Lettere
17/01/2012

A proposito di condizione militare e morbosità per cancro

Caro Direttore,
la decisione di pubblicare nel numero 5-6 del 2011 l’intervento di Peragallo et al. sull’incidenza dei tumori nei reduci dalla guerra dei Balcani e l’editoriale di Roberta Pirastu che lo accompagna solleva inquietanti quesiti.

C’è infatti da chiedersi che senso abbia dedicare pagine della rivista a riportare inaffidabili stime di rischio, derivate da campioni di rappresentatività incerta. Gli stessi autori ci raccontano che le diagnosi di cancro sono state raccolte attraverso non meglio specificate “segnalazioni” (anziché una ricerca attiva da parte della struttura deputata alla registrazione): un metodo di rilevazione assolutamente inadeguato, come è noto a chiunque abbia un minimo di esperienza in tema di registri di popolazione di patologia e come avrebbe dovuto essere noto a chi ha avviato dieci anni fa il cosiddetto registro tumori delle forze armate di cui ora si riconosce l’inefficienza (ma quanto è costato?).

È pertanto inaffidabile qualsiasi confronto tra osservazioni su reduci italiani e osservazioni su reduci di altre nazionalità. Sono ugualmente inaffidabili i giudizi dell’editorialista che afferma: «I risultati nella coorte italiane non (sono) coerenti con i risultati di analoghe indagini … in altre nazioni» e che «i risultati preliminari … non supportano l’ipotesi che l’aver servito nell’area dei Balcani possa costituire uno specifico rischio cancerogeno».

A monte di questo, è deplorevole che un editoriale di E&P non allerti esplicitamente il lettore sulla inattendibilità dei risultati che la rivista ha deciso di pubblicare, e che, anzi, rassicuri il lettore che lo studio «recepisce il suggerimento (da me enunciato nel 2006 n.d.a.) dell’aggiornamento … dell’incidenza».

In questi tempi di crisi, infine, è anche il caso che l’organo dell’Associazione italiana di epidemiologia solleciti la pubblicazione di un rendiconto scientifico (e finanziario) del progetto Signum, costato 2 milioni di euro e che avrebbe dovuto concludersi oltre quattro anni fa.

Benedetto Terracini
Past Director di Epidemiologia & Prevenzione


La risposta dell’autore

Caro Direttore,
secondo il Professor Terracini, i risultati della sorveglianza della patologia tumorale nell'Esercito sarebbero derivati da campioni di rappresentatività incerta e fornirebbero stime di rischio inaffidabili, in quanto le diagnosi non sarebbero raccolte attraverso una ricerca attiva, ma mediante «non meglio specificate segnalazioni».

In realtà, lo scopo principale dell'intervento in questione non è quello di presentare delle stime di rischio, quanto piuttosto di fornire, sulla base dei dati disponibili nella letteratura scientifica, un aggiornamento della situazione relativa alla morbosità per cancro nel contesto militare, a distanza di dieci anni dalla pubblicazione dei risultati della Commissione Mandelli. Informazioni dettagliate inerenti al tipo di studio effettuato sui militari dell'Esercito, i soggetti inclusi nello studio, le modalità di raccolta dei dati relativi ai casi di cancro, le metodiche utilizzate per la formulazione delle stime del rischio ed il funzionamento del sistema di sorveglianza, sono già state illustrate altrove.1

Le procedure seguite per la raccolta dei casi di cancro incidenti nella popolazione militare sono tipicamente quelle di un sistema di sorveglianza passivo, con tutte le note limitazioni di questi sistemi, costituite principalmente dalla mancata rilevazione (e quindi registrazione) di parte della casistica. Il «cosiddetto registro tumori delle forze armate» che, secondo il Professor Terracini, sarebbe stato avviato dieci anni fa, in realtà non è mai stato (purtroppo) costituito e le relative motivazioni sono esplicitate nelle conclusioni dell'Intervento. Di conseguenza, in assenza di una struttura specifica dedicata alla ricerca attiva ed alla registrazione dei casi di tumore, ma soprattutto in assenza di una normativa che consenta, su scala nazionale, la tracciabilità nelle strutture sanitarie dei casi di cancro che insorgono nei militari (con particolare riguardo a quelli congedati), l'attuale sistema di sorveglianza, pur con tutti i limiti del caso, costituisce al momento l'unica fonte possibile di dati.

Quanto ai relativi costi, data l'estrema esiguità del personale coinvolto, l'attività di sorveglianza non comporta specifici oneri di spesa.

Gli autori dell'Intervento sono ben consci dei limiti dei risultati ottenuti e proprio per questo hanno cercato di stimare le dimensioni reali della morbosità per cancro nei militari: pur con tutte le riserve e le cautele del caso, il numero stimato dei casi incidenti (inclusa l'aliquota di casi che sfugge alla sorveglianza) non sembra essere superiore a quello dei casi attesi (con l'unica importante eccezione del cancro della tiroide, per il quale esistono tuttavia specifiche ipotesi interpretative).2

Infine, la considerazione che i risultati della sorveglianza non supportano l’ipotesi di uno specifico rischio cancerogeno legato al servizio prestato nei Balcani non sembra essere una valutazione così azzardata. Tali risultati sono infatti sostanzialmente sovrapponibili a quelli di simili studi effettuati nell’ambito delle forze armate di numerose nazioni coinvolte nelle operazioni di peacekeeping nei Balcani; inoltre, dopo oltre dieci anni di attenzione a tali problematiche, non si è a conoscenza di evidenze scientifiche a favore di tale ipotesi.

Quanto poi agli sviluppi e ai risultati del progetto Signum, le informazioni di cui si sollecita la pubblicazione dovrebbero essere rivolte al relativo Comitato scientifico.

Mario Stefano Peragallo
Centro Studi e Ricerche di Sanità e di Veterinaria dell'Esercito

 

Referenze

1. Peragallo MS, Lista F, Sarnicola G, Marmo F, Vecchione A. Cancer surveillance in Italian army peacekeeping troops deployed in Bosnia and Kosovo, 1996-2007: preliminary results. Cancer Epidemiol 2010; 34: 47-54.
2. Peragallo MS, Urbano F, Lista F, Sarnicola G, Vecchione A. Evaluation of cancer surveillance completeness among the Italian army personnel, by capture-recapture methodology. Cancer Epidemiol 2011; 35: 132-138.

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