Lettere
17/05/2024

Per una più efficace valutazione di impatto sanitario (VIS)

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Torniamo sul tema della valutazione di impatto sanitario (VIS) con un intervento dal duplice intento: da una parte, informare tutti i lettori di Epidemiologia&Prevenzione riguardo alla situazione che caratterizza la fase attuale di applicazione dello strumento; dall’altra, condividere con gli esperti di settore la necessità di rilanciare l’impegno tecnico-scientifico per un’evoluzione finalizzata a una maggiore protezione della salute collettiva. 

Contestualizzazione

Già il Decreto legislativo n. 152 del 2006 “Norme in materia ambientale” aveva incluso un’attività di valutazione di impatto sanitario (VIS) nell’ambito della valutazione di impatto ambientale (VIA), prevedendo un «elaborato predisposto dal proponente sulla base delle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell’Istituto superiore di sanità, al fine di stimare gli impatti complessivi, diretti e indiretti, che la realizzazione e l’esercizio del progetto può procurare sulla salute della popolazione».

La norma veniva ribadita (con maggiore dettaglio) dal D.lgs. n. 104 del 2017 (recepimento della Direttiva europea 2014/52/UE sulla VIA), a seguito del quale il Ministero della Salute adottava le Linee guida (ISTISAN 19/9) e successivi approfondimenti (ISTISAN 22/35) rilasciati dall’ISS.

Sebbene gli articoli 1 e 2 mettano al primo posto la popolazione e la protezione della sua salute, l’articolo 12 restringe a una serie di grandi impianti, riportati nell’allegato II,1 la presentazione di elaborato di VIS, senza peraltro escluderne l’applicazione ad altri impianti, anzi, richiamando nella narrativa dello stesso decreto l’uso come modello di riferimento anche per le VIA regionali.

L’inserimento della VIS nelle procedure di VIA pone diversi elementi sul piano teorico e applicativo ed è stato previsto recentemente dal documento tecnico prodotto dal Sistema Nazionale di Protezione Ambientale (SNPA).2
La VIS è stata ripresa dal Piano nazionale della prevenzione (PNP) 2014-2018, all’Obiettivo centrale 8.4 (“Sviluppare modelli, relazioni istituzionali per la valutazione degli impatti sulla salute dei fattori inquinanti”) e confermata nell’ultimo PNP 2020-2025, che ha definito il quadro degli attori coinvolti.

La presenza crescente di progetti di interesse nazionale, sottoposti all’analisi della commissione VIA-VAS del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica con il coinvolgimento di pareri dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è solo la punta dell’iceberg. Accanto a queste decine di iniziative, ci sono le centinaia di progetti di competenza regionale, ognuno richiedente approfondite istruttorie. La complessità aumenta ulteriormente quando si tratta di progetti soggetti a VIA, richiedendo un impegno paritetico nelle valutazioni ambientali strategiche (VAS) e nelle autorizzazioni integrative ambientali (AIA). Questo mare magnum, con le sue implicazioni ambientali e sanitarie, mette a dura prova i servizi regionali delle ARPA e delle ASL: questi ultimi in particolare sottodimensionati a seguito dello spostamento dell’asse della sanità dal territorio ai presidi aziendali.

Meccanismo valutativo: limiti e proposte

Molti procedimenti, seppure diversificati per tipo di progetto o impianto da valutare, per entità dell’impatto e per molti altri fattori in gioco, sono accomunati da una difficoltà di cui la normativa vigente non riesce a tenere conto, almeno in modo soddisfacente.

In sintesi, il meccanismo della valutazione di impatto di tipo epidemiologico (Health Impact Assessment, HIA) prevede il calcolo dei casi di morte o malattia attribuibili allo scostamento di inquinamento imputabile al “solo” progetto/impianto, valutato come differenza tra l’inquinamento ante-operam e quello post-operam che si diffonde e ricade sulla popolazione potenzialmente esposta (target).

