Il posto dell'epidemiologia nella riprogrammazione del SSN: dopo il dibattito si passa all'azione
PARTECIPATE inviando proposte scritte entro il 10 dicembre
Il Direttivo dell’AIE si impegna a valorizzarle nel documento di proposte operative che verrà redatto entro la fine dell’anno. Auspichiamo la partecipazione più ampia possibile a questa iniziativa, che rappresenta a nostro avviso un’imperdibile occasione di rilancio dell’epidemiologia e di riforma del sistema della sanità pubblica italiana.
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Intercettare le direttrici della riprogrammazione delle funzioni e delle attività del Servizio sanitario nazionale per costruire una prospettiva di consolidamento della funzione epidemiologica in Italia è stato l’obiettivo del dibattito promosso in questi ultimi mesi dalla Direzione di E&P e dall’Associazione italiana di epidemiologia.
Tale rinnovata funzione, innescata anche dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, deve garantire:
- “l’erogazione dell’epidemiologia” in modo omogeneo in tutte le Regioni,
- l’innovazione continua verso la produzione di evidenze utili per sostenere il ruolo del SSN nelle sue funzioni di promozione della salute delle persone e delle comunità in modo equo, inclusivo e sostenibile.
Non è la prima volta
Non è di certo la prima volta che l’epidemiologia italiana si confronta su questi temi: è del 2016 l’importante sforzo di riflessione condotto dalla Segreteria AIE di Fabrizio Faggiano, all’indomani di alcuni interventi sull’architettura istituzionale promossi sugli Enti di riferimento nazionali. L’articolo declinava in modo sistematico e ragionato le funzioni cardine dell’epidemiologia, associando a queste possibili modelli organizzativi, e concludeva auspicando «la necessità di ridefinire i livelli minimi di epidemiologia per i diversi livelli nazionali e regionali dell’SSN, che possano guidare gli interventi di riorganizzazione delle funzioni di epidemiologia e contribuire a una modernizzazione della sanità pubblica italiana».
A distanza di cinque anni prendiamo atto che gli auspici espressi non hanno trovato riscontro in concrete iniziative a livello di sistema e riteniamo necessario riflettere sulle motivazioni – senza eludere l’esigenza di una rivisitazione critica dell’efficacia delle modalità di rappresentare le istanze della nostra comunità professionale – per individuare strategie di rilancio.
Mancanza di coordinamento durante la pandemia e le risposte dell’AIE e di E&P
Durante la pandemia è stata evidente la difficoltà di proporre un’agenda, a livello nazionale e regionale, in grado di orientare i processi decisionali ponendo alla base le evidenze scientifiche già disponibili, ovvero di indicare il percorso di costruzione di quelle necessarie. In assenza di un coordinamento nazionale delle strutture regionali e aziendali di epidemiologia e sanità pubblica – anche per effetto del superamento del Centro nazionale di epidemiologia sorveglianza e promozione della salute (CNESPS) – l’AIE ed E&P hanno colto il bisogno degli operatori di uno spazio di riflessione e confronto che consentisse di sublimare le pressioni quotidiane degli innumerevoli adempimenti giornalieri e settimanali legati alla sorveglianza COVID-19.
È stato creato il repository degli studi, sono stati organizzati webinar, predisposti position paper e, sulla spinta dei soci, creati dei gruppi di lavoro che hanno prodotto e continuano a produrre riflessioni metodologiche (GdL Ricerca clinico-epidemiologica, GdL Studi caso-controllo sulle circostanze di esposizione, GDL contact tracing), pezzi di conoscenza (GdL Sorveglianza dell’Incidenza e GdL Studi regionali sulla mortalità) e persino strumenti di analisi (GdL MADE): tutto ciò ha contribuito a creare momenti di condivisione che hanno consentito di tenere vivo e stimolare un approccio di metodo nella lettura dei fenomeni sanitari e sociali associati alla pandemia (da ultimo, con la nascita del GdL COVID e scuola).
Ma proprio questa esperienza rende ancora più cogente l’esigenza di definire modalità e percorsi istituzionali in grado di garantire alla produzione di conoscenze epidemiologiche un’esigibilità omogeneamente distribuita. La prima monografia dedicata al COVID-19 di E&P, così come la seconda in corso di realizzazione, valorizza i numerosi e interessanti contributi prodotti dai vari gruppi italiani: tuttavia, non si può negare che il panorama che emerge fotografa in modo plastico – ancora una volta – la disomogeneità nella realizzazione di attività di analisi e ricerca tra le regioni e la necessità di un coordinamento dei vari livelli.
