Osservazioni sullo studio di Ferroni E. et al. riguardante l’impatto delle emissioni di un cementificio nel comune di Pederobba (TV)
Il lavoro di Ferroni at al. pubblicato su questa rivista1 presenta aspetti problematici che, a parere di chi scrive, non ne giustificano le conclusioni: «I risultati del presente studio non suggeriscono l’esistenza di una relazione chiara e ben caratterizzabile tra l’esposizione agli inquinanti emessi dal cementificio situato nel comune di Pederobba e l’insorgenza di patologie croniche».
I confronti proposti dal lavoro risultano problematici: non si comprende perché, invece di un confronto tra esposti e non esposti in tutta l’area dello studio, il lavoro confronti dapprima gli abitanti di Pederobba (in parte esposti e in parte non esposti come da figura 2 p. 85) con i residenti nei comuni limitrofi, poi esegua un confronto interno al comune di Pederobba tra esposti e non esposti.
Anche al di fuori del comune di Pederobba vi sono zone con ricadute del cementificio. Basta infatti allungare idealmente la mappa in figura 2 per accorgersi che parte del comune di Cornuda posto a Sud contiene un’area esposta. Ed è altrettanto sensato presupporre che le ricadute dell’impianto non rispettino i confini amministrativi. Non è, quindi, comprensibile la scelta degli Autori di effettuare questi due confronti, quando sarebbe stato forse più semplice e sicuramente più valido il confronto tra esposti e non esposti in tutta l’area considerata. È infatti ben noto come la misclassificazione dell’esposizione porti normalmente a una sottostima del rischio.
Un altro elemento di dissenso rispetto al disegno utilizzato consiste nel fatto che lo studio considera solo il primo ricovero per causa, oltretutto limitato alla causa principale. Se per identificare i casi incidenti di una malattia (in particolare le neoplasie) questa metodologa è valida, per le patologie cardiorespiratorie per valutare gli effetti sulla salute l’indicatore più appropriato è la frequenza dei ricoveri, anche nello stesso soggetto.
Eccessi per patologie respiratorie e circolatorie sono comunque presentati nella tabella 5 (p. 88), nonostante il disegno dell’analisi dello studio presenti i problemi di classificazione di esposti e non esposti sopra descritti.
Per quanto riguarda i tumori, che non presentano eccessi di sorta, sarebbe stato più appropriato considerare una coorte con un più lungo periodo di esposizione e quindi costruita a partire da anagrafi più remote. Il fatto che l’azienda abbia iniziato l’attività nel 1953 nulla dice sulla durata di esposizione delle popolazioni considerate. Una possibile alternativa sarebbe stato un confronto interno, limitato ai soli esposti, sulla durata di esposizione, cioè di residenza nell’area esposta, con metodologia caso-controllo.
Per quanto riguarda il confronto interno ai residenti nel comune di Pederobba, gli estensori dell’articolo non possono ignorare che per conto del Comune sono state prodotte differenti mappe di ricaduta. Avrebbero dovuto utilizzare anche queste mappe per lo studio o, in alternativa, esplicitare perché non ne abbiano fatto uso.
I livelli di NO2 attribuibili al cementificio sono molto bassi (p. 85). Il lavoro avrebbe dovuto chiarire come NO2 costituisca un tracciante delle emissioni nel loro complesso. Non si comprende, quindi, il senso della frase di p. 85: «Questi valori di concentrazione risultano molto bassi, perché inferiori di 1-2 ordini di grandezza rispetto al valore limite di qualità dell’aria stabilito dalla normativa vigente, pari a 40 µg/m3 media annuale».
Si nota anche come sia del tutto priva di fondamento la frase dell’introduzione (p. 83): «in nessuno studio, tuttavia, è stato possibile riscontrare una relazione dose-effetto». Nello studio di Bertoldi et al.,2 firmato anche da chi scrive e referenziato nell’articolo come (5), questa relazione è ben evidente e statisticamente significativa.
Né si può parlare di “effetto delle emissioni dei cementifici” citando (7,8), due lavori che considerano solo la salute dei lavoratori addetti alla produzione del cemento.
Da ultimo, notiamo come vengano riferiti in modo capzioso nella discussione i risultati dello studio italiano condotto da chi scrive.2 Gli Autori, infatti, riportano: «Uno studio caso-controllo condotto in Italia (5) non mette in luce alcun rischio di ricoveri ospedalieri per cause respiratorie maggiore nell’area a più elevata concentrazione di inquinanti rispetto a quella di livello intermedio». Infatti, detto studio (4 nella bibliografia dell’articolo) riporta per i ricoveri respiratori un rischio leggermente inferiore nella categoria ad alta esposizione (1,39) rispetto a quello a esposizione intermedia (1,71) e il trend non è significativo. Un eccesso nelle due categorie a maggior esposizione è comunque presente e invocare la mancanza di una relazione dose-risposta rappresenta una lettura parziale dello studio in questione,2 che riporta comunque eccessi importanti di patologie sia cardiache sia respiratorie, e anche un eccesso di ricoveri nei bambini che non è stato neppure esplorato nel lavoro che sto commentando.
Infine, il richiamarsi ad altri fattori nelle conclusioni come causa degli «eccessi di rischio in termini di mortalità e ospedalizzazione, rilevati soprattutto nella popolazione femminile» prefigurando ulteriori ricerche «includendo anche stili di vita e altri fattori di rischio individuali» lascia altrettanto perplessi. È infatti poco verosimile che gli stili di vita siano molto differenti tra i residenti delle aree a diversa esposizione.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Bibliografia
- Ferroni E. et al. Studio di coorte residenziale per valutare l’impatto delle emissioni di un cementificio sullo stato di salute della popolazione di Pederobba (Treviso). Epidemiol Prev 2021;45(1-2):82-91.
- Bertoldi M, Borgini A, Tittarelli A et al. Health effects for the population living near a cement plant: an epidemiological assessment. Environ Int 2012;41:1-7.
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