Lettere
14/03/2011

Alcune considerazioni sullo studio Interphone e sulla sua indipendenza scientifica

,

Se vuoi commentare questa lettera vai alla sua pagina pubblicata su E&P di Mezzo.

È stata recentemente segnalata dal professor Angelo Levis ai lettori di Epidemiologia & Prevenzione la sentenza della Corte di appello di Brescia – Sezione lavoro (n. 614 del 10 dicembre 2009),1che riconosce l’origine professionale di un neurinoma del trigemino in un utilizzatore di telefoni mobili (cellulari e cordless), condannando l’INAIL a corrispondere al ricorrente la rendita per malattia professionale prevista per il grado di inabilità accertato. Nella nota si fa cenno a studi “negativi” finanziati da ditte produttrici di telefoni mobili e, come tali, molto meno credibili di quelli di un unico gruppo di ricerca (Hardell e collaboratori) su cui la sentenza è fondamentalmente basata. Anche se non esplicitamente citate, il riferimento è almeno in larga parte, alle pubblicazioni di diverse componenti nazionali dello studio Interphone. E difatti, nello stesso numero della rivista il Direttore di E&P invitava gli epidemiologi italiani ad avviare un dibattito sullo studio Interphone, «sia per i suoi risultati, sia per le distorsioni – ipotizzate da Levis – che deriverebbero dalla natura dei finanziatori».2 Come membri del gruppo di ricerca Interphone, accogliamo volentieri l’invito a discutere pregi e limiti di questo studio epidemiologico internazionale, nonché a chiarire i dubbi sulla sua indipendenza scientifica. Interphone consiste in una serie di studi casocontrollo condotti in 13 Paesi del mondo secondo un protocollo comune, con l’obiettivo di valutare se l’assorbimento di energia elettromagnetica a radiofrequenza (RF) durante l’uso di telefoni cellulari comporti un incremento dell’incidenza di tumori negli organi e tessuti più vicini alla sorgente di esposizione.3 Erano eleggibili per lo studio tutti i casi incidenti di tumori intracranici o della parotide diagnosticati nel periodo 20002004 tra oltre 45 milioni di residenti nelle aree in studio, insieme a un campione di soggetti sani di controllo estratti casualmente dalla popolazione target. Si tratta dello studio più grande mai realizzato sull’argomento (2.600 casi di glioma, 2.300 casi di meningioma, 1.100 casi di neurinoma del nervo acustico, 400 tumori maligni della parotide e 7.600 controlli),3 e anche dello studio più informativo disponibile al momento, grazie ai numerosi studi collaterali di validazione finalizzati a valutare la presenza di sorgenti di distorsione e a stimarne l’impatto sui risultati.4-9 La pubblicazione più recente del gruppo di ricerca Interphone è del maggio 201010 e descrive i risultati delle analisi del rischio di tumori cerebrali (glioma e meningioma) in relazione all’uso del cellulare riferito all’intervista dalle oltre 10.700 persone incluse nel dataset internazionale (2.708 casi di glioma, 2.409 casi di meningioma e 5.634 controlli appaiati per età, sesso e area di residenza). Non viene evidenziato alcun incremento del rischio di gliomi o meningiomi cerebrali tra gli utilizzatori regolari di cellulari, né alcuna tendenza all’aumento del rischio di questi tumori in funzione di crescenti intensità o durate d’uso,

