Critica allo studio che indaga gli effetti sulla salute dell’inceneritore di Valmadrera (Lecco)
L’articolo a firma di Piccinelli et al. (Epidemiol Prev 2022;46(3):147-159) che studia gli effetti sulla salute dell’inceneritore di Valmadrera (LC) desta in noi del Coordinamento Lecchese Rifiuti Zero numerose perplessità.
La prima riguarda la mappa di ricaduta delle emissioni dell’impianto, utilizzata per lo studio. Questa è stata ottenuta mediante un modello consolidato (CALPUFF), che però sembra fornire risultati molto diversi dallo stesso modello utilizzato su nostra iniziativa. Infatti, al fine di promuovere una seria indagine epidemiologica, il nostro Comitato aveva commissionato alla società “Servizi e Territorio – Cinisello Balsamo” (da qui in poi, ST) un modello di ricaduta relativo allo stesso inceneritore. ST è una ditta specializzata in questo ambito e ci aveva fornito la sua stima delle aree di ricaduta. Questa mappa è stata messa a disposizione dei sindaci dei comuni interessati ed è altresì pubblicata sul nostro sito.
I risultati sono qui sotto riprodotti e affiancati al modello prodotto invece dalla Società “Tecno Habitat” su incarico di SILEA, la società che gestisce l’inceneritore di Valmadrera.
Notiamo come le due mappe siano profondamente diverse per quanto riguarda la distribuzione delle ricadute. Nella mappa prodotta da ST, parte dei comuni a Sud dell’impianto risulta interessata dalle ricadute dell’impianto; non è così nella mappa prodotta da Tecno Habitat, che stima le ricadute su di un asse Nord-Ovest/Sud-Est scarsamente abitato.
Per l’elaborazione delle mappe ci eravamo rivolti a ST per la consolidata esperienza nell’elaborazione di modelli di ricaduta. Al contrario, non ci risulta che Tecno Habitat possedesse un’esperienza nell’elaborazione di modelli di ricaduta. Facciamo invece notare che Tecno Habitat è (stata) uno dei partner di SILEA, la società dei Comuni della Provincia di Lecco proprietaria dell’impianto.
Gli Autori erano perfettamente a conoscenza dell’esistenza delle mappe da noi prodotte (sito), ma hanno scelto di non utilizzarle.
Sappiamo bene come a un’imprecisa caratterizzazione dei livelli di esposizione sia associata una sottostima anche considerevole dei risultati.
Da questo punto di vista, un’altra perplessità rispetto al lavoro è la presentazione dei risultati. Gli Autori dell’articolo limitano l’analisi ai rischi di categorie di esposizione e, oltretutto, combinano sempre i soggetti con esposizione intermedia con quelli a maggiore esposizione. Questo impedisce di apprezzare eventuali relazioni dose-risposta se non in modo indiretto e incompleto. Nonostante gli Autori dichiarino che un valore di esposizione è assegnato a ciascun soggetto, non hanno prodotto alcuna analisi di trend, cioè non hanno mai voluto testare se esistesse una relazione dose-risposta tra le emissioni dell’impianto e le patologie considerate. Questa analisi, utilizzando tutti i dati disponibili, avrebbe potuto mettere in evidenza associazioni che non sono riportate nell’articolo. Per esempio, esaminando la tabella 4 dell’articolo, a noi sembra che questa relazione esista per la mortalità per malattie dell’apparato respiratorio in ambo i generi. La scarsa dimensione dello studio avrebbe altresì suggerito di combinare entrambi i generi al fine di ottenere una maggiore potenza statistica.
Non siamo, inoltre, d’accordo con la scelta fatta dagli Autori di considerare per ciascun soggetto solo il primo ricovero. Riteniamo che questa pratica – comune per valutare l’incidenza, cioè il numero di nuovi casi di una patologia, e utilizzata specie per i tumori – non sia adeguata per valutare un altro effetto importante consistente nel peggioramento dello stato di salute, che è al contrario ben rappresentato dal ripetersi dei ricoveri nella stessa persona.
L’analisi sui tumori è da noi ritenuta poco informativa, stante la latenza tra esposizione e danno e la mancanza di una coorte di esposti residenti a lungo nell’area considerata.
Un’ulteriore perplessità riguarda i costi e, più in generale, il contesto in cui si è realizzata l’indagine epidemiologica. L’impianto è gestito da SILEA S.p.A., società partecipata dai Comuni del lecchese. SILEA commissiona il modello di dispersione delle emissioni e lo svolgimento degli aspetti tecnico ingegneristici delle analisi alla società TecnoHabitat S.r.l. spacchettandolo in varie tranche, per un importo complessivo di 66.800 euro+IVA. Il modello che noi abbiamo fatto sviluppare dalla società “Servizi e Territorio” è costato al nostro Comitato 4.026 euro, IVA compresa. Tecno Habitat faceva anche parte del Consorzio temporaneo di imprese che ha curato la progettazione del sistema di teleriscaldamento voluto da SILEA.
La convenzione tra SILEA e l’Università di Torino, che ha realizzato l’indagine epidemiologica vera e propria, ha comportato una spesa da parte di SILEA di 120.000 euro+IVA e prevedeva anche una clausola di riservatezza sui risultati sino a quando questi «non [fossero divenuti] di dominio pubblico». Una sorta di divieto a pubblicare i dati senza l’autorizzazione del committente SILEA.
Su tutto questo non chiediamo risposta da parte degli Autori, ma lo segnaliamo con indignazione ai lettori.
Tutto quanto abbiamo dichiarato è ovviamente documentato e disponibile presso il Coordinamento Lecchese Rifiuti Zero. Per i motivi esposti e credendo che la partecipazione sia un valore irrinunciabile, chiediamo che gli Autori ci forniscano una copia dei loro dati di mortalità (anonimizzati, per la tutela della riservatezza) comprensivi di georeferenziazione, eventualmente con un’imprecisione tale da impedire l’identificazione dei soggetti, al fine di verificare se esista un rischio utilizzando le mappe da noi prodotte e studiando la relazione-dose risposta. In alternativa, chiediamo una loro disponibilità reale a effettuare insieme a tecnici di nostra fiducia le analisi che abbiamo indicato.
Conflitti di interesse dichiarati: membri del Coordinamento Lecchese Rifiuti Zero.
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