Nella prospettiva di un rilancio della funzione epidemiologica nel SSN, anche in vista dell’aggiornamento del Piano Pandemico, l’esperienza quotidiana della sorveglianza, fra le altre cose, ha evidenziato le criticità associate all’aver trascurato la cosiddetta “epidemiologia di campo”, rimasta priva non solo di riferimenti e risorse ma, soprattutto, di formazione continua e costruzione di competenze diffuse sul territorio, come evidenziato da Russo.
Il perimetro entro il quale ridefinire le funzioni dell’epidemiologia
Alla luce di queste considerazioni, crediamo che non sia rinviabile una sistematizzazione stabile delle funzioni di epidemiologia che, a partire dalle esperienze e dalle criticità attraversate, punti a una riorganizzazione delle strutture all’interno del SSN, accompagnandone le indiscutibili esigenze di cambiamento.
Gli spazi per svolgere questa ristrutturazione sono di fatto già definiti e sono stati più volte ricordati nel corso del dibattito (Maffei, Costa, Davoli, Cadum, Faggiano):
- i “nuovi” LEA della prevenzione,
- il “nuovo” Sistema di Garanzia di erogazione dei LEA,
- il Piano Nazionale Esiti,
- il Piano Nazionale delle cronicità,
- il Piano Nazionale di Prevenzione e
- i piani regionali in corso di redazione,
- la Rete nazionale dei Registri Tumori,
- i Sistemi di sorveglianza di popolazione.
Tutte queste attività contengono previsioni che hanno come presupposto una presenza (locale e regionale, oltre che nazionale) di strutture di epidemiologia con uniformi competenze e possibilità di accesso a dati e flussi informativi che non corrisponde alla realtà: tali previsioni tuttavia definiscono il perimetro entro il quale operare in prima battuta il ridisegno dei modelli organizzativi e di funzionamento dell’epidemiologia nel SSN. Tutto ciò persino al netto delle strategie e delle risorse collegate al PNRR, da cui procedere per i successivi necessari avanzamenti in una logica prospettica di evoluzione del SSN verso obiettivi di salute definiti e misurabili.
Le sfide
Questo quadro apparentemente favorevole non deve portarci a semplificare il ragionamento sulle sfide e sui nodi critici del percorso, descritti da Saitto e Davoli.
Molti dei contributi giunti inquadrano il dibattito sulle funzioni dell’epidemiologia alla luce delle riflessioni sulle esigenze di ripensamento delle modalità di funzionamento del SSN, innescate dalle risorse rese disponibili da ultimo con il PNRR: se la sfida della sanità pubblica è quella di maturare la capacità di esercitare un’advocacy – operativa e non solo dichiarata – nei confronti delle politiche sanitarie ed extrasanitarie in un’ottica di promozione della salute e del benessere inclusivo, equo e sostenibile, è necessario un cambiamento radicale e complessivo che porti effettivamente la prevenzione al centro di un sistema sanitario (Saracci) che voglia (e sia in grado di) misurarsi sulla base di obiettivi di salute (Paci).
Superare disomogeneità e frammentazione
Tuttavia ciò richiede di sottrarsi alla logica della contingenza, ma anche a quella delle opportunità estemporanee e non solo sul piano delle riflessioni, accogliendo l’invito di Scondotto di sviluppare un dialogo maturo con i nostri interlocutori istituzionali: occorre portare a sintesi delle proposte operative che possano concretamente consentire il superamento della disomogeneità, della frammentazione e delle difficoltà quotidiane di svolgimento di attività di epidemiologia, perché siano in grado di interferire effettivamente con il sistema e di produrre i miglioramenti nella salute e nel benessere delle persone e delle comunità, che sono il fine ultimo delle nostre attività.
