Lettere
10/01/2023

Risposta degli autori alla lettera di Sanvenero et al.

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Ringraziamo gli autori per la lettera (p. 299 di questo fascicolo) che ci permette di sottolineare nuovamente i risultati rilevanti dello studio e la metodologia seguita (Boosters and time since the last anti-COVID-19 vaccine dose: lead public health choices by real-time epidemiological assessment. Epidemiol Prev 2022;46(1-2):34-46). 
Prima di rispondere ai quesiti posti, ci sembra necessario precisare in quale cornice si è sviluppato il lavoro citato. 
L’Unità di epidemiologia è parte integrante dell’Agenzia per la tutela della salute (ATS) dell’area Metropolitana di Milano, che copre le province di Milano e di Lodi (3.500.000 di residenti) e governa un sistema metropolitano complesso e unico a livello nazionale, che inoltre è stato punto di origine dell’epidemia di COVID-19.
Nelle fasi iniziali della somministrazione della prima dose booster, momento in cui la circolazione virale garantiva una risposta immunitaria efficiente dei vaccini, il sistema di monitoraggio sviluppato in ATS Milano ha messo in luce un rallentamento dell’accesso da parte della popolazione già sottoposta alle prime due dosi, popolazione prevalentemente più anziana e maggiormente affetta da patologie croniche. Una prima analisi aveva evidenziato un eccesso di ricoveri per COVID-19 e di decessi nei soggetti che avevano avuto il completamento del primo ciclo vaccinale da più tempo, per questo si era pensato di generare elenchi per ciascun medico di medicina generale segnalando i soggetti a maggiore priorità di accesso alla dose booster. Tuttavia, la vigente normativa sulla privacy limita queste attività; pertanto, ATS ha avviato l’iter istruttorio per ottenere un parere dall’Autorità garante, di cui l’articolo pubblicato su E&P fa parte integrante. Tuttavia, il Garante ha negato l’utilizzo degli elenchi, perché, anche in presenza di queste evidenze, l’iniziativa proposta costituiva una violazione della norma. 

Ciò premesso, consideriamo ora i punti sollevati nella lettera. Come espresso già nel titolo (Confronto della mortalità generale tra popolazione vaccinata e non vaccinata contro COVID-19 nelle province di Milano e di Lodi), gli autori suggeriscono di condurre un nuovo studio che va oltre quanto affrontato e discusso nel lavoro da noi pubblicato; qui riteniamo opportuno limitarci a rispondere tenendo in considerazione solo ciò che risulta attinente ai dati presentati e discussi nel lavoro pubblicato. 

«Mancano analisi sia per latenza della mortalità dalla dose booster sia per distanza del booster dalla seconda dose».
La finestra temporale in cui è stato disegnato lo studio (3 mesi, in quanto la somministrazione della dose booster è stata avviata il 01.10.2021 e il follow-up dello studio si è chiuso al 31.12.2021) non permette di stratificare le analisi. 
L’effetto della latenza dal completamento del ciclo vaccinale con due dosi è stato possibile in quanto a ottobre erano trascorsi 10 mesi dall’inizio della campagna vaccinale, mentre non è stato possibile analizzare lo stesso effetto sulla dose booster, in quanto la somministrazione della dose booster è stata avviata il 01.10.2021 e il follow-up dello studio si è chiuso al 31.12.2021
D’altra parte, i nostri risultati mostrano che i vaccinati con la dose booster presentano un difetto di rischio per ricoveri ordinari, in terapia intensiva e mortalità. Questa fascia di popolazione, infatti, raccoglie individui con una latenza dalla seconda dose variabile, eppure i risultati mostrano un netto effetto protettivo della vaccinazione su tutti gli eventi avversi considerati, evidenziando l’importanza della somministrazione della dose booster nella popolazione.
I vaccinati con una latenza superiore ai 6 mesi presentano, invece, un eccesso di mortalità, ben evidenziato nel testo e ampiamente considerato in discussione. Anche nella premessa è ben contestualizzato e presentato come punto centrale dello studio. Tuttavia, gli autori della lettera non evidenziano due punti fondamentali: esiste un eccesso anche per i ricoveri per COVID e questo elemento non deve essere sottovalutato e inoltre la mortalità qui considerata è quella generale. 

«I risultati ci hanno colpito, poiché l’analisi tempo-dipendente è stata aggiustata per sesso, età, stato socioeconomico, cittadinanza, numero di comorbidità e ultima vaccinazione effettuata nell’ultimo trimestre 2021. Qui gli autori, nonostante quanto dichiarato nei metodi e nei risultati (tabella 5), motivano che l’eccesso di mortalità è attribuibile a fattori utilizzati per l’aggiustamento».
Non trattandosi di uno studio randomizzato o soggiacente a qualsiasi disegno sperimentale, la valutazione degli effetti della vaccinazione è “determinato” dalle cinetiche di compartimentazione/segregazione della popolazione generale. Questa valutazione si apprezza nella tabella S1 dei materiali supplementari. I soggetti “rimasti” alla fine dell’osservazione nel serbatoio dei vaccinati da più di 7 mesi hanno un’età media di 15 anni maggiore dei non vaccinati e hanno il 17% di comorbidità verso il 3% dei non vaccinati. Questo identifica una segregazione del rischio di decedere, che, letta congiuntamente al maggiore rischio di ricovero, identifica un gruppo che ha subìto gli effetti dell’infezione, legati alla perdita dell’immunità in assenza di misure restrittive specifiche e con una popolazione in cui gradatamente si è andata a perdere l’attitudine alle misure di protezione individuale. L’aggiustamento necessario in assenza di un disegno sperimentale randomizzato, in uno studio osservazionale che, come in questo caso, è completamente sbilanciato in quanto il gruppo controllo risulta più giovane e più sano, riporta un rischio grezzo di 15 a un rischio corretto di 4.

