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23/02/2011

Che grinta questo Mottura!

Giacomo Mottura, «L’ammalato per contratto di lavoro», Cultura e Realtà 1950, 1, 69-90. Per scaricare l'intero articolo clicca qui.

«L'articolo è molto interessante (...) perché, con realistica crudezza, vengono messe in luce le manchevolezze della nostra legislazione contro la silicosi, la quale si è preoccupata assai più di salvaguardare i datori di lavoro dagli oneri delle cause per responsabilità civile, assicurando obbligatoriamente la silicosi, che la salute degli operai delle industrie silicotigene». 

Con queste parole Enrico Vigliani, il più importante medico del lavoro italiano, segnalava su La Medicina del Lavoro (1950, 41, p.317) il saggio non scientifico ma di «evidente polemica politico-sociale» dedicato alla silicosi scritto da Giacomo Mottura, già noto anatomopatologo e accademico torinese (1906-1990).
L’articolo, dall’incisivo titolo «L’ammalato per contratto di lavoro», appare su Cultura e Realtà nel 1950.
Non ebbe la dovuta diffusione allora, né in seguito, ma è uno scritto importante e per questo merita di essere ripubblicato non solo come documento storico, ma per almeno due motivi che possono essere invocati anche come attuali: 

  1. per la ricostruzione puntuale, argomentata delle acquisizioni scientifiche della nosografia della silicosi, concettualmente e agli effetti pratici non meno importante dei danni correlati con l’amianto;
  2. per la appassionata denuncia dell’uso perverso di una particolare concezione di malattia professionale indennizzabile, quella secondo la quale, argomenta abbondantemente Mottura, «l'indennizzo di invalidità … “sana” il fallimento della prevenzione».

Dal 1936, e per oltre un ventennio, Mottura ha coltivato intensamente gli aspetti scientifici della silicosi (e dell’asbestosi) con memorabili contributi capaci di definire la patologia dell’apparato respiratorio da accumulo di polveri inorganiche e anche alcuni aspetti della loro patogenesi. Tra questi ultimi, ricordiamo le ricerche sui meccanismi di insorgenza e sviluppo della silicosi finanziate «con una certa larghezza dalla CECA» e a cui dal 1956 al 1958 aveva collaborato anche Renzo Tomatis che annota: 

«Confidavamo di poter ricostruire il cammino della polvere … Con la spontaneità dei non iniziati mi ero chiesto se valeva la pena di studiare i meccanismi di una malattia della quale la causa era ben nota e che si poteva prevenire evitando di esserne esposti … La silicosi stava diventando una malattia immunitaria e questo non sembrava dispiacere a chi dal  Lussemburgo decideva sui finanziamenti». (L. Tomatis, Il Fuoriuscito, Sironi, Milano 2005, pp. 39-43).

È irrituale, per gli anni di cui si tratta, ma anche per altri periodi storici, che Mottura scriva da scienziato e contemporaneamente scriva con realistica crudezza dello stesso argomento. Se poi la polemica politico-sociale viene affidata a una rivista ‘corsara’, ‘intrusa’ anche per l’opposizione politica ufficiale e culturalmente egemone, quale è, in quegli anni, il Partito comunista italiano, l’irritualità raggiunge vertici incredibili.
E infatti, il numero di Cultura e Realtà dove compare il lavoro di Giacomo Mottura (tra saggi e note di Cesare Pavese, Claudio Napoleoni, Fedele D’Amico, Italo Calvino, Felice Balbo), viene immediatamente stroncato da Rinascita, la rivista ‘ideologica’ diretta da Palmiro Togliatti; nel numero del 6 giugno 1950 vi compare una nota non firmata, ma riconducibile al direttore, intitolata «Marx e il Leopardo» dove è possibile leggere sentenze quali: 

«La preoccupazione quasi esclusiva di questi giovani, infatti, non è più quella di cambiare il mondo, ma di cambiare il marxismo … rare volte c’era capitato di vedere un gruppetto di giovani, nell’età in cui tutti gli ardimenti sono possibili, impegnati collegialmente nella poco decorosa impresa di mettere le brache al mondo; che cosa vogliono questi giovani amici? E in primo luogo, amici di chi? Amici nostri o amici del Leopardo?»; e, chiamando in causa Voltaire, l’articolista continua «Certo, è triste avere tante idee, e non sapere con precisione la natura delle idee. Ma è assai più triste, e molto sciocco, credere di sapere quello che non si sa!»

