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31/12/2019

Crisi climatica: la popolazione italiana è una delle più vulnerabili agli effetti dell’aumento di temperatura previsto per il 2100, occorre reagire

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Luglio 2019 è stato il mese più caldo dall’era pre-industriale ad oggi.1 L’imponente scioglimento dei ghiacciai e gli estesi incendi della regione artica e dell’Amazzonia avranno un impatto negativo sull’ecosistema e un effetto rebound sul clima. Secondo la Russian Federal Forestry Agency alla fine di luglio in Siberia sono bruciati 33.200 km2 di aree boschive, una superficie vasta come il Belgio, con emissioni di CO2 pari a quelle prodotte in un anno da un Paese come la Svezia2 e i fumi hanno interessato un’area estesa quanto l’intera Unione Europea.3 La riduzione delle foreste tropicali, raddoppiata rispetto agli anni precedenti, responsabile della perdita di habitat e di biodiversità, è in grado di influenzare i cicli climatici (per esempio i pattern delle precipitazioni) probabilmente dell’intero pianeta, poiché la foresta sta perdendo la sua funzione di stoccaggio di CO2,4 contribuendo invece alle emissioni in atmosfera. Si tratta di ulteriori e inconfutabili segnali di come l’attività umana stia rimodellando il nostro pianeta. Secondo il Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) l’aumento delle temperature globali, che provoca alterazioni tanto gravi dell'ecosistema, è dovuto al costante incremento delle emissioni causate dall’attività umana; la stima più recente della concentrazione di CO2 eq. a livello globale è pari a 430 parti per milione (con margini di incertezza tra 340-520 ppm).
Sebbene si tratti di un fenomeno globale, le emissioni e gli impatti sull’ambiente e sulla salute sono locali.
A parità di incremento delle emissioni, l’impatto sanitario atteso dipende dalle differenze nel clima e nella vulnerabilità della popolazione, determinata da caratteristiche sociodemografiche e sanitarie. Gli effetti sulla salute a livello locale variano anche in ragione dell’introduzione di politiche di mitigazione, come la riduzione dei consumi energetici o la promozione di trasporti sostenibili.
Nonostante le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo siano quelle che sopportano il carico maggiore di malattie e decessi prematuri attribuibili al cambiamento climatico, anche gli impatti attesi nei Paesi industrializzati più ricchi sono significativi. In particolare, dal 2003, l’anno del grande caldo in Europa associato a decine di migliaia di morti,5 studi epidemiologici in tutto il mondo hanno documentato l’impatto sulla salute di eventi estremi, come le ondate di calore, sempre più intensi a causa dei cambiamenti climatici.6 L’Organizzazione mondiale della sanità ha stimato (tra il 2030 e il 2050) circa 250.000 decessi l’anno correlati ai cambiamenti climatici. Si tratta di una stima conservativa perché considera solo l’effetto della temperatura e non i numerosi esiti di salute associati ad altri fattori (tornado, inondazioni, incendi, malattie infettive trasmesse da vettori eccetera).7

Cosa succederà nel 2100?

Il Multi-city multi-country collaborative Research Network, un programma di ricerca che coinvolge oltre 450 istituzioni di 28 Paesi e include le principali aree urbane italiane, ha recentemente pubblicato su Environment International uno studio8 che ha stimato l’impatto sulla mortalità dell’incremento di temperatura atteso nei prossimi decenni, fino al 2100. Lo studio ha utilizzato 4 scenari di concentrazione di CO2 (Representative Concentration Pathways, RCP):8

  • da quello migliore (RCP 2,6), che assume strategie di mitigazione aggressive con emissioni di CO2 che tendono a zero in circa 60 anni con un incremento di temperatura contenuto entro i 2°C;
  • a 2 scenari intermedi (RCP 4.5 e RCP 6.0);
  • fino allo scenario più drammatico, business-as-usual (RCP 8.0), che, in assenza di interventi di mitigazione, prevede una temperatura triplicata o quadruplicata rispetto ai livelli pre-industriali.

