimedio efficace contro possibili risposte dettate dal panico. La familiarità con i corretti corsi di azione emergenziali può mutare la paura dell’inaspettato in consolidamento di esperienze, conoscenze, pratiche creative, visione solidale e responsabilità civica.

Ma tutte queste competenze organizzate e i rapporti di fiducia tra istituzioni e cittadini che le accompagnano non possono essere improvvisati. Questa organizzazione e la delega di competenze e conoscenze si costruisce nella collaborazione non emergenziale della vita quotidiana, nel rispetto tra governanti e governati, nella percezione diffusa che i poteri delle autorità rappresentino sempre forme di servizio alla cittadinanza. 

Per esempio, il ruolo fondamentale riconosciuto oltreoceano alla citizen science e alla ricerca collaborativa – le conoscenze e le attività scientifiche gestite direttamente da cittadini o in collaborazione con istituzioni – è un tassello importante nella costruzione della preparedness, perché contribuisce a creare rapporti di fidata consuetudine tra istituzioni, scienziati e cittadini. E questa abitudine a collaborare è essenziale nei momenti di crisi.

Già nel 2015, John Holdren – allora chief-scientist del Presidente Obama e direttore dell’Office of Science and Technology Policy – aveva spinto le agenzie federali statunitensi a predisporre gli strumenti di supporto ai progetti scientifici presentati dai cittadini. Oltre a riconoscere il valore metodologico dei progetti di ricerca civici – vale a dire: competenza dei cittadini nel formulare e condurre esperimenti scientifici; capacità di raccogliere, analizzare e interpretare i risultati; abilità di fare nuove scoperte, sviluppare tecnologie e risolvere questioni complesse –, Holdren ne sottolineava la funzione di rafforzamento della fiducia verso le istituzioni.8

Ma l’incertezza non si palesa solo nelle emergenze. Le condizioni di post-normalità della scienza per la policy identificate da Silvio Funtowicz e Jerome Ravetz ormai oltre trent’anni fa – fatti incerti, valori controversi, poste in gioco alte e decisioni urgenti – ne descrivono oggi la quotidianità.9 E questa quotidiana incertezza rende la preparedness un elemento essenziale dell’impegno civico necessario al funzionamento delle società: ciò che è stato chiamato “educazione civica alla scienza”.10

Questo è ciò che il video della Commissione europea avrebbe voluto segnalare e che il testo della Comunicazione meglio precisa. Non l’elenco degli oggetti da mettere nello zainetto salvavita, ma quali rapporti di conoscenza credibile e fidata debbano essere progressivamente costruiti tra istituzioni e cittadini. 

La Comunicazione propone un’organizzazione onnicomprensiva della preparedness, che coinvolge un approccio integrato di preparedness by-design a tutti i rischi (integrated all-hazards approach), alla società nel suo insieme (whole-of-society approach) e a tutti i livelli di governo (whole-of-government approach). E annuncia la predisposizione di una specifica legge sul tema, la Preparedness Law.

Per quanto riguarda le possibili fonti di rischio, il factsheet della Comunicazione introduce una quanto meno insolita categorizzazione, che qualifica come “naturali” i cambiamenti legati a fattori climatici e come human-induced le pandemie, gli incidenti industriali e tecnologici; cita per ultimi gli eventi geopolitici, come le possibili aggressioni a Stati membri.11

La preparazione del pubblico è collocata at the core of preparedness e muove dalla necessità di migliorare le capacità dei cittadini sia con programmi e curricula educativi sia importando in Europa specifiche competenze specialistiche. Secondo i dati di un Eurobarometro del 2024, infatti, i cittadini europei lamentano la scarsa diffusione di conoscenze adeguate e supporto istituzionale per fare fronte a eventuali emergenze.12

E qui si colloca anche l’esigenza di sviluppare e mantenere le capacità di provvedere in autonomia alla sopravvivenza per un periodo di 72 ore – un lasso temporale, ripreso dalle previsioni delle agenzie statunitensi, che consenta la piena attivazione degli interventi istituzionali.  

