Medication review e deprescribing nei vari setting assistenziali: un approccio per ottimizzare le terapie farmacologiche e migliorare gli esiti clinici dei pazienti
L’aumento dell’aspettativa di vita, l’elevata prevalenza di fattori di rischio per l’insorgenza di patologie croniche (per esempio, sovrappeso, sedentarietà e alimentazione qualitativamente bassa) e la sempre maggior disponibilità di farmaci, sia sintomatici sia terapeutici, per la gestione della multimorbilità stanno portando a un aumento del numero di pazienti anziani in polifarmacoterapia, definita come l’uso regolare di almeno cinque farmaci diversi.1 Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed), circa il 68% degli utenti di età maggiore o uguale a 65 anni è sottoposto a polifarmacoterapia, mentre circa il 29% assume almeno 10 farmaci diversi al giorno.2 La complessità del regime terapeutico aumenta ulteriormente se si considerano anche i farmaci da automedicazione, gli integratori alimentari e i prodotti erboristici.
Quali sono i rischi della polifarmacoterapia?
Uno dei principali rischi associati alla polifarmacoterapia è l’aumento delle interazioni tra farmaci (drug-drug interactions, DDI), che possono a loro volta aumentare il rischio di reazioni avverse a farmaci (adverse drug reactions, ADR).3 Tra i farmaci più frequentemente prescritti in modo inappropriato (potentially inappropriate medications, PIM) in Italia vanno annoverati gli inibitori di pompa protonica, i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), le benzodiazepine, la vitamina D, gli antipsicotici e le statine.4 In generale, si definiscono PIM i trattamenti farmacologici in cui il rischio di ADR supera il beneficio atteso per il paziente oppure per i quali non vi sono sufficienti evidenze scientifiche sui benefici clinici e/o esistono alternative terapeutiche più efficaci e sicure.4 Nelle residenze sanitarie assistenziali, dove la polifarmacoterapia è particolarmente diffusa, il rischio di ADR è particolarmente associato alle prescrizioni di PIM. È stato stimato che la proporzione di pazienti esposti ad almeno un PIM oscilli tra il 40% e il 90%, a seconda dei criteri e degli strumenti utilizzati per la definizione dell’inappropriatezza prescrittiva.5,6 Inoltre, una metanalisi di 33 studi osservazionali ha riportato una prevalenza media di ADR nell’ambito delle cure primarie compresa tra l’8,3% e il 20,4%.7 Diversi studi indicano che circa il 10% delle ospedalizzazioni non programmate in geriatria sono causate da ADR e che queste si verificano in circa un quarto dei pazienti anziani ospedalizzati.8,9 Oltre alle conseguenze cliniche, è importante considerare anche le ricadute economiche: i costi correlati alle ADR prevenibili durante l’ospedalizzazione variano da un minimo di 2.851 euro a un massimo di 9.015 euro per paziente, con un aumento dell’ospedalizzazione, in media, di 8,5 ± 4,2 giorni.10 Più in generale, si ritiene che la riduzione dei PIM e delle ADR a essi correlate possa contribuire alla riduzione dei costi relativi ad accessi ai servizi di emergenza, alle ospedalizzazioni e al prolungamento del ricovero.4
Strategie per l’ottimizzazione delle terapie
Alla luce di queste premesse, assume crescente rilevanza l’adozione di strategie preventive finalizzate alla riduzione delle prescrizioni di PIM, tenendo anche in considerazione il rapporto beneficio/rischio di una terapia, che può variare nel corso del tempo. Il processo di medication review rappresenta un metodo finalizzato all’ottimizzazione della terapia tramite una valutazione critica, sistematica e regolare dei trattamenti farmacologici attualmente in corso. Questo processo mira a ridurre in modo pianificato l’uso dei PIM (deprescribing), riorganizzare in modo efficace le terapie farmacologiche (per esempio, riducendo il pill burden) e promuovere l’aderenza alle terapie croniche appropriate, con attese conseguenze positive per la salute e la qualità di vita del paziente.4,11
Con l’obiettivo finale di dare al clinico le informazioni necessarie per poter ottimizzare lo schema terapeutico, il farmacologo clinico deve condurre una valutazione multidimensionale e sistematica, che tenga conto di diversi parametri per ciascun farmaco prescritto, tra cui l’indicazione d’uso, la posologia (comprensiva di dosaggio, frequenza di somministrazione e durata della terapia), il rischio di DDI, il rischio di ADR associato alla fragilità, il burden anticolinergico e la cascata prescrittiva.4