Senza interventi di mitigazione (RCP 8.0), gli incrementi di temperatura attesi al 2100 saranno diversi nei vari Paesi, con valori più elevati (oltre 5°C) in Canada, Finlandia ed Estonia, e incrementi più bassi (intorno ai 3°C) in Sud America (Argentina e Cile). In Italia, Francia e Spagna è previsto un aumento medio della temperatura superiore a 4°C. L’impatto sulla salute stimato, utilizzando un indice di vulnerabilità che tiene conto di fattori demografici (proporzione di anziani) e fattori socioeconomici, mostra effetti peggiori nei Paesi tropicali e nei Paesi europei dell’area mediterranea. L’analisi di Lee et al. mostra che i principali determinanti della vulnerabilità in quest’area sono, oltre all'aumento atteso della temperatura, la proporzione di popolazione anziana, la prevalenza di soggetti obesi e la spesa sanitaria pro-capite. I risultati dello studio mostrano che il nostro Paese, a fronte di un aumento di 100 ppm di CO2 eq., potrà registrare entro il 2100 uno degli incrementi di mortalità associata al caldo più elevati (+4,43%), superato solo da Filippine (+6,27%) e Vietnam (+8,64%). I piani di prevenzione e i sistemi di allarme per il rischio delle ondate di calore rappresentano una risposta immediata ai cambiamenti climatici. In Italia, da oltre 15 anni è attivo il Piano operativo nazionale di prevenzione degli effetti del caldo.9 Si stima che gli interventi di prevenzione in atto nel nostro Paese potranno ridurre del 50% l’impatto dei cambiamenti climatici atteso nel medio termine (2050), anche tenendo conto dell’aumento della vulnerabilità al caldo per effetto dell’invecchiamento della popolazione.10

Mitigazione: unica risposta efficace

Tuttavia, nel lungo termine, la mitigazione (riduzione delle emissioni) è l’unica risposta efficace per contrastare i cambiamenti climatici. L’adozione di politiche condivise e accordi vincolanti per tutti i Paesi rappresentano, quindi, la priorità per contenere oltre alle emissioni anche gli impatti sulla salute e per salvare il pianeta. Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), che fissa gli obiettivi per l’energia e il clima che gli Stati Membri dell’EU si impegnano a raggiungere entro il 2030, è attualmente in fase di discussione e revisione per arrivare a una versione definitiva entro la fine del 2019. I target al 2030 di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra sono suddivisi fra settori: grandi impianti, grandi emettitori, trasporti, riscaldamento, agricoltura, rifiuti eccetera. Secondo l’osservatorio internazionale indipendente della European Climate Foundation, il piano di riduzione delle emissioni dell’Italia, come quello di altri Paesi UE, devono essere rivisti perché disattendono gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi e non esplicitano con sufficiente dettaglio le politiche e gli investimenti che si intende mettere in atto.11
La visione strategica della Commissione Europea rende urgente un cambio di rotta netto per realizzare l’obiettivo di emissioni zero entro il 2050 e per mantenere l'aumento della temperatura del pianeta al di sotto dei 2°C.12 Il 23 settembre scorso il Segretariato Generale delle Nazioni Unite ha ospitato il Climate Action Summit 2019 con l’ambizione di accelerare le azioni dei Paesi per il raggiungimento degli accordi di Parigi. Purtroppo, nonostante le proteste nelle strade, la Cina non ha preso nuovi impegni per un’azione più efficace e gli USA, dopo aver minacciato di ritirarsi dall’accordo di Parigi, non hanno espresso una posizione. Molti Paesi hanno fatto solo promesse incrementali.13