o all’aumentare del tempo trascorso dall’inizio d’uso. Per maggiori dettagli sui risultati di questo studio si rimanda al comunicato stampa della IARC (http://www.iarc.fr/ en/mediacentre/pr/2010/ pdfs/pr200_E.pdf) e al FactSheet del National Cancer Institute (http://www. cancer.gov/cancertopics/ factsheet/Risk/cellphones).10 Tra il 2004 e il 2008, mentre il dataset internazionale veniva assemblato e si avviavano le relative analisi, nove dei tredici centri Interphone hanno pubblicato i risultati degli studi locali, incluse tre analisi combinate degli studi su neurinoma del nervo acustico, glioma e meningioma condotti in 5 Paesi nordeuropei.11-13 I risultati degli studi locali sono consistenti con quelli delle analisi internazionali. I dati italiani sono stati destinati esclusivamente all’analisi pooled internazionale, a causa del piccolo numero di casi e controlli reclutati tra i residenti a Roma nel 200102 (5% del totale dei casi di glioma e meningioma in Interphone). Tuttavia, l’Italia ha dato un rilevante apporto allo studio collaterale di validazione finalizzato a valutare la presenza di distorsioni di ricordo (recall bias) nell’intensità d’uso del cellulare riferita all’intervista mediante dati di traffico forniti dagli operatori di rete, che è stato possibile realizzare solo nel nostro Paese, in Australia e in Canada.6 Una linea di ricerca nell’ambito dello studio Interphone è stata interamente dedicata alla stima della distribuzione dell’energia assorbita dai tessuti cerebrali durante l’uso del cellulare.5,9 Un gruppo di neuroradiologi ha revisionato le immagini diagnostiche (risonanze magnetiche o tomografie computerizzate) dei casi di glioma e meningioma, stabilendo la localizzazione tridimensionale (3D) del sito di origine della neoplasia.3 Questi dati permetteranno di approfondire ulteriormente lo studio effettuando analisi della relazione tra sede del tumore cerebrale e distanza dalla sorgente di RF, come pure analisi del rischio di tumore in funzione della distribuzione dell’energia assorbita a livello cerebrale. Analisi di questo tipo sono state già realizzate nelle componenti finlandese e giapponese dello studio Interphone e, benché basate su un piccolo numero di casi, non hanno evidenziato incrementi del rischio di glioma nelle aree cerebrali più prossime alla sorgente di RF o con i livelli più elevati di SAR.14,15 Per quanto rilevante per dimensioni e metodologia, Interphone è solo uno studio tra i tanti che contribuiscono alle evidenze scientifiche sugli effetti a lungo termine dell’esposizione a livelli subtermici delle radiofrequenze. Gli sviluppi delle conoscenze in questo ambito sono attivamente monitorati in Europa e nel resto del mondo attraverso specifici programmi di revisione, sintesi e divulgazione quali il Progetto EFHRAN (European Health Risk Assessment Network on EMF: http://efhran.polimi.it/), o il Progetto internazionale campi elettromagnetici dell’Organizzazione mondiale della sanità (http://www.who.int/pehemf/en/). Nessuna agenzia nazionale o internazionale ha finora stabilito che vi sia per le RF sufficiente o anche limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo e/o negli animali da esperimento, né ha classificato le RF come cancerogeni certi, probabili o possibili. Non sembra che la Corte sia stata informata delle numerose revisioni sistematiche delle evidenze scientifiche sui possibili effetti biologici e sanitari dell’esposizione a campi RF effettuate negli ultimi anni da comitati internazionali di esperti che, all’unanimità, concordano nel ritenere che non vi sia al momento adeguato supporto all’ipotesi che le RF abbiano effetti cancerogeni16 e di cui segnaliamo a titolo esemplificativo solo le quattro più recenti pubblicate nel 2009.17-20 Per quanto concerne la tesi del professor Levis, accolta dalla Corte d’Appello di Brescia nella sentenza 614/2009, che i risultati dello studio Interphone siano inattendibili a causa di distorsioni legate a conflitti d’interessi, riteniamo che si tratti di un’accusa tanto grave quanto infondata. Come riportato nel comunicato stampa della IARC n. 200 del 17 maggio 2010 (http://www.iarc.fr/ en/mediacentre/pr/2010/pdfs/pr200_E.pdf), lo studio Interphone è costato 19,2 milioni di Euro, 5,5 milioni dei quali di fonte industriale (meno del 30%). Di questi 5,5 milioni di Euro:

  • 3,5 milioni sono stati forniti dal Mobile Manufacturers’ Forum (MMF) e dall’Associazione internazionale dell’industria della telefonia mobile (GSMA), ma questi fondi sono stati gestiti dall’Unione internazionale contro il cancro (UICC) e la IARC li ha ricevuti stipulando un contratto che prevedeva specifiche clausole a garanzia della totale indipendenza degli scienziati, descritte in dettaglio nella scheda presente da molti anni in rete (http://www.iarc.fr/en/ researchgroups/RAD/ RCAd.html);
  • 1,5 milioni di euro circa sono arrivati indirettamente ai centri locali attraverso tasse e sovvenzioni raccolte da agenzie governative;
  • solo 0,5 milioni di euro (2,5% del totale dei costi dello studio) sono stati forniti direttamente dall’industria ai centri locali di Canada e Francia ma, anche in questo caso, attraverso contratti che preservavano la totale indipendenza dei ricercatori.

