Rubriche
18/04/2023

Le risposte ai vaccini sono specifiche per sesso

,

I vaccini rappresentano una tipologia di farmaci molto particolare, perché vengono somministrati a scopo preventivo alla popolazione sana con l’obiettivo di prevenire alcune malattie infettive.

Possono essere costituiti da parti del microrganismo (antigeni) o dal microrganismo stesso nella sua completezza, attenuato o inattivato, e agiscono attraverso l’induzione di una risposta immunitaria, umorale e cellulare; essi richiedono, in genere, l’associazione con un adiuvante e la somministrazione di una o più dosi di richiamo (booster) per raggiungere un’efficacia adeguata protettiva.

Gli studi dimostrano che uomini e donne rispondono in modo diverso alle infezioni e alle vaccinazioni. Le donne sono in genere più immunoreattive e, analogamente alle differenze nella risposta immunitaria alle infezioni virali e batteriche, sviluppano risposte ai vaccini più intense, con titoli anticorpali spesso doppi rispetto agli uomini.1 La maggiore reattività immunitaria del sesso femminile è conservata nella scala evolutiva dagli organismi più semplici da un punto di vista evolutivo (come il riccio di mare, la Drosophila, alcuni insetti), fino ad arrivare agli organismi più evoluti, quali anfibi, rettili, uccelli, mammiferi e all’uomo.

A fronte della maggiore immuno-reattività femminile, tuttavia, nelle donne le reazioni avverse alle vaccinazioni sono più frequenti e spesso più gravi. Nonostante le evidenze di diversità fra i sessi nella risposta immunitaria, queste differenze non sono state finora considerate nel disegno o dosaggio di farmaci e vaccini e ciò – insieme al fatto che per lungo tempo le donne non sono state incluse nei trial clinici – può aver portato a un impiego inadeguato di dosaggi e modalità di somministrazione di farmaci e vaccini nelle donne. Al riguardo, uno studio americano di qualche anno fa ha sottoposto a vaccinazione anti-influenzale stagionale un campione di uomini e donne con dose intera o con dose dimezzata di vaccino, mettendo in evidenza che nelle donne vaccinate con metà dose di vaccino anti-influenzale si raggiungevano titoli di anticorpi neutralizzanti (protettivi) uguali a quelli che si ottenevano negli uomini vaccinati con dose intera.2 Questo studio ha sottolineato l’importanza di esaminare gli effetti vaccinali separatamente negli uomini e nelle donne, sottolineando così proprio uno degli obiettivi della medicina di genere, ovvero adeguare e personalizzare gli interventi medici, terapeutici e preventivi in base alle differenze biologiche e di genere fra uomini e donne, al fine di ottenere un’appropriatezza e una maggiore efficacia delle cure e degli interventi sanitari.

Inoltre, non è ancora chiaro se la maggiore immuno-reattività femminile si associ a una protezione più duratura e/o a una maggiore efficacia della vaccinazione stessa nelle donne. Al riguardo, i pochi studi disponibili, effettuati sull’uomo e sui modelli murini, hanno mostrato che un vaccino sperimentale con la glicoproteina del virus Herpes simplex-1 – responsabile della trasmissione di Herpes genitale – non efficace nel prevenire la malattia dopo analisi aggregata dei risultati del trial clinico, in realtà proteggeva le donne, ma non gli uomini.3 Poiché la valutazione dei risultati dei trial clinici, che pure includono entrambi i sessi, viene effettuata senza disaggregare per sesso, il vaccino dello studio non è stato autorizzato, nonostante la sua efficacia nelle donne, che avrebbero protetto indirettamente i loro partner, essendo l’infezione a trasmissione sessuale.

La conoscenza di questi aspetti della risposta alle vaccinazioni è di particolare rilievo nella popolazione generale e ancor più nelle popolazioni degli operatori sanitari, per i quali la copertura protettiva conferita dalle vaccinazioni è doppiamente importante, in quanto categoria professionalmente esposta al rischio infettivo e possibile fonte di infezione per i pazienti, che sono particolarmente vulnerabili. 

