Interventi
28/11/2025

Uso problematico degli smartphone e dei social media negli adolescenti: implicazioni cliniche e strategie di prevenzione

,

Introduzione

L’emergente epidemia di uso problematico degli smartphone tra bambini e adolescenti rappresenta una delle sfide più complesse e urgenti per le politiche sociali e sanitarie del XXI secolo. Oltre alla dimensione quantitativa dell’esposizione, l’attenzione si sta progressivamente spostando verso le modalità d’uso e le traiettorie comportamentali che caratterizzano l’interazione con questi dispositivi. L’uso dello smartphone non si limita, infatti, a un singolo contenuto o funzione, ma integra in un unico terminale social media, messaggistica, videogiochi e funzioni di ricerca, creando un ecosistema digitale che favorisce un ingaggio costante e potenzialmente compulsivo.

Aspetti epidemiologici e fattori favorenti l’uso problematico

Evidenze recenti – come quelle fornite nello studio longitudinale di Xiao et al.1 – documentano le dimensioni allarmanti che il fenomeno sta assumendo: negli Stati Uniti, il 48% degli adolescenti riferisce di perdere il controllo sull’uso del telefono, il 25% utilizza i social media per evadere dai problemi quotidiani e il 17% ha tentato senza successo di ridurre l’utilizzo. Questi indicatori configurano un quadro di vera e propria dipendenza comportamentale che coinvolge una percentuale significativa della popolazione giovanile. Gli stessi autori hanno mostrato che le traiettorie di uso additivo, ossia le modalità d’uso crescenti nel tempo, e non semplicemente il tempo di utilizzo valutato in un certo momento, sono in grado di predire il deterioramento del benessere psicologico, l’aumento di sintomi psichiatrici, fino all’ideazione e ai comportamenti suicidari. L’analisi statistica delle classi latenti ha identificato pattern evolutivi distinti. Per i social media, si riscontravano tre traiettorie (alta precoce, crescente, bassa), con il 31,3% degli adolescenti in traiettoria crescente. Analogamente, per gli smartphone, emergevano tre traiettorie, con il 24,6% in pattern crescente e il 49,2% in uso costantemente elevato. Due traiettorie venivano rilevate per i videogiochi, con il 41,1% dei ragazzi che mostravano una modalità d’uso stabilmente elevata. Significativamente, il tempo totale di esposizione agli smartphone al baseline non risultava associato agli esiti clinici studiati, mentre un uso elevato precoce e un uso additivo crescente di social media raddoppiava il rischio di comportamenti suicidari (RR: 2,39 e 2,14, rispettivamente). Anche per i telefoni cellulari, l’uso additivo elevato raddoppiava il rischio di comportamenti suicidari (RR: 2,17; IC95% 1,48-3,19).
L’elevata frequenza di ideazione suicidaria, di sentimenti di aggressività verso gli altri e di sensazione di distacco dalla realtà negli adolescenti e nei giovani adulti è stata riportata nella survey internazionale condotta dal Global Mind Project.2 I dati raccolti tra il 1° gennaio e il 30 aprile 2023 mediante un questionario anonimo di autovalutazione online del benessere mentale (MHQ) in un campione di 27.969 giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni provenienti da 41 Paesi del mondo mostravano una relazione diretta tra percezione di benessere ed età di inizio d’uso degli smartphone (dai 6 ai 18 anni). Più in dettaglio, a maggiore età di acquisizione del telefono cellulare corrispondevano migliori punteggi alla misura del “sé sociale”, una metrica dell’integrazione positiva nel mondo sociale che include l’immagine di sé, la fiducia in se stessi, la capacità di creare e mantenere relazioni positive e di collaborare con gli altri. Al contrario, il punteggio a “pensieri e intenzioni suicidarie” diminuiva sistematicamente con l’aumentare dell’età di acquisizione dello smartphone.
In Italia, l’ISTAT3 mette in evidenza che quasi l’85% dei ragazzi tra 11 e 19 anni dispone di un profilo su un social network; percentuale che nella fascia 17-19 anni supera il 97%. l’Istituto Superiore di Sanità,4 nell’ambito dello studio di sorveglianza europeo Health Behaviour in School-aged Children, condotto su 89.321 ragazzi tra gli 11 e i 17 anni, ha di recente riportato che il 13,5% degli adolescenti mostra un uso problematico dei social media, con percentuali più elevate in alcune Regioni meridionali (per esempio, 16% in Campania). Relativamente a età e sesso, il picco nei maschi è a 11 anni (14,1%), mentre nelle femmine è a 13 e 15 anni (20,5% e 18,5%, rispettivamente). Anche se le femmine tendono a riportare maggiori livelli di sintomaticità, in entrambi i sessi si osservano maggiori risposte positive rispetto a due sintomi specifici: il fallimento nel controllare il tempo passato sui social e, soprattutto, l’utilizzo di questi strumenti per scappare dai sentimenti negativi, comportamento che due ragazze su tre affermano di adottare. I dati mostrano che la prevalenza dell’uso problematico dei social media è in progressivo aumento rispetto alle rilevazioni precedenti.
L’incremento di uso problematico di smartphone e social media negli adolescenti non sorprende, considerando alcune caratteristiche peculiari di sistema. Innanzitutto, l’accessibilità ubiquitaria e senza interruzioni: la portabilità del dispositivo, unita alla disponibilità di connessione continua, elimina barriere temporali e spaziali, esponendo i ragazzi a un uso potenziale h24. Inoltre, la presenza strumentale di algoritmi di personalizzazione e rinforzo intermittente, che sfruttano meccanismi neurocognitivi di gratificazione immediata e anticipazione della ricompensa, simili a quelli coinvolti nei disturbi da gioco d’azzardo, è in grado di instaurare meccanismi di vera e propria dipendenza. La frequenza e la durata complessiva delle interazioni digitali sono ulteriormente incrementate dalla presenza nello stesso device di social media, giochi online e strumenti di comunicazione, che obbliga a un multitasking costante con impoverimento dei processi cognitivi necessari per compiti complessi e lo sviluppo di un pensiero critico. Le continue notifiche e interruzioni provenienti dalle diverse app compromettono seriamente la capacità di concentrazione, frammentando l’attenzione e riducendo la capacità di apprendimento. L’uso serale o notturno degli smartphone, frequente tra gli adolescenti, interferisce con i ritmi circadiani ed è associato a peggioramento della qualità del riposo, deprivazione di sonno, riduzione della vigilanza diurna e peggioramento dell’umore. Ma l’area in cui si sarebbe consumata quella che lo psicologo sociale Jonathan Haidt5 definisce la “grande riconfigurazione” dell’infanzia riguarda il repentino passaggio dall’esperienza reale a quella virtuale: «i membri della Gen Z – secondo Haidt – sono le cavie di un modello di crescita radicalmente nuovo» che ha sostituito le interazioni faccia a faccia del mondo reale con comunicazioni mediate dallo schermo. Ciò ha inevitabilmente influito sullo sviluppo di abilità relazionali e di regolazione emotiva e sarebbe causa dell’aumento esponenziale del disagio e dei disturbi psichiatrici in età infantile e adolescenziale registrato negli ultimi 15 anni (parallelamente, suggerisce Haidt, alla capillare diffusione degli smartphone e dei social media).
Questi aspetti delineano un fenomeno multifattoriale, nel quale la convergenza di fattori neurobiologici, tecnologici e psicosociali amplifica i rischi per la salute mentale. Di fronte a tale scenario, risulta evidente la necessità di un cambio di paradigma, con l’adozione di strategie di prevenzione e intervento focalizzate sui pattern comportamentali di utilizzo, sensibili ai determinanti socioeconomici e culturali, specifiche per genere.