La colpa della quale gli ‘amici’ della sinistra cristiana, i ‘cattocomunisti’ (alcuni, nonostante la scomunica del 1948, già iscritti al Partito comunista italiano come Franco Rodano, gli altri convinti fiancheggiatori o simpatizzanti di esso) di Cultura e Realtà si erano macchiati era quella di

«presumere che alcuni aspetti dell’ideologia marxista (quella del PCI, con le sue conseguenze, filosofiche, culturali, internazionali) si dovesse e si potesse discutere… » (A. Ossicini, Il colloquio con Don Giuseppe De Luca. Dalla Resistenza al Concilio Vaticano II, Edizioni Storia e Letteratura, Roma 1992, pp. 71-77). 

È pensabile che le critiche di Togliatti non si riferissero direttamente al saggio di Mottura (sarebbe risultato assurdo), ma al gruppo di ‘amici’ della sinistra cristiana torinese e in particolare agli ideologi del gruppo nel quale il patologo tuttavia si riconosceva ed era attivo culturalmente (A. d’Orsi, La Cultura a Torino tra le due guerre, Einaudi, Torino 2000). Lo testimonia anche, in termini di frequentazioni, Natalia Ginzburg (Lessico familiare, Einaudi, Torino 1963, pp. 195 e 200-201) e in termini di impegno la traduzione e la cura in italiano da parte di Mottura di un importante volume di  Emmanuel Mounier (Che cos'è il personalismo?, Einaudi, Torino 1975).

Visti anche i personaggi in gioco, non si può, infine, non rendere conto di un avvenimento molto interessante risultante da una corrispondenza consultabile nel vasto archivio, ben conservato in casa di Mariolina Mottura. Nel 1945 Giacomo risulta corrispondente e animatore da Torino de Il Politecnico di Elio Vittorini (1908-1966), un’altra rivista, questa di più grande richiamo, che avrà vita breve (dal settembre 1945 al marzo 1946 come settimanale e quindi, sino al dicembre 1947, come mensile, per complessivi 39 numeri) e contrasti sostenuti da Mario Alicata e Palmiro Togliatti sempre su Rinascita con il suo direttore.
Mottura propone a Vittorini, tra gli altri contributi, un suo articolo dal titolo «Lavoro e malattia: la silicosi» e Vittorini, a breve giro di posta, il 20 agosto 1945, gli risponde: 

«Il tuo articolo in linea assoluta va molto bene. Ma per il Politecnico, ti dico subito, il punto di vista è un po’ diverso. Per parlare della silicosi ai lettori del Politecnico io personalmente avrei cominciato col raccontare che, medico, sono chiamato al capezzale di un ammalato. Corro dall’ammalato e descrivo lo stato in cui si trova, il più grave della malattia. Da qui sarei entrato in argomento. Pensi che possa aggiustare io stesso il tuo articolo? O vuoi riaverlo indietro per aggiustarlo tu nel senso che ti ho indicato? Se vuoi che provveda io, mi devi fornire i dati esterni delle condizioni in cui si presenta, nel caso più grave, un ammalato di silicosi e, possibilmente, una o più fotografie». 

L’articolo di Mottura non comparirà mai su Il Politecnico e non sappiamo se quello proposto era lo stesso, per lo meno nell’impostazione, che sarà pubblicato, cinque anni dopo, da Cultura e Realtà

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