Rubriche
23/07/2012

Negazionismo: il riscaldamento globale e altri scettici

Come ben documentato dal libro di Oreskes e  Conway,1 esistono diversi modi per gettare discredito su una tesi scientifica, uno dei quali è sollevare costanti dubbi sulla credibilità delle prove (tanto è vero che il titolo è Merchants of doubt). Affiancare a prove a favore della tesi apparenti prove a suo sfavore è un modo comune per seminare dubbi e dividere l’opinione pubblica: è stato fatto storicamente per il fumo attivo e poi per quello passivo, per le piogge acide, per l’ozono, per i pesticidi e recentemente per il riscaldamento globale. Come mostrato nel libro, spesso gli scienziati coinvolti nello smontare le prove sono gli stessi, impegnati su argomenti molto disparati.

Uno degli ultimi attacchi alla tesi del riscaldamento globale è avvenuto il 27 gennaio 2012 sulle colonne del Wall Street Journal, in un appello firmato da 16 scienziati e intitolato «Nessun motivo per essere presi dal panico per il riscaldamento globale». Ai sei punti principali sollevati dai critici ha rispostoWilliam Nordhaus, un economista di Yale che ha dedicato anni allo studio del cambiamento climatico. Merita qui un riassunto delle sue argomentazioni.2

  1. Il primo argomento dei critici è che il pianeta non si sta riscaldando, e in particolare non si è riscaldato negli ultimi dieci anni. La contro-argomentazione di Nordhaus è che i critici:
    1. guardano solo alle fluttuazioni di breve periodo e non al periodo intercorso dal 1920 ad oggi, nel corso del quale la temperatura è aumentata di più di 0,8 gradi centigradi;
    2. scegliendo gli ultimi dieci anni ricadono in una zona di ampie fluttuazioni casuali il cui trend generale, tuttavia, segue quello degli anni precedenti.
  2. Il riscaldamento sarebbe inferiore a quanto predetto dai modelli. La risposta è che un numero elevatissimo di modellisti ha ricreato diverse condizioni di partenza, introdotto vari generi di assunzioni, saggiato la sensibilità dei modelli a queste assunzioni eccetera, e i risultati ottenuti sono stati sempre gli stessi.
  3. Gli autori dell’articolo attaccano l’idea che la CO2 sia un polluente, poiché non è tossica per l’organismo umano alle concentrazioni abitualmente incontrate. È chiaro che questo argomento è del tutto strumentale, in quanto non si sta parlando degli effetti sull’uomo, ma di quelli sull’atmosfera.
  4. I sedici sostengono poi che i critici come loro vivono in un clima di caccia alle streghe ed esprimere il dissenso è pericoloso in termini di carriera e di sicurezza personale (propongono un’analogia con i genetisti russi sotto Stalin). Nordhaus argomenta che al contrario la cultura dominante nei media, che mira a spettacolarizzare il dissenso e i contrasti di opinione, dà ai dissidenti molto più spazio di quanto non meriterebbero sulla base della qualità delle loro argomentazioni.
  5. Un altro argomento, legato al precedente, è che gli scienziati a favore della tesi del cambiamento climatico godrebbero di benefici accademici e finanziari.
    Questo argomento diviene provocatorio se si pensa a tutte le energie e i soldi utilizzati per esempio dall’industria del tabacco per corrompere gli scienziati e produrre prove. Lo stesso è successo con il cambiamento climatico (si veda il libro citato).
  6. Infine, i sedici sostengono che l’economia sconsiglia di porre in atto politiche volte a ridurre il cambiamento climatico nei prossimi decenni. Nordhaus è un economista e non ha difficoltà a mostrare, come altri hanno fatto, che l’impatto negativo sull’economia di misure contro il riscaldamento globale sarebbe minimo, a fronte degli enormi benefici che ne deriverebbero (sembra quasi la scommessa di Pascal).

Qual è il maggior insegnamento che traggo da questa polemica? Credo sia l’importanza di ancorare i propri ragionamenti a un metodo rigoroso. Senza il metodo ogni tesi vale l’altra, in un regime di par condicio in cui tutti e nessuno hanno ragione. Un altro esempio recente di “revisionismo” è il tentativo di negare le conclusioni delle Monografie IARC sulla cancerogenicità delle sostanze chimiche come la diossina.3 Un osservatore distratto potrebbe dire: «Si tratta di due interpretazioni diverse e ugualmente legittime». In realtà le Monografie IARC hanno una storia quarantennale di applicazione di una metodologia solida e replicabile, e non può una singola rassegna pagata dall’industria scalfirne la credibilità (faccio riferimento al volume 100F delle Monografie,4 in cui i dati epidemiologici vengono integrati con le conoscenze sui meccanismi). Purtroppo le questioni di metodo non sono molto popolari presso i mass media.

Bibliografia

  1. Oreskes N, Conway EM. Merchants of doubt. New York, Bloomsbury, 2010.
  2. Nordhaus W. Why the global warming skeptics are wrong. New York Review of Books, 22 Marzo 2012.
  3. Boffetta P, Mundt KA, Adami HO, Cole P, Mandel JS. TCDD and cancer: a critical review of epidemiologic studies. Crit Rev Toxicol 2011;41(7):622-36. (Ricerca finanziata dallo American Chemistry Council).
  4. http://monographs.iarc. fr/ENG/Monographs/vol 100F/mono 100F-27.pdf

Immagine: Ju-hwan Lee, Seung-hoon Nam (Korea - South) / dal sito www.good50x70.org edizione 2009

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