Epidemiologia e igiene: la strada del confronto è più utile
L’appello ai lettori di E&P da parte dei colleghi Foltran, Pagano e Ricceri a proposito di pertinenza dell’epidemiologia non aiuta lo sviluppo della disciplina epidemiologica dentro la sanità pubblica italiana. L’argomento rimane controverso e meriterebbe una discussione in forme e con argomenti più appropriati di quelli che si possono sviluppare a seguito di un appello pubblico.
Per quanto riguarda la forma, l’occasione per riprendere la discussione viene da una valutazione comparativa per un posto da ricercatore di igiene che ha visto i colleghi esclusi opporsi alla valutazione della commissione circa una parziale impertinenza dei loro curricula al settore scientifico disciplinare per cui era bandito il concorso. È legittimo che i candidati si oppongano ed è bene che il procedimento permetta di valutare il giudizio, e ne aspettiamo il risultato. È anche ragionevole che i ricorrenti portino il parere di esperti a sostegno delle loro tesi nelle sedi appropriate. Non mi sembra che l’appello pubblico sia una forma che faciliti questo approfondimento.
In questi ultimi anni si è sviluppato un prezioso e faticoso processo di integrazione tra le diverse competenze che concorrono alla sanità pubblica e la collaborazione tra igiene, epidemiologia e statistica medica ha fatto importanti passi avanti in sede accademica, nel servizio sanitario nazionale e nelle rispettive associazioni. La recente conferenza di sanità pubblica, le iniziative editoriali in occasione dei 150 anni dall’Unità d’Italia, l’intesa con il Ministero per un concorso delle associazioni di sanità pubblica nella programmazione della prevenzione, e la discussione sulla possibilità di dar vita ad una federazione delle associazioni scientifico professionali dell’area della sanità pubblica sono alcuni tra i segni tangibili di questo progresso. L’appello spinge le persone a schierarsi con chi sostiene il ricorso e chi propone reazioni, secondo uno schema di antiche divisioni che non aiutano a fare passi avanti sulla strada dell’integrazione.
Dal punto di vista della sostanza credo che sia utile riaprire la discussione sui rapporti tra epidemiologia e igiene. Provo a delimitare un paio di argomenti che potrebbero essere approfonditi.
C’è una questione di definizione
Volendo distinguere, l’epidemiologia, come la statistica medica, concorre con metodi quantitativi a disciplinare l’osservazione scientifica sui diversi settori di conoscenza; se questo settore è la prevenzione o l’organizzazione sanitaria stiamo parlando dell’igiene, se è la diagnosi e la cura stiamo parlando della clinica. Quindi per sua natura, essendo un metodo, l’epidemiologia è pertinente a tutte le scienze mediche e sanitarie, non solo all’igiene, ma anche alla cardiologia, all’oncologia, alle scienze infermieristiche… Secondo questa ipotesi un curriculum epidemiologico dovrebbe essere buono per qualsiasi ambito scientifico, cosa che non è solitamente riconosciuta in nessuna sede valutativa, né in ambito accademico né in ambito di ruolo del servizio sanitario nazionale. Perché la controversia si pone con l’igiene e non negli altri casi? Un po’ perché l’epidemiologia ha un maggior peso in una scienza preventiva ed organizzativa che per costrutto si occupa di popolazioni; questo significa che la dose di metodo epidemiologico che dovrebbe stare nell’igiene è maggiore che quella che ci si aspetta nelle altre scienze mediche. Inoltre proprio nella prevenzione e nell’organizzazione sanitaria, più spesso che in clinica, si sono specializzate anche nuove competenze che hanno incominciato a fare di questo metodo epidemiologico una professione a tempo pieno, che si è organizzata nell’AIE, soprattutto per coloro che lavorano nel SSN. È così che alcuni anni fa su spinta di questi professionisti è stata approvata una nuova disciplina di epidemiologia nei ruoli del SSN, per accedere alla quale sono state riconosciute due strade, quella della specializzazione in igiene e quella della specializzazione in statistica sanitaria. Dunque da un lato gli epidemiologi hanno voluto dire “nel SSN siamo diversi dagli igienisti” e gli igienisti hanno risposto “ma per diventarlo potete incominciare ad essere igienisti”. Un bell’intrico, a cui oggi si aggiunge quello accademico, che con la riforma Gelmini mette la statistica medica e l’igiene in uno stesso raggruppamento ai fini concorsuali, cosa che richiede una condivisione di indirizzi e comportamenti per la valutazione dei ricercatori e professori. Non mi sembra un intrico che si può sciogliere con un appello, ma solo con una sapiente e paziente riflessione e ricerca delle soluzioni più rispettose del proposito di promuovere qualità e impatto della sanità pubblica nel nostro paese.
Inoltre c’è una questione di meccanismi di arruolamento
Semplificando molto si potrebbe dire che i meccanismi di selezione e arruolamento dovrebbero rispondere a due criteri che non necessariamente portano alla stessa conclusione: da un lato la promozione del merito (cioè premiare il curriculum con il migliore impatto) e dall’altro lo sviluppo delle politiche di un gruppo/centro (cioè premiare il curriculum che dà un contributo maggiore agli obiettivi strategici del gruppo/centro che arruola). Un buon curriculum di epidemiologia molecolare potrebbe essere del tutto inutile a un gruppo impegnato in epidemiologia valutativa. Il trade off tra i due criteri a volte è difficile da assestare. La nuova procedura a due turni delle idoneità e della chiamata per i professori in ambito accademico o per i direttori di struttura complessa nel SSN dovrebbe permetterlo con maggiore equilibrio (il merito si valuta al momento della valutazione di idoneità, mentre la rispondenza alle politiche di sviluppo del gruppo si ricerca con la chiamata). Invece le procedure a unico turno di valutazione comparativa, come quella dei ricercatori universitari di cui all’appello, non permettono questo equilibrio, perché costringono i due criteri, misurabili su metriche diverse e non sempre componibili, ad esprimersi in un unico giudizio. È anche su questo argomento che si sviluppa la tensione tra la metrica dell’Impact Factor che nel caso del concorso in questione premia ampiamente i colleghi esclusi, come peraltro riconoscono correttamente i commissari nelle loro valutazioni, e la metrica della pertinenza alle competenze dell’igiene nel loro complesso, non solo quelle metodologiche e quantitative.
La strada maestra
Mi piacerebbe che potessimo discutere in modo approfondito di questi argomenti. Da un lato nell’università il sistema VQR, che attualmente valuta atenei/dipartimenti, sarà presumibilmente usato per la definizione di priorità nell'assegnazione di budget, e in questa prospettiva l'obiettivo della qualità della produzione scientifica dovrà diventare un obiettivo prioritario del nuovo raggruppamento disciplinare congiunto, e in particolare della sua componente igienistica. Dall’altro lato la sfavorevole congiuntura economica espone le strutture dell’epidemiologia, della prevenzione e della direzione sanitaria nel SSN a interventi di razionalizzazione se non di razionamento che richiedono una maggiore capacità di orientamento della produzione a obiettivi pertinenti e rilevanti. Per affrontare queste sfide, la strada dell’integrazione che abbiamo perseguito in questi anni è già andata più avanti dei sentimenti e degli ostacoli che rischiano di manifestarsi in questo appello e nelle reazioni. Vorrei che non lasciassimo questa strada maestra.
Giuseppe Costa
Dipartimento di scienze cliniche e biologiche
Università di Torino
Presidente AIE