«Sarebbe, infine, importante avere informazioni sull’HR calcolato sul totale dei ricoveri e dei morti in eccesso stimati nell’intero gruppo dei vaccinati sia per mortalità totale sia per quella da COVID-19».
Questa richiesta, come il titolo della lettera, non attengono per coerenza al lavoro qui in discussione, ma sembrano suggerite da un’insistente curiosità degli autori. Le stime prodotte per mortalità, ricoveri in terapia intensiva e ricoveri per COVID per i soggetti vaccinati rispetto ai non vaccinati nella finestra temporale e utilizzando lo stesso modello di aggiustamento dello studio sono: HR 0,44 (IC95% 0,42-0,47) per la mortalità totale; HR 0,08 (IC95% 0,06-0,11) per i ricoveri in terapia intensiva; HR 0,86 (IC95% 0,84-0,87) per i ricoveri per COVID.

«Risulterebbe che l’intera popolazione vaccinata faccia registrare circa 178 decessi in più rispetto al valore atteso corrispondente a un aumento medio della mortalità complessiva pari a +2,91%».
Quest’ultima affermazione è evidentemente in contrasto con le conclusioni dello studio e con le analisi supplementari richieste dagli autori della lettera.

«Questo incremento nella mortalità totale, pur preliminare, merita a nostro avviso un’approfondita disamina per fini di sanità pubblica».
Ci permettiamo di commentare in questo contesto alcuni aspetti che sono sempre stati oggetto di intenso confronto con alcuni degli autori della lettera anche in altre sedi. Si ritiene che ogni ricercatore sia caratterizzato dalle sue convinzioni, combinazione del vissuto personale, della cultura e delle esperienze di vita: la possibilità che le proprie convinzioni divergano da quelle della maggior parte delle persone non rappresenta mai un problema, poiché viviamo in un contesto in cui tutti possono esprimere le proprie convinzioni anche se basate solo su sensazioni o esperienze personali. Se chiedessimo a un paziente che ha avuto la miocardite in forma grave come esito della vaccinazione anti-SARS-CoV-2 ci direbbe che la vaccinazione è la peggiore cosa che esiste al mondo e chi l’ha prodotta è un criminale e, per questo motivo, sta legalmente intervenendo – per il bene della comunità – nei suoi confronti. La maggior parte della popolazione, invece, ha goduto di un vantaggio enorme dovuto alle vaccinazioni, che ci hanno traghettato verso una situazione completamente diversa rispetto alla prima ondata. 
Tuttavia, chi ha responsabilità di salute pubblica dovrebbe prestare particolare attenzione a evitare di seguire le proprie convinzioni al di sopra di qualsiasi evidenza scientifica. Gli autori della lettera sembrano cadere in questo errore quando utilizzano numeri grezzi e decessi attesi omettendo di considerare che la mortalità generale, avendo come determinante fondamentale l’età, non può basarsi sul confronto di un gruppo con un’età media di 50 anni (con caratteristiche di carico di patologia e caratteristiche sociodemografiche specifiche) con quella di un gruppo con età media di 65 anni (e caratteristiche cliniche e sociodemografiche completamente differenti) è da ritenersi non corretto. Quindi, la conclusione di un eccesso di 178 soggetti su 3 milioni di soggetti può definirsi quantomeno discutibile.

«Confidiamo quindi in possibili risposte, parte delle quali potrebbero non richiedere sofisticate analisi».
L'analisi poco sofisticata che si può  proporre è quella che mostra che se i non vaccinati si fossero vaccinati tutti, applicando la riduzione di rischio del gruppo dei soggetti con dose booster, avremmo evitato 900 decessi. Nessuno può affermare che questi 900 decessi siano tutti dovuti al COVID-19 essendo questa una popolazione estremamente selezionata su cui pesa probabilmente un importante svantaggio socioeconomico. Invece, gli oltre 600 ricoveri in ospedale che si sarebbero evitati sono responsabilità di sanitari che hanno fatto un'informazione fuorviante, in quanto nella letteratura internazionale si sono accumulate evidenze rispetto al vantaggio delle politiche vaccinali e sugli eventi avversi legati ai vaccini, ma non ancora un’evidenza di danni rispetto alla popolazione considerata nel suo complesso.
La valutazione dell’efficacia vaccinale è un esempio da manuale, messo in evidenza anche da varie agenzie internazionali, di quanto si debba fare attenzione nell’analisi e nell’interpretazione di dati che presentano distribuzioni di probabilità che cambiano notevolmente da un gruppo a un altro. Disaggregando per fascia anagrafica, si riesce ad apprezzare quanto e quando i vaccini funzionino bene contro il rischio di ospedalizzazione e di decesso, mentre l’efficacia complessiva valutata su dati aggregati può apparire minima, a causa del paradosso di Simpson, che, se non attentamente preso in considerazione, può portare a strumentalizzazioni che nulla hanno a che fare con i dati e con la scienza.

Conflitti di interesse dichiarati: gli autori credono convintamente nella sanità pubblica.

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