Inoltre, è essenziale non solo identificare la prescrizione di farmaci non necessari (sovratrattamento), ma anche valutare la possibilità di sottotrattamento, considerando sempre gli obiettivi terapeutici individuali del paziente, il suo livello di aderenza alla terapia, le condizioni cliniche e l’aspettativa di vita. Queste valutazioni devono avvenire in collaborazione con il medico che ha in carico il paziente e, in funzione del contesto assistenziale, con altre figure sanitarie complementari, come il farmacista ospedaliero, l’infermiere e lo psicologo.4
Al fine di ottimizzare le risorse del sistema sanitario, andrebbero identificati i pazienti a maggior rischio di ADR che potrebbero trarre maggiore beneficio dagli interventi di medication review. Questa stratificazione del rischio può essere basata su semplici indicatori come, per esempio, il numero di farmaci utilizzati o specifici algoritmi come il “GerontoNet ADR Risk Score”.12
Le fasi dell’intervento
Il processo di medication review e deprescribing si suddivide in quattro momenti principali, ognuno con obiettivi specifici e attività dettagliate:4,13
1. Visita del paziente e anamnesi clinico-farmacologica: in questa fase iniziale, il medico responsabile del paziente esegue un’approfondita anamnesi clinica e farmacologica. L’anamnesi clinica comprende la valutazione di parametri antropometrici, funzionalità epatica e renale, comorbilità, esami di laboratorio e strumentali, e valutazioni di fragilità e funzionalità. Un’anamnesi farmacologica completa include un elenco esaustivo di farmaci e integratori assunti dal paziente, con valutazione di dosaggio, frequenza, durata della terapia, aderenza terapeutica, efficacia e ADR pregresse.
2. Valutazione delle terapie farmacologiche: in questa fase, il farmacologo clinico o il farmacista ospedaliero adeguatamente formato valuta la necessità e l’adeguatezza di ciascun farmaco prescritto utilizzando vari strumenti e redige un referto di consulenza farmacologica. Questo referto deve contenere una valutazione attenta e sistematica delle terapie farmacologiche, considerando il rischio di potenziali DDI e ADR, la presenza di prescrizioni non più necessarie e/o PIM e le potenziali cascate prescrittive. È essenziale valutare con attenzione, soprattutto nei pazienti più fragili, il burden anticolinergico e il rapporto beneficio/rischio dei farmaci prescritti. L’uso sistematico di strumenti ad hoc per la valutazione di ogni dimensione permette ripetibilità, efficienza ed efficacia.14
3. Confronto e decisione condivisa tra farmacologi clinici e medici prescrittori: in questa fase, il medico prescrittore si confronta con il team di farmacologi clinici sulla base del referto di consulenza farmacologica. Dopo il confronto, il medico decide se modificare o meno la terapia, coinvolgendo attivamente il paziente o il suo caregiver nel processo decisionale. Discutere gli obiettivi terapeutici con il paziente, includendo tematiche quali la sua capacità di autogestione e la qualità della vita, può contribuire a una maggiore aderenza al trattamento e a una migliore comprensione dei rischi e dei benefici delle modifiche terapeutiche.15 Eventuali modifiche della terapia farmacologica vengono documentate per garantire la continuità delle cure. Questo è particolarmente rilevante in contesti assistenziali come ospedali e ospedali di comunità, dove una documentazione completa dell’intervento permette ai professionisti sanitari che prenderanno in carico il paziente di evitare errori di ricognizione e riconciliazione farmacologica (una criticità delle transizioni di cura) e sospensioni o reintroduzioni di terapie senza aver compreso il processo precedente, come può succedere in caso di rebound sintomatologico o pazienti con bassa health literacy.16,17
4. Monitoraggio del paziente: l’ultima fase del processo consiste nel monitorare l’aderenza del paziente alla nuova terapia e l’insorgenza di sintomi correlati alle modifiche terapeutiche, nonché l’autogestione dei farmaci da parte del paziente e l’identificazione di nuove potenziali ADR. In base al contesto, il monitoraggio del paziente può prevedere follow-up ambulatoriali o telefonici, coinvolgendo diversi professionisti sanitari per un approccio integrato alla gestione del paziente. È fondamentale sottolineare l’importanza del monitoraggio a lungo termine per garantire l’efficacia e la sicurezza della terapia nel tempo.