Strategie di prevenzione

Le strategie per ridurre l’impatto dell’uso problematico di smartphone nei ragazzi e negli adolescenti sono multilivello e spaziano dal controllo tecnico e legale alle misure educative e di empowerment familiare, al potenziamento della prevenzione e dell’individuazione precoce dei casi a rischio.

Controllo tecnico e legale

Il controllo tecnico e legale per regolamentare l’età di accesso e la durata d’uso degli smartphone e dei social media ha il chiaro intento di ridurre l’esposizione precoce a piattaforme ad alto potenziale additivo e preservare lo sviluppo delle competenze socioemotive in “contesti offline”. La maggior parte delle piattaforme impedisce l’accesso al di sotto dei 13 anni, ma diversi Paesi – considerando la facilità con cui la norma viene aggirata attraverso false identità – stanno rafforzando la verifica dell’età tramite strumenti più avanzati, per esempio con biometrie o documentazione ufficiale. Tra le misure individuate, i limiti rigidi al tempo massimo giornaliero o settimanale su videogiochi e app (per esempio, un massimo di 2 ore/settimana per i minori), imponendo alle multinazionali tecnologiche limiti algoritmici automatici per contenuti potenzialmente dannosi, o anche il blocco notturno dell’accesso a internet/videogiochi. Alcuni Paesi prevedono multe alle piattaforme social che non applicano misure di protezione efficaci, rimozione rapida dei contenuti dannosi, controlli stringenti sull’utenza minorenne.
La misura più diffusa resta, tuttavia, il divieto di smartphone e dispositivi digitali durante le ore di lezione scolastica adottato da diversi Paesi nell’intento di migliorare le condizioni di apprendimento e ridurre gli stimoli esterni interferenti. Anche l’Italia si è mossa in questa direzione e dall’anno scolastico 2025-2026 il divieto d’uso degli smartphone durante l’attività didattica, già in vigore per le scuole primarie, è stato esteso alle scuole del secondo ciclo di istruzione.6 Nel motivare questa scelta, il ministro ha richiamato un recente studio OCSE,7 i cui risultati evidenziano gli effetti negativi dell’uso di smartphone e social media sul rendimento scolastico, nonché la necessità di «contrastare il calo del livello degli apprendimenti, rilevabile dai punteggi PISA e in parte imputabile proprio all’uso improprio delle tecnologie digitali, favorendo la crescita del capitale umano».