Una valutazione centrata, quindi, sull’esposizione agli inquinanti causati dalla sorgente oggetto di proposta che, così come congegnata, non tiene nella dovuta considerazione lo stato ambientale e in parte sanitario al contorno. Per dirlo con un esempio del paradosso, un incremento di 1 microg/m3 di PM2,5 a carico di una popolazione X residente in Pianura padana in termini assoluti pesa quanto lo stesso aggravio su una uguale popolazione residente in un’area verde dell’Abruzzo, addirittura in termini relativi rispetto al fondo pesa molto meno. Sia che si tratti di un nuovo impianto/progetto sia di un rinnovamento di uno esistente, la conclusione è quasi sempre la stessa: l’apporto incide poco o – a volte – anche niente.

Il meccanismo rimane insensibile al fatto che la popolazione viva – magari da molto tempo – in un’area più o meno inquinata.

L’unico parametro che tiene parzialmente conto dell’impatto già esistente è il tasso di mortalità/malattia di base che viene utilizzato per il calcolo dei casi attesi e che, quindi, è corretto che sia il più possibile riferito alla popolazione target e non a una popolazione indistinta e ampia,3 come raccomandato anche dalle già citate linee guida dell’ISS. 
Infatti, nelle zone in cui la popolazione ha già subito un peggioramento dello stato di salute a causa di esposizioni ambientali, tassi più elevati aumentano il numero di casi attesi, molto meno in aree con esposizioni e impatti sulla salute più recenti. Tuttavia, è fondamentale considerare il periodo di latenza con cui molte condizioni di salute risentono del danno esogeno e il peso che hanno molti altri fattori causali. Nella maggior parte dei casi, le dimensioni tipiche dei rischi in azione e delle popolazioni esposte conferiscono al sistema di osservazione-valutazione una potenza statistica limitata che già a priori si può definire inadeguato e che mette in evidenza rischi di piccola o modesta dimensione. 

Nella valutazione del differenziale di rischio prima-dopo ascrivibile a un solo impianto/progetto, qualche proponente ha iniziato a offrire confronti rispetto a soglie più restrittive; per esempio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2021 per la qualità dell’aria. Se l’uso di limiti più cautelativi è importante, in questo caso lo è più da un punto di vista formale che sostanziale, perché l’uso di una qualsiasi costante di riferimento non incide sul calcolo prima-dopo e quindi sul parere di accettazione, a meno che non si consideri come incremento quello dovuto all’impianto più quello del livello di fondo rispetto al limite protettivo.

Il problema era già stato precedentemente affrontato anche su E&P4 individuando nella VIS d’area la soluzione idonea a considerare altre fonti di inquinamento insistenti sull’area di influenza del nuovo impianto/progetto e la necessità di considerare maggiormente lo stato ambientale e di salute ante-operam. Ciò che emerge con sempre più chiarezza e drammaticità è che, in aree fortemente inquinate, come vaste zone della Pianura padana e alcuni siti urbani e industriali, la situazione è già talmente dannosa per la salute da non permettere l’aggiunta di ulteriori fonti di inquinamento. Questo pone problemi rilevanti a chi ha competenze e responsabilità di protezione della salute collettiva e individuale, che spesso richiedono supporto per svolgere valutazioni prima ancora di dare un giudizio su esercitazioni di VIS che non colgono la gravità della situazione. Se non si può chiedere al proponente di risanare aree in cui si collocano le loro proposte, si dovrebbero prevedere misure di mitigazione allegate al loro progetto atte ad abbassare il carico di inquinamento e di malattia e si dovrebbe stabilire per legge condizioni stringenti a realizzare nuovi impianti in aree di sacrificio. La conseguenza logica di questo ragionamento è la necessità di rafforzamento delle funzioni di osservazione e valutazione epidemiologica dei sistemi regionali e locali di prevenzione, in coordinamento con le agenzie di protezione ambientale e gli istituti zooprofilattici: un obiettivo prioritario a livello regionale del nuovo sistema nazionale SNPS-SNPA. 

