Studi eziologici, valutazioni di impatto ed epidemiologia in tribunale
Nel secondo numero di E&P del 2017, Corrado Magnani1 commenta un intervento di Savitz,2 invitando gli epidemiologi ambientali italiani a confrontarsi sul fatto che gli studi epidemiologici possano, come sostiene l’epidemiologo americano, «ritardare interventi di bonifica e, paradossalmente, aumentare il livello di incertezza». Magnani sostiene che nell’esperienza di Casale Monferrato è stato molto utile affiancare le opere di bonifica con studi epidemiologici che hanno permesso avanzamenti delle conoscenze nell’epidemiologia dei mesoteliomi.3
Pensiamo che la concomitanza di eventi citata da Magnani, cioè le bonifiche e la conduzione di indagini epidemiologiche, evochi una situazione ideale, raramente riscontrabile nel resto del Paese.4 Concordiamo con Savitz sul fatto che in taluni casi, come è accaduto per una centrale elettrica ENEL alimentata a carbone,5 possa giovare condurre valutazioni integrate di impatto ambientale e sanitario quick and dirty. Queste valutazioni, infatti, hanno un rapporto costi-benefici più favorevole di un nuovo studio epidemiologico che, come ricordato da Magnani, se si riferisce a piccole aree, ha elevate probabilità di presentare grandi incertezze nelle stime. Ciononostante, concordiamo con Magnani sul fatto che l’approfondimento degli studi e l’espansione e il consolidamento delle conoscenze epidemiologiche risultano oltremodo importanti, non solo sul piano strettamente scientifico. Vi è, infatti, un contesto, quello processuale, che con notevole frequenza vede attori anche gli epidemiologi italiani, all’interno del quale l’utilità degli studi epidemiologici vale anche in termini di accertamento di responsabilità, anzitutto penali, di eccessi di mortalità e morbosità, collegate a esposizioni ambientali.
Per garantire all’epidemiologia anche questo fondamentale ruolo di giustizia, il che vuol dire perciò stesso pure di prevenzione, l’obiettivo epistemologico da perseguire deve essere, a nostro avviso, quello di affermare il principio per cui l’epidemiologia è strumento in grado di garantire l’accertamento e la relativa quantificazione, oltre ogni ragionevole dubbio, dei decessi imputabili a un determinato fattore di nocività, più precisamente a una data esposizione, tra le persone appartenenti a una data comunità.
Ciò anche e soprattutto in un momento in cui si registrano nella dottrina penalistica posizioni che caldeggiano la sostanziale espulsione dal processo penale di tutto lo strumentario epidemiologico, poiché asseritamente inadeguato, se non proprio fuorviante, come mezzo di accertamento di nessi causali e responsabilità.6
Va, invece, ribadita con fermezza la centralità, nella “società del rischio”,7 dell’indagine epidemiologica, anche nel contesto e nel senso sopra indicati: come imprescindibile strumento al servizio della tutela, anche penale, di beni giuridici assolutamente prioritari, quali l’ambiente e la salute pubblica.
Bibliografia
- Magnani C. Inquinamento ambientale: l’indagine epidemiologica è sempre utile, anche quando l’esposizione e le sue conseguenze sono ben note? Epidemiol Prev 2017;41(2):78-79.
- Savitz DA. Commentary: Response to Environmental Pollution: More Research May Not Be Needed. Epidemiology 2016;27(6):919-20.
- Ferrante D, Mirabelli D, Tunesi S, Terracini B, Magnani C. Pleural mesothelioma and occupational and non-occupational asbestos exposure: a case-control study with quantitative risk assessment. Occup Environ Med 2016;73(3):147-53.
- Laura D’Aprile. Le bonifiche in Italia, una situazione in evoluzione. Ecoscienza: Sostenibilità e controllo ambientale 2017;8(4):8-10. Disponibile all’indirizzo: https://www.arpae.it/cms3/documenti/_cerca_doc/ecoscienza/ecoscienza2017_4/Ecoscienza2017_4.pdf
- Mangia C, Cervino M, Gianicolo EA. Secondary Particulate Matter Originating from an Industrial Source and Its Impact on Population Health. Int J Environ Res Public Health 2015;12(7):7667-81.
- Federico Stella. Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime. Milano, Giuffrè Editore, 2003; pp. 292 e ss.
- Beck U. La società del rischio. Verso una seconda modernità. Roma, Carocci, 2000.