Come membri del gruppo di ricerca internazionale Interphone possiamo affermare con cognizione di causa che, in accordo con quanto esplicitamente previsto dai contratti, tutte le decisioni relative allo studio (disegno, realizzazione, analisi statistiche, interpretazione e pubblicazione dei risultati) sono state prese esclusivamente dai ricercatori coinvolti e che i finanziatori, pubblici e privati, non hanno avuto accesso a nessun risultato prima della pubblicazione. D’altra parte, la ricerca scientifica (e gli studi epidemiologici di grandi dimensioni in particolar modo) è estremamente costosa. Ci sembra ragionevole che chi trae profitto da una determinata tecnologia debba contribuire in qualche misura agli studi scientifici volti a valutarne la sicurezza d’uso per i consumatori. Non è affatto impossibile conciliare sovvenzioni di fonte industriale e indipendenza scientifica, purché si adottino opportuni meccanismi di filtro per garantire che la conduzione degli studi non sia influenzata dalla fonte di finanziamento. Meccanismi di questo tipo sono stati previsti e hanno funzionato nello studio Interphone. Senza mettere in discussione la necessità di trasparenza rispetto a potenziali conflitti d’interesse, è importante chiarire che le associazioni tra fonte di finanziamento e tipo di risultati (presenza o assenza di associazioni esposizionemalattia) non informano di per sé sull’affidabilità dei risultati stessi; è stato anzi osservato che gli studi con fonti miste di finanziamento risultavano superiori dal punto di vista qualitativo agli studi finanziati solo da fonti industriali o solo da fonti pubbliche.21 Detto ciò, ci permettiamo di suggerire che il dibattito che varrebbe davvero la pena di avviare, prendendo spunto dal discutibile supporto scientifico alle conclusioni della sentenza della Corte d’appello di Brescia e dall’enormità delle conseguenze che questa potrebbe avere, riguarda l’uso delle evidenze scientifiche (epidemiologiche, tossicologiche e dosimetriche) negli accertamenti di nessi di causalità a livello individuale in ambito giudiziario e il ruolo-chiave delle testimonianze di esperti in questo tipo di procedimenti. In molti Paesi (non nel nostro) è richiesta una verifica preliminare dell’effettiva competenza degli esperti sul tema in discussione e dell’attendibilità delle testimonianze prodotte. In Gran Bretagna, il General Medical Council ha diffuso nel luglio del 2008 un documento ufficiale che riassume gli obblighi spettanti ai professionisti chiamati a testimoniare in tribunale e, per la prima volta, introduce sanzioni in caso di reiterata mancata osservanza delle lineeguida.22 Anche molte associazioni professionali nordamericane hanno prodotto raccomandazioni ufficiali per migliorare la qualità delle testimonianze di esperti nei procedimenti legali, civili e penali.23-24 Da queste esperienze potrebbe partire il dibattito che auspichiamo e al quale la comunità degli epidemiologi italiani potrebbe dare un contributo fondamentale.