Se in Europa non esiste una cultura di preparedness, ancora meno questa è presente in Italia, dove lo sviluppo di competenze civiche è sempre stato il risultato dell’organizzazione civica spontanea o di forme di ricerca collaborativa13 e citizen science non sostenute e spesso misconosciute dalle istituzioni14.

Anche dopo il terremoto dell’Aquila del 2009, il portale della Commissione grandi Rischi presentava come test di preparazione dei cittadini per affrontare un sisma la capacità di rispondere correttamente a domande come: «è vero che gli animali avvertono i terremoti prima degli esseri umani?» oppure «Che cosa fai se vivi in una zona sismica: cambi città?».

Il rapporto dell’International Commission on Earthquake Forecasting for Civil Protection del maggio 2011 osservava proprio che la fiducia tra istituzioni e cittadini sviluppata attraverso un protratto dialogo e la capacità di essere sempre pronti per l’inaspettato erano stati gli elementi decisivi che erano mancati all’Aquila.15

Se, come ha scritto Bruna De Marchi, «la relazione filtra il contenuto», cioè «la valutazione di un messaggio è ampiamente influenzata dalle nostre opinioni su chi lo promuove e diffonde», nel nostro Paese e in Europa la relazione tra cittadini e istituzioni sembra tutta da costruire.16

Ma se la cifra della preparedness si può scorgere nel suo radicamento nella solidarietà civica, la Comunicazione del 26 marzo ricollega, invece, l’essere pronti all’eventualità della guerra.17 E tale prospettiva rivela aspetti inquietanti proprio nel radicale capovolgimento di uno dei tratti più consolidati di scienza e ricerca scientifica europee: l’etica.

Infatti, l’elevata preoccupazione etica per il cosiddetto dual use, la possibile duplice applicazione e implementazione della ricerca in ambito civile e militare, ha costituito un carattere costante dei Programmi quadro dell’Unione europea: una duplicità eticamente problematica da denunciare e giustificare in ogni progetto europeo. 

Ma questa prospettiva sembra non esistere più e il nuovo mantra delle istituzioni europee suona molto diverso. La Commissione ora “promuove” – in ogni infrastruttura, tecnologia, intervento medico ecc. – il dual use by design: ogni tecnologia civile deve anche essere costruita per fini militari.18 

Il Dipartimento della Protezione Civile è una struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri istituita nel 1982 per dotare il Paese di un organismo di assistenza alla popolazione in caso di emergenze. Il Decreto Legislativo n.1 del 2 gennaio 2018 introduce il Codice della protezione civile, che disciplina organicamente la materia.

Di partecipazione e cittadinanza attiva si occupa l’art. 31 del Codice, secondo cui «il Servizio nazionale promuove iniziative volte ad accrescere la resilienza delle comunità, favorendo la partecipazione dei cittadini, singoli e associati, anche mediante formazioni di natura professionale, alla pianificazione di protezione civile come disciplinata dall'articolo 18, e la diffusione della conoscenza e della cultura di protezione civile» (comma 1). E ancora: «I cittadini possono concorrere allo svolgimento delle attività di protezione civile, acquisite le conoscenze necessarie per poter operare in modo efficace, integrato e consapevole, aderendo al volontariato organizzato […] ovvero, in forma occasionale, ove possibile, in caso di situazioni di emergenza, agendo a titolo personale e responsabilmente per l'esecuzione di primi interventi immediati direttamente riferiti al proprio ambito personale, familiare o di prossimità, in concorso e coordinandosi con l’attività delle citate organizzazioni» (comma 3). (nota 1)

La norma ribadisce l’occasionalità dell’intervento dei cittadini che non siano ufficialmente parte di organizzazioni; le istruzioni circa i comportamenti da tenere sono frammentarie e top-down. Mancano effettive forme di empowerment.

Nota

1. Dipartimento della protezione civile. Domande e risposte. Disponibile all'indirizzo:  https://domande-risposte.protezionecivile.gov.it/it/cittadini/  (ultimo accesso: 21.06.2025).

