Lettere
26/04/2010

Il potere della medicina moderna: qualche altra considerazione

Ringrazio Benedetto Terracini e il Consiglio editoriale di Epidemiologia e Prevenzione per aver dato spazio ad alcune mie considerazioni sulla medicina moderna (Epidemiol Prev 2009; 3: 72-75; Epidemiol Prev 2009; 4-5: 135-38 e Epidemiol Prev 2009; 6: 205-206 ). Mi fa piacere che l’articolo sia stato seguito da vari commenti di colleghi interessati all’argomento. Vorrei molto brevemente riprendere alcune delle tematiche affrontate, e così rispondere ad alcune delle osservazioni.

  • Ha perfettamente ragione Benedetto quando parla di omissioni «che danno da pensare». Naturalmente non potevo in poche pagine affrontare tutta una serie di argomenti che invece, come giustamente sottolinea Terracini, andrebbero affrontati e discussi ampiamente, soprattutto per quanto concerne gli interessi economici che molto spesso guidano le nostre scelte in campo sanitario. Il recente caso del-l’influenza H1N1 e della relativa vaccinazione rappresenta un esempio quanto mai paradigmatico, che mi auguro possa essere approfondito da altri autori.
  • Il commento di Franco Berrino è assolutamente in linea con quanto afferma Terracini. Sono perfettamente d’accordo: in queste questioni c’è un convitato di pietra, l’industria, e non solo quella del farmaco. E la televisione dove la mettiamo? Le ultime statistiche attribuiscono a ognuno di noi una media di 5 ore di televisione al giorno, il che vuol dire almeno un’ora al giorno di martellante pubblicità, che il più delle volte consiste in un esplicito invito a mangiar male e troppo. Eppure, se ben utilizzato, lo strumento televisivo potrebbe essere di grande utilità.
  • Anche le osservazioni di Roberto Satolli mi trovano perfettamente in accordo e sintonia. È vero, forse sarebbe ora di mettere a punto un nuovo «contratto sociale» fra Società e Medicina, per trovare nuovi equilibri e per ridefinire la professione del medico. In un recente lavoro statunitense è stato calcolato che se un medico generico volesse integralmente prescrivere ai suoi assistiti tutte le indicazioni che la medicina preventiva oggi richiede, dovrebbe dedicare solo a questo ben 7 ore di lavoro al giorno. Ed il tempo per i malati veri dove lo troverà?
  • Giancarlo Pizza non si meraviglia del fatto che soggetti sani sempre più spesso effettuino controlli per valutare il loro stato di salute. Ha ragione, in teoria non vi è nulla di sbagliato, e la cosa può essere vista come segno di evoluzione culturale della nostra civiltà. Però è indubbio che si tratti di una nuova medicina, la quale dovrà affiancarsi alla vecchia medicina (i malati veri ci saranno sempre) e per la quale occorreranno ulteriori risorse umane e finanziarie, e in un momento di crisi ciò può rappresentare un problema.
  • Concordo anche con Adele Seniori Costantini sull’importanza di trovare un punto di equilibrio, soprattutto fra reale guadagno di salute per la collettività e sostenibilità economica in rapporto agli sviluppi della nuova medicina. Il fatto è che a mio parere questo auspicabile punto di equilibrio tende ad allontanarsi sempre più, mentre tutte le problematiche innescate dalla nuova medicina restano da risolvere, e in tempi rapidi.
  • Pierluigi Struzzo considera piuttosto forzate le mie conclusioni e sembra trovare del tutto normale che la nuova medicina abbia come principale obiettivo l’individuo sano. È possibile che abbia ragione su tutti e due i punti. Egli però cita la Carta di Ottawa sulla promozione della salute nel mondo, e ci ricorda che il principale obiettivo dell’OMS è la riduzione delle disuguaglianze e della povertà nel mondo. Come pensa di conciliare questi obiettivi con la continua e crescente promozione del «salutismo» nel mondo oiccidentale? Lo so che in teoria tutti questi obiettivi (riduzione delle disuguaglianze, abolizione della povertà e salutismo) meriterebbero di essere raggiunti, ma le risorse per la sanità non sono infinite e questo ci obbliga a fare delle scelte.
  • Anche le osservazioni di Paolo Lauriola mi trovano d’accordo. In particolare, la sua ultima considerazione sul ruolo che un giornale come Epidemiologia e Prevenzione potrebbe svolgere mi sembra il modo migliore di chiudere queste considerazioni.
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