Bibliografia

  1. Levis AG. Un tribunale riconosce il nesso tra uso di telefoni mobile e l’insorgenza di una patologia tumorale. È la prima volta. Epidemiol Prev 2010;34(12):52.
  2. Terracini B. In questo numero. Epidemiol Prev 2010;34(12):2.
  3. Cardis E, Richardson L, Deltour I et al. The INTERPHONE study: design, epidemiological methods, and description of the study population. Eur J Epidemiol 2007; 22(9):647-664.
  4. Vrijheid M, Cardis E, Armstrong BK et al. Validation of shortterm recall of mobile phone use for the Interphone Study. Occup Environ Med 2006;63:237-243.
  5. Cardis E, Deltour I, Mann S et al. Distribution of RF energy emitted by mobile phones in anatomical structures of the brain. Phys Med Bio 2008; 53(11):2771-2783.
  6. Vrijheid M, Armstrong BK, Bedard D et al. Recall bias in the assessment of exposure to mobile phones. J Expo Sci Environ Epidemiol 2009;19 (4):369381.
  7. Vrijheid M, Richardson L, Armstrong BK et al. Quantifying the impact of selection bias caused by non-participation in a case-control study of mobile phone use. Ann Epidemiol 2009;19:33-42.
  8. Vrijheid M, Mann S, Vecchia P et al. Determinants of mobile phone output power in a multinational study – implications for exposure assessment. Occup Environ Med 2009;66:664-671.
  9. Wake K, Varsier N, Watanabe S, Taki M, Wiart J, Mann S, Deltour I, Cardis E. The estimation of 3D SAR distributions in the human head from mobile phone compliance testing data for epidemiological studies. Phys Med Biol 2009;54(19):56955706. Epub 2009 Sep 1.
  10. The Interphone Study Group. Brain tumour risk in relation to mobile telephone use: results of the Interphone international casecontrol study. Int J Epidemiol 2010: Advance Access published May 17, 2010; doi: 10.1093/ ije/dyq079.
  11. Schoemaker MJ, Swerdlow AJ, Ahlbom A et al. Mobile phone use and risk of acoustic neuroma: results of the Interphone casecontrol study in five North European countries. Br J Cancer 2005;93(7):842848.
  12. Lahkola A, Auvinen A, Raitanen J et al. Mobile phone use and risk of glioma in 5 North European countries. Int J Cancer 2007; 120(8):769-1775.
  13. Lahkola A, Salminen T, Raitanen J et al. Meningioma and mobile phone use ‐ a collaborative casecontrol study in five North European countries. Int J Epidemiol 2008;37(6):1304-1313.
  14. Hartikka H, Heinävaara S, Mäntylä R, Kähärä V, Kurttio P, Auvinen A. Mobile phone use and location of glioma: a casecase analysis. Bioelectromagnetics 2009;30(3):176-182.
  15. Takebayashi T, Varsier N, Kikuchi Y, Wake K, Taki M, Watanabe S, Akiba S and Yamaguchi N. Mobile phone use, exposure to radiofrequency electromagnetic field, and brain tumour: a casecontrol study. Br J Cancer 2008; 98:652-659.
  16. Institute of Electric and Electronic Engineers (IEEE) – Committee on Man and Radiation (COMAR). COMAR technical information statement: expert reviews on potential health effects of radiofrequency electromagnetic fields and comment on the Bioinitiative Report. Health Phys 2009; 97(4): 348356.
  17. Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks (SCENIHR). Health Effects of Exposure to EMF. Opinion adopted at the 28th plenary on 19 January 2009. European Commission Directorate General Health & Consumers. http:// ec.europa.eu/health/ph_risk/committees/04_scenihr/docs/scenihr_ o_022.pdf.
  18. Agence Française de Sécurité Sanitaire Environnementale (AFSSET). Les radiofréquences. Mise à jour de l’expertise relative aux radiofréquences. Rapport d’expertise collective. Paris (France): AFSSET, Saisine n°2007/ 007, Octobre 2009, pp. 1467 (http://www.afsset.fr).
  19. SSM:s Independent Expert Group on Electromagnetic Fields. Recent Research on EMF and Health Risks. Sixth annual report from SSM:s independent Expert Group on Electromagnetic Fields 2009. Stockholm: Swedish Radia tion Safety Authority, Report number: 2009:36 (www. stralsakerhetsmyndigheten.se).
  20. Habash RWY, Elwood JM, Krewski D, Lotz WG, McNamee JP, Prato FS. Recent advances in research on radiofrequency fields and health 20042007. J Toxicol Environ Health, Part B 2009; 12:250-288.
  21. Huss A, Egger M, Hug K, et al. Source of funding and results of studies of health effects of mobile phone use: systematic review of experimental studies. Environ Health Perspect 2007;115:1-4.
  22. General Medical Council (GMC). Acting as an expert witness – guidance for doctors. http:// www.gmcuk.org/guidance/ ethical_ guidance/ expert_witness_guidance.asp
  23. American Academy of Pediatrics (AAP) Committee on Medical Liability and Risk Management. Policy Statement Expert Witness Participation in Civil and Criminal Proceedings. Pediatrics 2009;124:428438. DOI: 10. 1542/peds.20091132 (http://www. pediatrics.org/cgi/content/full/124/1/428 ).
  24. Sinclair DC. Epidemiology in the courtroom: an evidencebased paradigm for the determination of causation in compensation environments. J Occup Environ Med 2010;52(4):456-461.
Approfondisci su epiprev.it Vai all'articolo su epiprev.it Versione Google AMP