Rubriche
06/04/2012

Casale Monferrato: una storia a fumetti

Gea Ferraris, Assunta Prato.
Eternit, dissolvenza in bianco
.
EDIESSE, Roma 2011

Per raccontare alcuni aspetti molto importanti della storia dell’Eternit, la fabbrica di cemento amianto di Casale Monferrato, questa volta si è usato il fumetto. È una graphic novel, infatti, quella prodotta da Assunta Prato e Gea Ferrarsi, entrambe di Casale; la prima, sceneggiatrice, vera portavoce di uno ‘sceneggiatore collettivo’, diffuso, il popolo della cittadina piemontese, è stata insegnante nella scuola secondaria, vedova di un amministratore pubblico morto per mesotelioma pleurico e attiva nell’Associazione famigliari vittime amianto. Gea Ferraris, artista-illustratrice di buona scuola, è stata anche allieva, scolasticamente, della prima.

La storia dell’Eternit viene raccontata in 5 atti preceduti da un prologo e seguiti da un epilogo.

Nel prologo, in una diecina di tavole, con didascalie essenziali scritte in prima persona e con solo due nuvole (balloon) contenti parole di dialogo e quindi quasi esclusivamente con immagini viene illustrato un “tipico caso” di diagnosi occasionale (dopo un lieve trauma toracico) di mesotelioma pleurico fatta nel 2004 in una donna giovane, piacente, attiva e sorridente ma residente a Casale. La storia “naturale” del “caso” rimane in sospeso, ma solo perché è considerata nota, a bassa sopravvivenza dopo la diagnosi, come la casistica degli oltre 50 mesoteliomi incidenti annualmente, ormai più tra la popolazione generale di Casale, quella non esposta direttamente all’amianto all’interno della fabbrica, che tra gli operai dell’Eternit.

Guardate queste immagini (cliccandoci sopra)

Atto primo
Il primo atto ha inizio nel 1957, quando in una modesta ma linda casa di Casale allietata da due pargoli giunge la notizia che il capo-famiglia che aveva perso il precedente posto di lavoro viene assunto (“in pratica un’assicurazione a vita”) nella grande fabbrica dell’amianto; c’è grande serenità, si fa festa. Lo scenario cambia presto: preceduti da una tipica “entrata in fabbrica”, all’alba, di operai in bicicletta, siamo introdotti nei reparti di produzione al seguito di due nuovi operai, quello di prima, del 1957, e anche, in una efficace intersezione cronologica, un altro che viene assunto nel 1974 e ciò in più episodi, solo in apparenza indipendenti. I dialoghi e le immagini assieme ci rendono conto nel modo più completo di come venisse accertato e comunicato il rischio da polveri tra gli operai, praticamente solo all’interno del loro gruppo omogeneo; emerge così la “soggettività” operaia fatta di sintomi respiratori ingravescenti tra quelli con maggiore anzianità, l’individuazione motivata dei siti a maggior rischio con grezze ma essenziali valutazioni di ordine impiantistico e di igiene industriale dove le polveri, le nuvole di polvere, sono rese con dei segni forti, dei graffi minuti che suggeriscono il meccanismo con il quale esse aggrediranno le mucose, i polmoni, la pleura. In questo caso i disegni dettati direttamente o indirettamente dal vissuto operaio risultano insostituibili: dicono quello che nessuna fotografia o ripresa cinematografica potrà mai dire perché queste ultime, se esistenti, saranno state rese non veritiere, dovendo essere realizzate nelle “migliori condizioni ambientali possibili”. Soltanto nelle tavole nelle quali compare la data del 1977 i contenuti dei dialoghi che prima si svolgevano all’interno dei reparti solo tra i lavoratori più interessati sono riportati in una assemblea generale di fabbrica, a dar vita a un inizialmente timoroso progetto di piattaforma rivendicativa di carattere sindacale. È in coincidenza di questo avvenimento che viene descritto in maniera molto toccante, con grande sensibilità, il caso di un operaio festeggiato perché  pensionato per asbestosi.

