Rubriche
22/12/2011

Telefoni mobili, incertezza e precauzione

E&P ha affrontato più volte il soggetto dei telefoni mobili (TM) e dei possibili rischi derivati dal loro uso, soprattutto se continuo e prolungato. Anche recentemente è stato pubblicata una metanalisi di Angelo Levis e colleghi1 che propone un confronto critico fra vari studi sulla possibile relazione tra uso di TM e tumori alla testa.

Oltre che essere dibattuto sulle riviste scientifiche, il tema è periodicamente riproposto all’attenzione del grande pubblico attraverso la stampa non specializzata, la radio e la TV, e recentemente è stato affrontato anche nella puntata del 27 novembre 2011 della popolare trasmissione Report, condotta su RAI 3 da Milena Gabanelli.2 Nella questione confluiscono vari aspetti: scientifici (inclusi quelli metodologici), etici, e relativi a scelte di policy e a strategie di informazione e comunicazione. In questo come in altri casi riguardanti i rischi legati alle moderne tecnologie, i dibattiti sono animati e le polemiche spesso feroci anche fra ricercatori. Anche non considerando conflitti di interesse e casi di vera e propria corruzione, certamente non irrilevanti ed anzi spesso centrali, arrivare a certezze definitive attraverso l’applicazione di robuste metodologie scientifiche che producano incontestabili evidenze appare difficile, se non impossibile.

Problemi trans-scientifici e percezione del rischio

Per descrivere tali situazioni, e riferendosi nella fattispecie al rischio derivato da basse esposizioni alle radiazioni ionizzanti, quarant’anni fa il fisico nucleare Alvin Weinberg coniò il termine trans-science.3 L’espressione riscosse largo consenso perché molti ricercatori e amministratori pubblici si riconobbero nell’esperienza da cui essa aveva avuto origine e ne estesero l’uso a situazioni diverse da quelle degli studi di laboratorio e sperimentali per cui era stata originariamente foggiata, riferendola anche ai modelli di simulazione computerizzati e alla gran parte delle questioni che, in numero crescente a partire dagli anni 70, venivano affrontate dalle agenzie con compiti di regolamentazione e controllo in materia di tecnologie, ambiente e salute.

Ma non è su questo che intendo qui soffermarmi,4 bensì della percezione del rischio con riguardo all’uso dei TM (in particolare dei cellulari), che non sembra essere molto diffusa, o almeno non tanto da limitarne l’uso. Le preoccupazioni della gente in relazione alle emissioni derivate dai campi elettromagnetici sembrano indirizzarsi piuttosto verso le antenne per la telefonia mobile e le linee ad alta tensione per il trasporto dell’energia elettrica.

Le componenti dei profili di rischio che gli psicologi sperimentali hanno individuato in molti anni di ricerche, e di cui ho già parlato in un precedente numero di questa rubrica,5 forniscono una prima chiave di lettura per comprendere questa (apparente) contraddizione. Mi soffermerò su alcuni fattori che appaiono di particolare rilevanza in relazione al problema specifico. Innanzitutto l’esposizione al potenziale pericolo che appare come volontaria anziché imposta e, appunto in quanto soggetta alla scelta personale dell’utilizzatore del cellulare, da lui stesso controllabile. È una convinzione in qualche modo ingenua, perché non tiene conto del potere condizionante della tecnologia e del mercato che influenzano pesantemente, e spesso senza che ne siamo consapevoli, le nostre abitudini e le nostre scelte. Al giorno d’oggi “essere costantemente in contatto” appare una necessità imprescindibile, per ragioni non solo pratiche, ma anche di immagine; per sentirsi “inseriti”, moderni e à la page. Inoltre il cellulare è ormai un oggetto familiare che nel linguaggio comune definiamo con un diminutivo che ha un che di vezzeggiativo: telefonino. Non risulta spontaneo pensare che un tale oggetto, di uso comune e quotidiano, pratico, “carino” e facile da utilizzare potrebbe essere una fonte di pericolo. È possibile suggerire un parallelo fra un “utilizzatore compulsivo” del cellulare e un fumatore incallito che, in mancanza di sintomi, ritiene che il tabacco non gli faccia male ed è comunque convinto che, all’apparire del minimo segnale, sarebbe capace di abbandonarne l’uso.

