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23/04/2021

Cambiamento climatico, esposizione a temperature estreme e rischio di infortunio sul lavoro: una priorità di ricerca e di intervento in tema di salute e sicurezza occupazionale

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L’interesse della comunità scientifica, della pubblica opinione e delle agenzie internazionali sui possibili effetti avversi dell’aumento delle temperature globali in relazione all’incremento delle emissioni dovute all’attività antropica, è notevolmente aumentato negli anni recenti anche in considerazione degli scenari di cambiamento climatico.1 L’associazione tra esposizione a temperature estreme, ondate di calore ed effetti sulla salute è stata ripetutamente studiata con strumenti di analisi epidemiologica; l’Organizzazione mondiale della sanità ha stimato in 250.000 decessi per anno l’impatto dei cambiamenti climatici per il periodo 2030-2050.2 In molti Paesi e in analisi multicentriche, sono stati mostrati eccessi significativi di mortalità, in particolare in gruppi di soggetti vulnerabili come gli anziani e i malati cronici, in associazione con le ondate di calore2 e con l’esposizione al freddo estremo.3 

Il tema del cambiamento climatico e la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro è complesso e coinvolge lo stress occupazionale dovuto a temperature estreme, l’esposizione alle radiazioni solari, l’interazione fra inquinamento ed esposizione a cancerogeni occupazionali e ad allergeni biologici. In questo quadro, l’associazione fra esposizione occupazionale a temperature estreme e rischio di infortunio sul lavoro è di particolare importanza, considerando che molte attività lavorative si svolgono all’aperto e spesso lavorazioni complesse e pesanti (lavori di asfaltatura, manutenzione stradale, edilizia, lavori agricoli) sono programmate d’estate. Gli orari di lavoro spesso comprendono i segmenti temporali di maggiore stress termico e molte categorie di lavoratori non possono contare sui sistemi di condizionamento per lo svolgimento dei lavori all’aperto o per impossibilità strutturale. Inoltre, molte lavorazioni generano o si debbono necessariamente svolgere in condizioni di temperatura elevata nel luogo di lavoro determinando un effetto di tipo sinergico.4 Recentemente, la rivista Lancet ha stimato come perse a causa dei cambiamenti climatici in totale nel mondo 153 miliardi di ore di lavoro nel 2017, con un incremento di 62 miliardi rispetto al valore dell’anno 2000. L’80% di queste ore sono state perse nel settore dell’agricoltura, con maggiori impatto nei Paesi asiatici, sub-sahariani e sudamericani.5

Da un punto di vista fisiologico, l’organismo umano è in grado di mantenere costante la propria temperatura centrale in un intervallo ristretto di 37±1°C nelle più diverse condizioni climatiche, attraverso continui scambi termici con l’ambiente circostante. Nella maggior parte dei casi, gli scambi termici tra l’ambiente e le persone che operano al suo interno sono condizionati da 4 parametri ambientali (temperatura, umidità relativa e velocità dell’aria, temperatura media radiante) e 2 parametri legati al soggetto (metabolismo energetico e isolamento termico dell’abbigliamento). Il mantenimento dell’equilibrio termico è assicurato da un complesso sistema di termoregolazione in cui l’ipotalamo svolge la funzione di un vero e proprio termostato. Nel caso di esposizione ad ambienti estremamente caldi, con tendenza all’incremento della temperatura centrale e conseguente necessità di disperdere calore verso l’esterno, i meccanismi attivati sono la vasodilatazione periferica e l’evaporazione del sudore. Nel caso di esposizione ad ambienti estremamente freddi, i meccanismi sono finalizzati a impedire la dispersione di calore all’esterno attraverso la vasocostrizione periferica. In entrambe le condizioni, quando i meccanismi fisiologici non sono più sufficienti a contrastare lo stress termico prolungato, l’organismo mette in atto meccanismi comportamentali: riduzione del movimento fino al blocco di ogni attività muscolare volontaria con lo scopo di evitare la produzione di calore endogeno negli ambienti estremamente caldi; attivazione volontaria delle masse muscolari per incrementare la produzione di calore in caso di esposizione ad ambienti estremamente freddi. Tali condizioni possono determinare riduzioni di attenzione e reattività in un individuo che, qualora svolga attività a rischio, possono causare infortuni sul lavoro con conseguenti danni alle persone coinvolte, oltre a una perdita di produttività nelle aziende presso cui operano. 

Alla luce del solido razionale di riferimento, della rilevanza per le politiche di promozione della salute occupazionale e della disponibilità di strumenti statistici evoluti (in particolare, i modelli non lineari a lag distribuiti), negli ultimi anni sono state condotte alcune analisi epidemiologiche rilevanti per la stima del rischio di infortunio dovuto all’esposizione occupazionale a temperature estreme in Canada, Australia, Stati Uniti, Cina e Spagna; i risultati di questi studi sono stati valutati recentemente in revisioni sistematiche e metanalisi.6,7 Pure nella varietà delle misure di esposizione utilizzate, nei metodi statistici e negli outcome di salute misurati, appare una coerenza di fondo nei risultati che indicano l’esistenza di un accresciuto rischio di infortunio per esposizione a temperature estreme, in particolare per i lavoratori di alcuni settori industriali (edilizia, agricoltura, energia e trasporti).8 