I valori della nostra disciplina che la rigidità del SSN fatica ad accogliere
In primo luogo, dobbiamo riconoscere che, tra le ragioni che hanno reso diseguale, e talvolta persino occasionale, la strutturazione delle funzioni epidemiologiche, ve ne sono alcune che sono per noi tra i principi fondativi della disciplina: i valori dell’indipendenza, della trasversalità, dell’interdisciplinarietà, dell’intersettorialità, della sensibilità agli stimoli e ai segnali, della vocazione alla ricerca, intrinseca nel processo di costruzione delle conoscenze, fanno fatica a trovare uno spazio di agibilità in un sistema dall’organizzazione e dal funzionamento rigidi e gerarchici (certamente obsoleti) come il SSN. Ancora più difficile è garantirli in modo uniforme nelle pieghe delle modalità con cui le regioni e le province autonome hanno poi ulteriormente declinato il funzionamento del sistema.
L’AIE
L’Associazione Italiana di Epidemiologia conta, nell’ottobre 2021, 409 soci e socie, di cui 80 iscritti nell’ultimo anno: il 62% si dichiara di sesso femminile; il 50% dei soci si colloca in una fascia di età tra 40-59 anni, il 30% ha meno di 40 anni. Dei 285 di cui conosciamo il titolo di studio, il 44% ha una laurea in medicina, il 22% in statistica e il 13% in biologia, ma si contano ben 35 tipologie diverse di corsi di studio. Il 45% dei soci risiede in sole due regioni (Piemonte e Lazio): più in generale il 33% dei soci è collocato nel nord Italia, il 53% nel centro e solo il 14% nel sud. Non si contano iscritti/e nelle regioni Basilicata, Calabria, Molise, Valle d’Aosta, Sardegna. Il 31% dei soci lavora in una struttura regionale, il 19% in una struttura aziendale locale, l’11% in una struttura nazionale. Il 33% opera in centri di ricerca (Università, IRCCS, CNR), il 2% in ARPA/APPA.
Senza alcuna presunzione di considerare l’AIE come esaustiva del quadro dell’epidemiologia in Italia, vi sono almeno tre aspetti che, leggendo questi dati, sollecitano una riflessione: la sicura sottorappresentazione degli operatori delle strutture aziendali; la storica, persistente disomogenea distribuzione territoriale, aggravata dalla difficoltà da parte dell’associazione di raggiungere alcune regioni dove certamente sono presenti operatori e centri; l’incredibile varietà delle traiettorie che hanno portato professionisti di estrazioni diversissime a occuparsi di epidemiologia (le “varianti” di cui parla Cislaghi), in particolare tra i più giovani.
L’ineludibile dialogo con le altre discipline
Se questo quadro delinea per AIE alcune criticità da affrontare, per altro verso riflette l’esigenza da un lato di porre una maggiore attenzione verso i centri locali e di sostenere una cultura epidemiologica diffusa; dall’altro, di preservare e promuovere la ricchezza dei contributi che possono venire dal mosaico della multidisciplinarietà, collocando l’epidemiologia – come scrive Giorgi Rossi – «all’interno di un processo di produzione delle conoscenze scientifiche che coinvolge tutti i ricercatori e i clinici del servizio sanitario» (e non solo).
Questa è una sfida ineludibile, dal momento che la varietà di profili dei soci che oggi leggiamo non si è prodotta per effetto del caso, ma è la diretta ricaduta degli sforzi che l’epidemiologia italiana ha fatto cercando un dialogo con le altre discipline, sanitarie e non, nel tentativo di migliorare e arricchire le proprie capacità di analisi e proposta ed è uno dei contributi essenziali che l’epidemiologia porta in dote al SSN, purché esso sia in grado di adattarsi per accogliere questa specificità.
Tre strade per passare all'azione
Entrando nel merito della proposta, riteniamo che occorra compiere uno sforzo di concretezza, perseguendo tre strade che conducano ad un’interlocuzione operativa con gli Organi centrali:
- Formalizzare i contenuti delle attività di epidemiologia all’interno del SSN/SSR, collegati in primo luogo ai LEA e quindi ai documenti di pianificazione nazionale già menzionati in precedenza, associando standard operativi (requisiti organizzativi, strumentali e tecnologici) e indicatori di valutazione delle performance che ne renda misurabile l’attività, e magari anche l’impatto
- Accompagnare il processo di consolidamento di una rete dei servizi di epidemiologia, a livello nazionale e all’interno di ciascuna regione, all'interno del SSN, ma in grado di stabilire connessioni funzionali chiare e definite (anche in termini di accesso ai dati) con i centri universitari e di ricerca e il Sistema Nazionale di Protezione Ambientale.