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia e note

  1. Preparedness Bag for a 72 Hour survival. Video disponibile all’indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=A5rCEb16yTY (ultimo accesso: 15.04.2025).
  2. European Commission. Joint Communication to the European Parliament, the European Council, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions on the European Preparedness Union Strategy. Brussels 26.3.2025. Disponibile all’indirizzo: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=celex:52025JC0130
  3. Institute of Medicine (US) Committee for the Study of the Future of Public Health. The Future of Public Health. Washington DC, National Academy Press, 1988; p. 19.
  4. Proceedings of the First National Summit on Public Health Legal Preparedness. June, 2007. Atlanta, Georgia, USA. J Law Med Ethics 2008;36(1 Suppl):1-67. Il concetto di legal preparedness è qui definito: «The capability of the public health and health care systems, communities, and individuals, to prevent, protect against, quickly respond to, and recover from health emergencies, especially those whose scale, timing, or unpredictability threatens to overwhelm routine capabilities» (p. 14).
  5. World Health Organization. International health regulations. Geneva, WHO, 2005, https://www.who.int/ihr/en/ (ultimo accesso: 6 marzo 2020) e proposte di modifica nel 2024: Seventy-seventh World Health Assembly, Agenda item 13.3, International Health Regulations (2005), A77/A/CONF./14, 1 June 2024.
  6. World Health Organization. WHO Pandemic Agreement.  Intergovernmental Negotiating Body to draft and negotiate a WHO convention, agreement or other international instrument on pandemic prevention, preparedness and response. 78th World Health Assembly, 14 May 2025. Disponibile all’indirizzo: https://apps.who.int/gb/ebwha/pdf_files/WHA78/A78_10-en.pdf (ultimo accesso 18.06.2025).
  7. Per esempio: Federal Emergency Management Agency (FEMA). Basic Preparedness. https://www.fema.gov/pdf/areyouready/basic_preparedness.pdf (ultimo accesso: 15.04.2025).
  8. Holdren J. Addressing Societal and Scientific Challenges through Citizen Science and Crowdsourcing – Memorandum to the Heads of Executive Departments and Agencies. Washington DC, Office of Science and Technology Policy, 30.09.2015.
  9. Funtowicz SO, Ravetz JR Science for the post-normal age. Futures 1993;25(7):739-55.
  10. Pitrelli N, Tallacchini M. Manifesto per un’educazione civica alla scienza. Torino, Codice, 2023.
  11. European Commission. Factsheet on the EU Preparedness Union Strategy. Luxembourg, Publications Office of the European Union, 2025. Disponibile all’indirizzo: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/fs_25_858 (ultimo accesso: 15.04.2025).
  12. European Union. Perceptions of EU crisis management. Aprile 2024. Disponibile all’indirizzo: https://europa.eu/eurobarometer/surveys/detail/3220 (ultimo acceso: 15.04.2025).
  13. Biggeri A. Metodologia per la ricerca partecipata: i quesiti di ricerca. Epidemiol Prev 2023;47(4-5):237-39. doi: 10.19191/EP23.4-5.062.
  14. Cfr. sull’iniziativa di misurazione civica del PM2,5 a Firenze: Tallacchini M. Scienza e diritto in tribunale. Epidemiol Prev 2014;38(3-4):159-16.
  15. Jordan T, Chen Y, Gasparini P et al. Operational Earthquake Forecasting: State of Knowledge and Guidelines for Utilization. Annals of Geophysics 2011;54(4). doi: 10.4401/ag-5350
  16. De Marchi B. Fare, comunicare, condividere. Epidemiol Prev 2012;36(3-4):217-18.
  17. La Comunicazione della Commissione rielabora le conclusioni del rapporto dell’ex-presidente finlandese Sauli Niinistö, consulente speciale del Presidente della Commissione Europea: Safer Together. Strengthening Europe’s Civilian and Military Preparedness and Readiness. November 2024 Disponibile all’indirizzo: https://civil-protection-knowledge-network.europa.eu/media/safer-together-strengthening-europes-civilian-and-military-preparedness-and-readiness (ultimo accesso: 15.04.2025).

 

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