Fra i meccanismi che rendono le donne maggiormente immunoreattive alla vaccinazione e più probabili a ricevere l’efficacia protettiva, in particolare gli ormoni sessuali hanno un ruolo importante, in quanto modulano positivamente la risposta immunitaria in generale e quella umorale specifica alla vaccinazione anti-influenzale. Uno studio sperimentale, condotto vaccinando uomini e donne di diverse età (under 45 e over 50), ha mostrato che nelle donne in età fertile si raggiungevano titoli di anticorpi neutralizzanti e tassi di sieroconversione più alti rispetto alle donne di età più avanzata e rispetto agli uomini coetanei.4 Nella popolazione femminile in età fertile, inoltre, i livelli di risposta sierologica al vaccino correlavano positivamente con i livelli plasmatici di estradiolo, indicando un ruolo di regolazione positiva della risposta immunitaria per l’ormone sessuale femminile.

Oltre agli ormoni sessuali, anche fattori genetici, legati ai cromosomi sessuali X e Y, e fattori epigenetici (metilazione e microRNA) contribuiscono alle differenze fra i sessi nella risposta ai vaccini. Sul cromosoma X sono codificati la maggior parte dei geni che codificano per fattori della risposta immunitaria (recettori, citochine, chemochine eccetera). È noto che, nelle cellule femminili, uno dei due cromosomi X viene inattivato al fine di evitare una ridondanza di espressione genica nelle cellule XX; tuttavia, un 10% circa del cromosoma X sfugge all’inattivazione e proprio queste regioni ospitano geni coinvolti nella risposta immunitaria. Di conseguenza, le cellule femminili sovraesprimono alcuni geni coinvolti nella risposta immunitaria, fra cui il Toll-like receptor 7 (TLR7), importante per il riconoscimento di RNA genomico virale e per attivare la pathway di risposta dell’interferone. Poiché il TLR7 ha un ruolo anche nell’attivazione funzionale delle cellule B, quindi nella produzione di anticorpi, questo meccanismo potrebbe contribuire a spiegare la maggior produzione di anticorpi nelle donne vaccinate rispetto agli uomini.

Da questo contesto, consegue l’importanza di promuovere ed effettuare studi e analisi volti all’identificazione di marcatori molecolari specifici per sesso predittivi della risposta alle vaccinazioni, al fine di poter adeguare le tempistiche e i dosaggi vaccinali anche in base alle differenze biologiche fra uomo e donna. Inoltre, è necessario creare una cultura epidemiologica che tenga sempre conto delle differenze tra uomini e donne, promuovendo analisi disaggregate per sesso sia dei dati ottenuti dai trial clinici e dagli studi post-marketing sia dei dati degli studi osservazionali. Questi dati devono essere condivisi con i decisori politici, perché in grado di contribuire a ottimizzare le campagne vaccinali, personalizzando i programmi di prevenzione e sorveglianza.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Fischinger S, Boudreau CM, Butler AL, Streeck H, Alter G. Sex differences in vaccine-induced humoral immunity. Semin Immunopathol 2019;41(2):239-49.
  2. Engler RJ, Nelson MR, Klote MM et al. Half- vs full-dose trivalent inactivated influenza vaccine (2004-2005): age, dose, and sex effects on immune responses. Arch Intern Med 2008;168(22):2405-14.
  3. Stanberry LR, Spruance SL, Cunningham AL et al. Glycoprotein-D-adjuvant vaccine to prevent genital herpes. N Engl J Med. 2002;347(21):1652-61.
  4. Potluri T, Fink AL, Sylvia KE et al. Age-associated changes in the impact of sex steroids on influenza vaccine responses in males and females. NPJ Vaccines 2019;4:29. 
Approfondisci su epiprev.it Vai all'articolo su epiprev.it Versione Google AMP