Un lavoro pubblicato recentemente,9 sfruttando la disponibilità di serie storiche di temperature a elevata risoluzione spaziale disponibili sul territorio nazionale messe a disposizione dal progetto BEEP,10 sviluppato in collaborazione fra Inail, Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio, Consiglio nazionale delle ricerche e altre strutture nazionali e regionali di epidemiologia ambientale, ha messo in relazione le temperature estreme (caldo e freddo) con gli incidenti sul lavoro registrati da Inail in 8.090 comuni italiani nel periodo 2006-2010, rilevando effetti significativi sia per il caldo (RR 1,17; IC95% 1,14-1,21 per temperature superiori al 75° percentile), sia per il freddo (RR 1,23; IC95%: 1,17-1,30 per temperature inferiori al 25° percentile). Si stima che le temperature inferiori e superiori alla soglia (25° percentile per il freddo e al 75° percentile per il caldo) abbiano un ruolo per circa 5.200 incidenti sul lavoro all’anno (pari a circa 1,15% del totale degli infortuni). Lo stesso lavoro mostra una variabilità dei rischi in relazione all’età (maggiori nei lavoratori giovani per il caldo e per i lavoratori meno giovani per il freddo), al genere (le donne sono più suscettibili alle basse temperature, gli uomini alle alte), alla dimensione aziendale (maggiore l’effetto del caldo sugli occupati nelle piccole imprese, maggiore l’effetto del freddo per le grandi aziende). I risultati dello studio, identificando categorie di lavoratori particolarmente esposti al rischio di infortunio correlato all’esposizione a temperature estreme, possono contribuire a definire specifiche misure di prevenzione e protezione sia a livello individuale sia organizzativo, come prevenire la disidratazione favorendo la disponibilità di acqua nei luoghi di lavoro; indossare abiti leggeri di cotone, traspiranti, di colore chiaro, comodi, adoperando un copricapo; ridurre il ritmo di lavoro nei periodi di allerta. Il datore di lavoro può, nello stesso momento, mettere in atto misure organizzative come ridurre l’attività lavorativa nelle ore più calde (dalle 14:00 alle 17:00), programmare le attività più pesanti nelle ore più fresche della giornata, inserire un programma di acclimatamento graduale.11 L’incremento di infortuni sul lavoro a causa di eventi climatici estremi ha ulteriori conseguenze di natura economica, di impatto sulla produttività e sulla sanità pubblica. Dal punto di vista economico, ogni incidente comporta costi sociali, assicurativi e di perdita della produttività. Una stima del costo medio sociale del singolo infortunio è pari a circa 50.000 euro. Ne consegue che il costo sociale per gli incidenti causati da temperature estreme e stimati dal lavoro scientifico sopradescritto (5.200 incidenti) è pari a 260 milioni di euro l’anno.

Alla luce degli scenari di cambiamento climatico, in particolare all’aumentare dell’intensità e della frequenza delle ondate di calore, è necessario considerare la protezione dei lavoratori dai rischi di infortunio connessi alle temperature estreme come una priorità. 

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Stocker TF, Qin D, Plattner GK et al (eds). Climate change 2013. The Physical Science Basis. New York, Cambridge University Press, 2013. Disponibile all’indirizzo: https://www.ipcc.ch/report/ar5/wg1/
  2. World Health Organization. Quantitative risk assessment of the effects of climate change on selected causes of death, 2030s and 2050s. Geneva, WHO, 2014. Disponibile all’indirizzo: https://www.who.int/globalchange/publications/quantitative-risk-assessment/en/
  3. Smith ET, Sheridan SC. The influence of extreme cold events on mortality in the United States. Sci Total Environ 2019;647:342-51.
  4. Schulte PA, Bhattacharya A, Butler CR et al. Advancing the framework for considering the effects of climate change on worker safety and health. J Occup Environ Hyg 2016;13(11):847-65.
  5. Watts N, Amann M, Arnell N et al. The 2018 report of the Lancet Countdown on health and climate change: shaping the health of nations for centuries to come. Lancet 2018;392(10163):2479-514.
  6. Bonafede M, Marinaccio A, Asta F, Schifano P, Michelozzi P, Vecchi S. The association between extreme weather conditions and work-related injuries and diseases. A systematic review of epidemiological studies. Ann Ist Super Sanita 2016;52(3):357-67.
  7. Binazzi A, Levi M, Bonafede M et al. Evaluation of the impact of heat stress on the occurrence of occupational injuries: meta-analysis of observational studies. Am J Ind Med 2019;62(3):233-43.
  8. Martínez-Solanas È, López-Ruiz M, Wellenius GA et al. Evaluation of the impact of ambient temperatures on occupational injuries in Spain. Environ Health Perspect 2018;126(6):067002.
  9. Marinaccio A, Scortichini M, Gariazzo C et al. Nationwide epidemiological study for estimating the effect of extreme outdoor temperature on occupational injuries in Italy. Environ Int 2019;133(Pt A):105176.
  10. Progetto Big data in Epidemiologia ambiEntale ed occuPazionale. Disponibile all’indirizzo: https://www.progettobeep.it
  11. Ministero della salute. Ondate di calore, opuscolo “Estate sicura. Caldo e lavoro. Guida per i lavoratori”. Disponibile all’indirizzo: http://www.salute.gov.it/portale/caldo/dettaglioOpuscoliCaldo.jsp?lingua=italiano&id=344
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