Atto secondo
Il secondo atto ha come titolo “la lotta dei lavoratori” e si apre con una morte, precoce, di un lavoratore affetto, ormai come tanti altri, da una grave affezione respiratoria. Siamo nel 1979 e cominciamo a vedere delle immagini riferite al sindacato esterno, alla Camera del lavoro di Casale, ai protagonisti che della lotta all’amianto faranno la missione della propria vita sino a oggi. Le autrici debbono essersi impegnate molto per rendere comprensibili, grazie a immagini, dialoghi e didascalie argomenti e passaggi dotati di intrinseca complessità. In questa fase entrano in gioco: gli scioperi, il coinvolgimento delle varie strutture sindacali, l’acquisizione di conoscenze su tutti gli effetti dell’amianto compresi quelli cancerogeni, le vertenze per i miglioramenti delle condizioni di lavoro quando l’azienda assicurava di aver reso assolutamente salubre il lavoro in fabbrica tanto da smettere di pagare il premio assicurativo supplementare per l’asbestosi all’Istituto assicuratore (INAIL) per la maggioranza dei lavoratori; la comparsa in scena per la prima volta della magistratura e le indagini ambientali fatte dal professor Salvini di Pavia; la vertenza con l’INAIL con una manifestazione romana per il riconoscimento delle malattie professionali e di altri “diritti” previdenziali che si consideravano acquisiti; la preoccupazione per il ricatto della chiusura della fabbrica; l’evidenza del rapporto tra esposizione ad amianto e morte per tumori respiratori di compagni di lavoro.

Atto terzo
Con un salto temporale l’atto terzo, dedicato alla “lotta della città”, è ambientato nel 1982 e introduce un preoccupato sindaco di Casale che pensa a voce alta alle gravose decisioni da assumere in relazione ai dati inequivocabili provenienti dal Registro dei tumori per il Piemonte e la Valle d’Aosta secondo cui la mortalità da mesotelioma a Casale è 20 volte più elevata rispetto a quelle delle altre città. Gli anni immediatamente successivi vedono in primo piano le storie dolorose di lavoro e di morte di molti operai o ex operai dell’Eternit, scene di animate assemblee di fabbrica e quindi sinistri figuri di rappresentanti dell’azienda in atteggiamento contemporaneamente di minaccia, di difesa e di rassicurazione sul lavoro, sulla salute e sul destino dei lavoratori. La riproduzione dei titoli dei giornali del gennaio del 1986 serve per annunciare il fallimento dell’azienda; quindi ricompare il sindaco che adotta, nel 1987, la coraggiosa ma “illegittima” ordinanza che vieta l’impiego di cemento-amianto in tutto il territorio comunale. 

Atto quarto
Nel quarto atto, siamo nel 1988, a dominare la scena è la figura coraggiosa, eroica, severa della signora Romana che gravida di lutti familiari (“Mario, Piercarlo, Gianna, Paolo…”) causati dall’amianto accetta di animare l’associazione di famigliari delle vittime per lottare, come è giusto le vittime facciano, per la bonifica del territorio, per stimolare la ricerca medica sui mesoteliomi e per chiedere giustizia, per evitare che altre vittime si aggiungano a quelle esistenti e a quelle già destinate a soccombere. Per perseguire quest’ultimo obiettivo non si può far altro che mobilitarsi con grande impegno sino al bando completo e definitivo dell’uso e della commercializzazione dell’amianto. Processo questo ben rappresentato da scene di massa e da didascalie che mettono in primo piano figure determinate e preoccupate nello stesso tempo, protagoniste in effetti della travagliata decisione legislativa del bando del 1992 .

Atto quinto
L’ultimo atto è quello della bonifica del sito aziendale richiesta con convinzione mediante popolate assemblee pubbliche e convincenti colloqui con le autorità dove emerge come un baratro l’assenza dell’azienda, l’unica responsabile dell’inquinamento.

L’epilogo è un doveroso omaggio a Romana dolorosa ma implacabile nel chiedere che giustizia sia fatta.