- Definire il curriculum formativo e professionale della figura dell’epidemiologo nel SSN/SSR, valorizzando le caratteristiche di multidisciplinarietà insite nelle nostre attività: si tratta di un percorso che deve individuare sia soluzioni immediate – per garantire spazi agli operatori che già possiedono le competenze, ma non i titoli abilitanti, sia soluzioni a regime, identificando puntualmente il necessario aggiornamento dei profili ai ruoli del SSN e le esigenze di innovazione di percorsi di studio accademici agganciati a sbocchi professionali certi. Un’attenzione specifica merita la garanzia dell’equa opportunità di progressione di carriera e certamente il superamento definitivo del ricorso al precariato come soluzione alla fragilità strutturale e per lo svolgimento delle funzioni istituzionali
Garanzia di accesso a dati di qualità
Evidentemente, l’individuazione dei livelli essenziali di epidemiologia si deve accompagnare, con la regia del “pensiero epidemiologico” di cui parla Marina Davoli, ai dati e ai flussi informativi socio-demografici e sanitari necessari alla loro produzione, con la contestuale identificazione dei necessari requisiti di qualità e completezza, oltre che delle regole di accesso e trattamento che garantiscano la tempestività e l’interoperabilità delle fonti, ma anche la condivisione nella comunità scientifica. In questa direzione si muove ad esempio l’iniziativa “Alleanza per la Ricerca con Dati Sanitari (ARCA)”, promossa dalla SISMEC cui AIE sta offrendo il proprio contributo insieme alla SITI, al Centro Interuniversitario “Healthcare Research & Pharmacoepidemiology e all’Associazione Interuniversitaria "Advanced School of Public Health, Epidemiology and Biostatistics". E, in questa prospettiva, è necessario provare a trovare spazi di interlocuzione istituzionale per incidere sul tema dell’investimento “Infrastruttura tecnologica del Ministero della Salute e analisi dei dati e modello predittivo per garantire i LEA e la sorveglianza e vigilanza sanitaria” previsto nella mission 6 del PNRR, e dell’Health Prevention HUB (Maffei, Cadum).
Rimboccarsi le maniche
Ciò di cui dobbiamo essere consapevoli è che l’innesco del processo, e le sue possibilità di successo, sono per la gran parte sotto la nostra responsabilità, per lo meno nella parte collegata alla nostra capacità di formulare, rappresentare proposte valide e credibili e cercare alleanze con le associazioni e le società scientifiche nell’ambito della sanità pubblica.
Una grande opportunità
Una opportunità concreta di dialogo con gli Organi Centrali si è aperta con l’istituzione, da parte del Ministero della Salute, del Tavolo di lavoro per il rafforzamento della prevenzione e promozione della salute, cui è affidato il compito di ridefinire la mission e i modelli organizzativi della prevenzione nel complessivo scenario evolutivo del SSN: in questo contesto, abbiamo l’opportunità di presentare soluzioni operative di rilancio e consolidamento della funzione epidemiologica nel SSN.
Per fare ciò riteniamo necessario avviare un percorso, il più possibile condiviso, di costruzione di proposte che arrivino a definire, entro un orizzonte temporale compatibile con la rapidità con cui si stanno assumendo le decisioni a livello nazionale, un’agenda operativa da sottoporre agli interlocutori istituzionali che faccia tesoro delle esperienze del passato e di tutti i contributi al dibattito già giunti, posizionandoli in una prospettiva di riorganizzazione corrispondente alle aspettative e ai bisogni del presente e del futuro e cogliendo le opportunità offerte dalla molteplicità dei punti di vista presenti nella nostra comunità e le sollecitazioni giunte in questo senso da Saracci, ripreso da Ricceri.
PARTECIPATE TUTTE/I inviando proposte scritte entro il 10 dicembre
A questo scopo, sul sito di Epidemiologia&Prevenzione è stato predisposto un apposito spazio per raccogliere i contributi che i soci e le socie vorranno far pervenire entro il 10 dicembre 2021. Il Direttivo dell’AIE si impegna a valorizzarli nel documento di proposte operative che verrà redatto entro la fine dell’anno. Auspichiamo la partecipazione più ampia possibile a questa iniziativa, che rappresenta a nostro avviso un’imperdibile occasione di rilancio dell’epidemiologia e di riforma del sistema della sanità pubblica italiana.