I progetti di ricerca della filiera PNC del Ministero della Salute, in corso di attivazione, potranno contribuire significativamente all’avanzamento richiamato.5

Conclusioni

Per concludere, si consiglia la lettura delle istruttive conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott presentate il 14 dicembre 2023 alla Corte di Giustizia dell’Unione europea-Strasburgo a riguardo della “Causa C-626/22; C.Z. e altri contro Ilva SpA in Amministrazione Straordinaria e altri”.6 Il documento di 37 pagine, nel ripercorrere le tappe giuridiche di tutta la vicenda ex-Ilva e Acciaierie d’Italia, richiama una serie di punti fermi a partire dalla Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento).
Tra le tante definizioni e rilievi contenuti, importanti sia sul piano formale sia sostanziale, ne richiamiamo di seguito alcuni pertinenti in ambito epidemiologico e di sanità pubblica:

  • accezione ampia di danno, non solo alla salute e all’ambiente, ma anche a beni materiali, ricreativi, usi legittimi;
  • valori limite di emissione, non solo riferiti a concentrazioni, ma anche alla massa, e fissati per tutte le sostanze inquinanti che possono essere emesse dall’installazione interessata in quantità significativa (non solo quelle elencate in allegato II);
  • migliori tecnologie disponibili (BAT) definite come soluzioni più evolute (non lascia spazio a impianti a carbone, esistendo soluzioni forni elettrici e a idrogeno);
  • nei costi non vengono computati quelli ambientali di breve, medio e lungo periodo, i costi ambientali, i costi climatici;
  • nel caso che una norma di qualità ambientale richieda condizioni più rigorose di quelle ottenibili con le BAT, «l’autorizzazione contiene misure supplementari, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale»;
    la verifica del rispetto degli obblighi fondamentali fissati dalla suddetta direttiva (art. 11, lettere a. e c.), ossia l’adozione di sufficienti misure di prevenzione dell’inquinamento e la prevenzione di fenomeni di inquinamento significativi, richiede la valutazione dell’impatto dell’impianto sulla salute umana e delle emissioni dell’impianto che possono avere tale impatto;
  • l’impatto sulla salute è da prendere in considerazione nell’individuazione delle migliori tecniche disponibili per l’intera Unione europea.

Conflitti di interesse dichiarati: FB è stato di recente consulente dei Comuni di Piombino e Robbiate per la valutazione di studi di impatto sanitario di impianti industriali localizzati nei loro territori; è consulente della società Terra Srl (VE) per la valutazione di VIS entro VIA di impianti industriali proposti nei comuni di Cavaglià, Savona, Valeggio sul Mincio e San Giovanni in Lupatoto.

Bibliografia e note

  1. Decreto legislativo n. 104 del 16.06.2017, Art.12: «Per i progetti di cui al punto 1) dell’allegato II alla presente parte e per i progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW, di cui al punto 2) del medesimo allegato II, il proponente trasmette, oltre alla documentazione di cui alle lettere da a) a e), la valutazione di impatto sanitario predisposta in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell’Istituto superiore di sanità».
  2. SNPA. Valutazione di impatto ambientale, norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale. Approvato dal Consiglio SNPA. Riunione ordinaria del 09.07.2019. Linee Guida SNPA 28/2020. Roma, SNPA, 2020. Disponibili all’indirizzo: urly.it/3_j8r
  3. Ancona C, Assennato G, Bianchi F et al. Health impact assessment should be based on correct methods. Med Lav 2022;113(2):e2022019. doi: 10.23749/mdl.v113i2.12939
  4. Bianchi F, Ancona C, Bisceglia L, Forastiere F, Ranzi A. Impatto sanitario: la valutazione del singolo impianto non è sufficiente, occorre anche una valutazione di area. Epidemiol Prev 2021;45(1-2):117-21. doi: 10.19191/EP21.1-2.P117.046
  5. Ancona C, Bisceglia L, Ranzi A. I progetti “Ambiente e Salute” finanziati dal Piano degli investimenti complementari al PNRR: un’occasione da non perdere. Epidemiol Prev 2023;47(4-5):222-26.
  6. Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott presentate il 14.12.2023. Disponibile all’indirizzo: urly.it/3_j8q

 

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