I documenti
Ad arricchire ulteriormente il volume c’è una ricca appendice documentale: prime pagine, testimonianze in presa diretta, ordinanze comunali, dossier fotografici del processo e della bonifica, degli articoli scritti da due giornalisti che più assiduamente hanno seguito le sedute del processo Eternit celebrato a Torino dal 2009 al 2011 (Silvana Mossano de La Stampa e Massimiliano Francia de Il Monferrato) e alcuni interventi volti a far riflettere su ciò che resta da fare da adesso in avanti, tutti strumenti indispensabili per conoscere e studiare, anche a futura memoria, gli avvenimenti tecnici e sociali che necessariamente girano attorno all’Eternit di Casale Monferrato.

Il volume è incompleto, ma...

Il volume è incompleto, non contiene un momento decisivo della storia dell’Eternit di Casale Monferrato, la sentenza pronunciata dal tribunale di Torino il 13 febbraio 2012. Tuttavia, come succede per tutti i fumetti che si rispettano, la fine è solo la fine di un episodio; a questo del quale si sta parlando, le autrici ne hanno fatto seguire tempestivamente un altro che probabilmente non sarà l’ultimo: una tavola di Gea Ferraris composta dopo che la sentenza è stata emessa; questa tavola (vd. http://caterpillar.blog.rai.it/), composta con sei quadri piccoli di vari personaggi, molti giovani studenti in trasferta da Casale al tribunale di Torino, e uno grande, corale, con i soddisfatti ma non radiosi protagonisti della lotta visti nell’episodio precedente.
Le ultime tre didascalie della tavola suggellano lo stato di avanzamento di un movimento senza eguali e insieme un sentimento collettivo di grande portata:

«Oggi in quest’aula è stato compiuto il passo più importante della lotta contro l’amianto ciò per cui abbiamo lavorato tanti anni tutti assieme, oggi in questa aula è stata scritta una sentenza storica»;

«Oggi un giudice ha dichiarato che non si può guadagnare sulla vita della gente»; «Oggi possiamo davvero pensare che un mondo più giusto sia possibile».

Commenti e apprezzamenti

Appare difficile interpretare e commentare dal di fuori il sottotitolo dell’opera Dissolvenza in bianco; è pensabile che esso faccia riferimento a quell’effetto che si produce quando sull’evanescenza progressiva di un’immagine se ne sovrappone un’altra e che lo stesso effetto sia riproposto dalle autrici a proposito di alcune immagini delle loro tavole che bene rappresentano l’evoluzione o la sintesi di idee e sentimenti alle volte difficili da esternare o da comunicare in maniera completa.

È giusto invece sostenere con una certa sicurezza che questo lavoro sull’Eternit risulta complessivamente di grande efficacia, seducente oltre per i contenuti anche per il modello narrativo, una graphic novel, una “storia a fumetti” che utilizza le mezzetinte e richiama la pittura Gerhard Richter. È uno strumento aggiornato, preferito nella comunicazione da molti, specie tra i più giovani; è importante perché mette assieme riflessioni e dialoghi raffigurati, oralità e scrittura, visione e lettura, oggettività e soggettività diretta e mediata.

Le altre storie a fumetti

Il modello ha maturato ormai una certa esperienza a partire dagli anni Settanta negli Stati Uniti con autori ormai mitici come Art Spiegelman, Marjane Satrapi, Craig Thompson, ma anche in Italia con gli esempi di “fumetto- verità”  proposti dal Corriere dei ragazzi, specie negli anni 1972-1975, e con quel capolavoro di Alfredo Chiappori che è Storie D’Italia 1848-1896  del 1977 ma riedito in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia (BlackVelvet Editrice, Firenze 2011).

Per quanto riguarda specificatamente i temi della salute e della sicurezza sul lavoro la casa editrice BeccoGiallo di Ponte di Piave (Treviso) ha pubblicato delle notevoli fumetto-storie: Marcinelle, storie di minatori (di I. Mavric e D. Pascutti, 2006); Porto Marghera, la legge non è uguale per tutti (di C. Calia, 2007); ThyssenKrupp, morti speciali S.p.A. (di A. Di Virgilio e M. De Carli, (2009). In Francia ha avuto grande fortuna un’opera di più autori di grande impatto visivo, proprio sull’amianto (Amiante, Chronique d’un crime social, Septième Choc, Paris 2005).

Approfondisci su epiprev.it Vai all'articolo su epiprev.it Versione Google AMP