Documento inter-societario sull’implementazione del servizio di medication review e deprescribing nei vari setting assistenziali
Queste quattro fasi così brevemente illustrate, assieme alle strategie operative per l’implementazione degli interventi di medication review e deprescribing in vari contesti assistenziali (medicina generale, ospedali, residenze sanitarie assistenziali, lungodegenze e cure palliative), sono state delineate e descritte in dettaglio nel Documento inter-societario sull’implementazione del Servizio di medication review e deprescribing nei vari setting assistenziali, pubblicato e diffuso a ottobre 2023.4,13 Questo documento è stato redatto da un gruppo inter-societario che ha coinvolto le dieci principali società scientifiche italiane attive nei settori della farmacologia, geriatria, medicina interna e medicina generale. Nel documento sono stati descritti gli aspetti peculiari dei vari contesti assistenziali da prendere in considerazione per l’implementazione dei servizi di medication review e deprescribing, fra cui le figure professionali coinvolte e il timing per la valutazione delle terapie farmacologiche.
Medication review e deprescribing nei diversi setting assistenziali
Il ricovero ospedaliero offre una preziosa opportunità per rivedere la terapia farmacologica del paziente, tenendo conto del suo quadro clinico e degli obiettivi di cura. Le criticità di questo contesto assistenziale includono la gestione prioritaria delle condizioni acute e l’inerzia terapeutica. La valutazione farmacologica inizia con l’ammissione in reparto e prosegue fino alla dimissione, momento in cui una corretta documentazione dell’intervento agevola la continuità terapeutica. Anche le visite ospedaliere ambulatoriali, oltre che l’accesso ai servizi di emergenza, possono risultare momenti utili per interventi di medication review e deprescribing. Ancora, gli ospedali di comunità, focalizzati sulla transizione di cura per pazienti fragili, rappresentano un’opportunità per la revisione farmacologica, con esperienze nazionali che mostrano una significativa medication review e sensibilizzazione al corretto uso dei farmaci.13 Nelle residenze sanitarie assistenziali, l’elevata prevalenza di PIM rende essenziale la revisione delle terapie farmacologiche all’accesso, ma anche periodicamente, per garantire l’appropriatezza terapeutica in considerazione dei cambiamenti delle condizioni di salute. Un vantaggio che offre questo contesto assistenziale è che i farmaci vengono somministrati dagli operatori sanitari, riducendo così al minimo le criticità relative all’aderenza alla terapia e all’automedicazione. Inoltre, i medici, in collaborazione con farmacologi clinici e infermieri, hanno maggiori opportunità di stilare piani terapeutici e valutare gli esiti clinici associati a tali interventi.18 Nel contesto delle cure palliative, invece, è prioritario rivedere la terapia farmacologica per ridurre i farmaci preventivi e concentrarsi sul controllo dei sintomi. Infine, la medicina generale rappresenta il contesto ideale per interventi di ottimizzazione delle terapie, in parte a causa del significativo carico di lavoro attuale.19 Il ruolo centrale del medico di medicina generale risiede nella sua capacità di avere un quadro globale sulla salute e sulle terapie dei pazienti, che spesso può sfuggire agli specialisti. La redazione di una lettera di accompagnamento, consegnata al paziente assieme alla prescrizione di visita specialistica, può fornire agli specialisti una visione d’insieme più completa e immediata; pratica, tuttavia, ancora poco diffusa.20 La collaborazione tra medici di medicina generale, infermieri e farmacologi clinici è essenziale nel processo di revisione delle terapie, che deve essere ancora una volta continuo e dinamico.
La creazione di un gruppo multidisciplinare tramite il coinvolgimento di diversi professionisti sanitari è fondamentale per l’implementazione di servizi di medication review e deprescribing. A tal proposito, esperienze internazionali, e nazionali come il progetto FARMACHECK, hanno dimostrato l’attuabilità e la sicurezza di un percorso interdisciplinare per la revisione della terapia farmacologica.21
In conclusione, il processo di medication review e deprescribing adotta un approccio sistematico e graduale, finalizzato a ottimizzare l’uso dei farmaci e ridurre i rischi associati alla polifarmacoterapia, specialmente in popolazioni vulnerabili come gli anziani. I risultati attesi in termini clinici ed economici sono promettenti, indicando la necessità di una progressiva e costante implementazione di servizi dedicati a livello nazionale. Ciò implica altresì l’importanza di investire nella formazione specifica del personale sanitario.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
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