Vincere l’inerzia

Servono interventi di mitigazione in grado di intervenire sulle cause del cambiamento climatico, attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra nel settore energetico, dei trasporti e nell’agricoltura, ma anche uno sforzo comune che coinvolga i singoli cittadini per favorire stili di vita sostenibili. Per questo, politici e cittadini devono uscire dall’inerzia in cui attualmente si trovano, inerzia provocata non dalla mancanza di evidenze, disponibili in abbondanza, ma dalla difficoltà ad ammettere la nostra responsabilità nel problema. In Inghilterra è stato avviato un interessante esperimento, le “Carbon Conversations”, incontri in cui i partecipanti sono guidati nella discussione sulle strategie per dimezzare il proprio impatto ambientale.14 I risultati mostrano che il cambiamento climatico è un tema spinoso in grado di evocare paure e ansie profonde, al pari di altri temi, come la morte. Occorre identificare nuovi approcci al problema e parlare del cambiamento climatico identificando soluzioni in grado di superare l’inerzia. A fianco di questo dobbiamo rilanciare il ruolo del settore sanitario, già ampiamente coinvolto nella produzione di evidenze sui rischi per la salute e nella risposta alle emergenze climatiche (per esempio, ondate di calore); il mondo della sanità pubblica può fare molto per promuovere nei cittadini i cambiamenti di stili di vita assolutamente necessari, ma anche per essere una leva verso gli altri settori con un impatto sulla mitigazione del clima, per avviare e rafforzare politiche sul miglioramento della qualità dell’aria, sulla riduzione dell’occorrenza di malattie croniche, secondo il principio dei co-benefici per la salute. Ma non c’è più tempo, occorre agire in fretta.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. NOAA National Oceanic and Atmospheric Administration U.S. Department of Commerce. July 2019 was hottest month on record for the planet. https://www.noaa.gov/news/july-2019-was-hottest-month-on-record-for-planet. August 15th, 2019.
  2. NASA. Huge Wildfires in Russia’s Siberian Province Continue. https://www.nasa.gov/image-feature/goddard/2019/huge-wildfires-in-russias-siberian-province-continue Aug. 16, 2019
  3. The Guardian: Arctic wildfires spew soot and smoke cloud bigger than EU. https://www.theguardian.com/world/2019/aug/12/arctic-wildfires-smoke-cloud?CMP=share_btn_tw. Aug 12, 2019.
  4. Baccini A, Walker W, Carvalho L, Farina M, Sulla-Menashe D, & Houghton RA. Tropical forests are a net carbon source based on aboveground measurements of gain and loss. Science 2017;358(6360):230-34. https://science.sciencemag.org/content/358/6360/230
  5. Robine JM, Cheung SLK, Le Roy S, et al. Death toll exceeded 70,000 in Europe during the summer of 2003. Comptes rendus biologies 2008;331(2):171-78.
  6. Schiermeier, Q. Climate change made Europe’s mega-heatwave five times more likely. Nature 2019; 571(7764):155.
  7. World Health Organization. Quantitative risk assessment of the effects of climate change on selected causes of death, 2030s and 2050s. Geneva, Switzerland 2014.
  8. Lee JY, Kim H, Gasparrini A, et al. Predicted temperature-increase-induced global health burden and its regional variability. Environ Int. 2019 Jul 24;131:105027.
  9. http://www.salute.gov.it/caldo
  10. de’Donato F, Scortichini M, Villani V et al. Ondate di calore ed effetti sulla salute. Impatti futuri secondo gli scenari di cambiamento climatico in Italia. Abstract del XLII Congresso dell’AIE; p.148. http://www.epidemiologia.it/wp-content/uploads/2018/10/Abstract18_004.pdf
  11. https://europeanclimate.org/national-climate-plans-2030/
  12. https://ec.europa.eu/clima/policies/strategies/2050_en
  13. Sengupta S and Friedman L. New York Times, 23 sept. 2019. Disponibile all’indirizzo: https://www.nytimes.com/2019/09/23/climate/climate-summit-global-warming.html
  14. http://www.carbonconversations.co.uk
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