Dinamiche di mercato e tutela del cittadino

La differenza è che il fumatore è avvertito dei rischi che corre, attraverso campagne di informazione ripetute e con messaggi scritti sullo stesso oggetto di consumo (il pacchetto di sigarette). L’efficacia di tali avvertimenti per proteggere la salute dei cittadini è assai dubbia, mentre lo è sicuramente per evitare alle multinazionali del tabacco di dover continuare a rifondere danni multimilionari per non aver diffuso, o aver addirittura occultato, l’esistenza di dati scientifici sulla relazione fra consumo della sostanza e rischio di tumore al polmone ed altri organi.6 L’assenza di avvertimenti agli utilizzatori di TM viene oggi giustificato, da parte di produttori e gestori, con l’assenza di dati scientifici che confermino la relazione fra l’esposizione alle radiofrequenze emesse dai cellulari e l’insorgenza di tumori alla testa o di altre malattie. La scienza tuttavia non parla con una voce sola ed è tutt’altro che scontato che una tale argomentazione possa essere usata con esito positivo in tribunale.7

Se il mercato non e’ tenuto ad occuparsi della salute dei consumatori e non pare preoccupato che produttori e gestori di TM possano essere portati in giudizio, che dire del ruolo delle autorità pubbliche in questa ed altre questioni che riguardano la salute e il benessere dei cittadini? È sensato e corretto che il loro intervento (o non intervento) si basi solo sullo stato attuale delle conoscenze, peraltro spesso controverso? O non sarebbe opportuno da parte loro valutare che, proprio grazie al progresso della ricerca medica, le conoscenze attuali potrebbero in futuro essere invalidate dalla scoperta di patologie o meccanismi causali oggi imprevisti, imprevedibili o considerati non plausibili? L’adozione di un approccio cautelativo potrebbe tradursi, per cominciare, nell’indicazione di semplici misure di cautela nell’utilizzo dei TM. È possibile che, come nel caso del tabacco, i suggerimenti rimarrebbero ampiamente inascoltati, ma si può supporre che ci sarebbe una maggior attenzione da parte dei genitori perché, stando ancora alle ricerche psicologiche, la percezione del rischio risulta accentuata quando ci sono indicazioni che le conseguenze dannose possono manifestarsi dopo un periodo anche lungo di latenza e riguardare soprattutto i più giovani.8 Come ha argomentato Funtowicz9 nella sfera pubblica non è legittimo aspettare ad agire fino al momento in cui ogni possibile dubbio sia dissolto perché, anche ammesso che ciò fosse possibile, potrebbe essere troppo tardi.

Bibliografia

1. Levis, AG, Minicuci N, Ricci P, Gennaro V, Spiridione G. Telefoni mobili e tumori alla testa: è tempo che i dati vengano letti e messi in evidenza e valorizzati correttamente. Epidemiol Prev 2011; 35(3-4): 188-199.

2. http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-dbe508b1-0a45-4bfa-8252-a727bbeb2efd.html

3. Weinberg A. Science and Trans-science. Minerva 1972; 10: 209-22.

4. Questi temi, introdotti da Silvio Funtowicz, Jeroen Van der Sluijs e Andrea Saltelli, sono stati ampiamente discussi nel recente Workshop «Science, Policy and Epidemiology», organizzato dal Dipaertimento di statistica "G. Parenti" dell'Università di Firenze con il patrocinio della Regione Italiana della International Biometric Society e tenutosi a Firenze dal 21 al 23 novembre del 2011.

5. De Marchi B. Costruire su quarant’anni di esperienza. Rubrica “I rischi della comunicazione”. Epidemiol Prev 2010; 34 (5-6): 87-90.

6. Michaels, D. (2008). Doubt is Their Product. How Industry's Assault on Science Threatens Your Health. Oxford: Oxford University Press.

7. Levis A.G. Un tribunale riconosce il nesso tra uso di telefoni mobili e l’insorgenza di una patologia tumorale. È la prima volta. Epidemiol Prev 2010; 34(1-2): 2.

8. Si veda per esempio, Slovic, P., B. Fischhoff e S. Lichtenstein (1976) “Cognitive Processes and Societal Risk Taking”, in J.S. Carrol e J.W. Paine (a cura di), Cognition and Social Behavior, Potomac, MD, Erlbaum, pp.165-184.

9. Funtowicz, S. (2010) “Modelli di scienza e policy in Europa”. In S. Rodotà M. Tallacchini (eds) Ambito e fonti del biodiritto, Vol I, Trattato di Biodiritto, diretto da S. Rodotà e P. Zatti, Giuffrè, Milano, pp. 531-549.

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