Misure educative e di empowerment familiare

Anche se le decisioni “proibizioniste” sembrano quelle più efficaci, esse non sono esenti da valutazioni critiche. Senza entrare nel merito dell’ampio dibattito tuttora in corso, basterà citare, da un lato, i tentativi di aggirare età e tempi d’accesso alla rete, piuttosto frequenti e favoriti dall’assenza – in un mondo globalizzato – di accordi e normative a valenza internazionale; dall’altro, la considerazione che smartphone e social media, se usati in modo consapevole e responsabile, possono migliorare la qualità della vita in molti ambiti: alcune app migliorano l’acquisizione di conoscenze e la motivazione all’apprendimento (per esempio, nello studio delle lingue), aiutano ragazzi timidi o con bisogni particolari a combattere solitudine e isolamento e a comunicare con chiunque, in ogni parte del mondo, stimolando la creatività e la capacità di navigare nella società moderna. D’altronde, in linea con le raccomandazioni dell’Unione europea sulla diffusione delle competenze digitali, anche il nostro Paese si è dotato, con la Legge n. 92/2019, di precise indicazioni sull’educazione civica alla cittadinanza digitale relative ad alfabetizzazione su informazione e dati, comunicazione e collaborazione, creazione di contenuti digitali, sicurezza e risoluzione dei problemi. Si ribadisce, in sostanza, che l’impatto delle nuove tecnologie dipende dall’uso che se ne fa e dal messaggio educativo che li accompagna. Si tratta, come suggerisce Save the Children,8 di “opportunità rischiose” che pretendono un atteggiamento proattivo da parte della società. In effetti, campagne di educazione all’uso consapevole sono presenti in quasi tutti i Paesi avanzati con programmi dedicati a studenti, insegnanti e genitori sulla gestione responsabile dei dispositivi. Tuttavia, appare necessario estendere il protagonismo dei giovani nei percorsi formativi, promuovere l’aggiornamento costante dei docenti, diffondere risorse educative e guide per consolidare la collaborazione tra scuola e famiglie.
Proprio le famiglie rivestono un ruolo centrale nell’educazione digitale consapevole. Spesso limitato al cosiddetto parental control (software e app che permettono ai genitori di monitorare e limitare l’uso degli schermi), questo ruolo può e deve evolvere verso modalità attive di modellamento genitoriale di uso consapevole e di dialogo aperto sui contenuti e le esperienze digitali. Una forma strutturata di tale responsabilizzazione attiva del microsistema familiare è costituita dal piano familiare su smartphone e social media, ossia un insieme di regole e accordi condivisi che una famiglia stabilisce per l’uso di smartphone e social media.9 Un piano familiare su smartphone e social media include, innanzitutto, obiettivi chiari per l’uso del telefono cellulare e dei social media, come mantenere i contatti con i familiari, condividere momenti speciali o imparare cose nuove; definisce quali tipi di contenuti sono appropriati da condividere e quali informazioni personali dovrebbero essere mantenute private; stabilisce il tempo e gli spazi per l’uso di smartphone e social media (per esempio, uso di applicazioni per monitorare l’attività online e impostare limiti di tempo; orari prestabiliti per l’uso di smartphone e social media; nessun uso durante i pasti o prima di andare a dormire; zone senza smartphone, come camera da letto o cucina); mette in guardia da comportamenti dannosi come il cyberbullismo o la condivisione di informazioni false; prevede sanzioni in caso di inosservanza delle regole. Benché esistano poche prove concrete che ridurre il tempo trascorso sullo smartphone migliori significativamente il benessere degli adolescenti,10 riteniamo che l’approccio dialogico-relazionale, intergenerazionale, fondato su condivisione e responsabilizzazione dell’intero nucleo familiare costituisca uno strumento efficace per trasformare le “opportunità rischiose” in occasioni di apprendimento e crescita e per promuovere un uso consapevole dei social media all’interno della famiglia, proteggendo al tempo stesso la salute mentale e le relazioni familiari.

Prevenzione e individuazione precoce dei casi a rischio

Adottando il tradizionale approccio di classificazione, la prevenzione dell’uso problematico di smartphone e social media negli adolescenti può essere differenziata per livelli.
La prevenzione primaria comprenderà interventi rivolti alla popolazione generale che promuovano l’alfabetizzazione digitale, la consapevolezza dei pericoli online e le abitudini sicure e positive nell’uso delle tecnologie e dei social media. Particolare attenzione dovrà essere dedicata all’intera filiera educativa, prevedendo attività formative per docenti, studenti e famiglie. Il coinvolgimento di figure professionali multidisciplinari per interventi specifici e l’affiancamento agli insegnanti nella gestione educativa della tecnologia è un punto qualificante le attività stesse, anche per evitare quelle penose situazioni in cui i discenti sono molto più competenti dei docenti. L’attivazione di campagne di sensibilizzazione direttamente partecipate, sia nella fase di pianificazione sia in quella di realizzazione, dagli studenti e dai familiari ha mostrato, inoltre, di essere un potente strumento di formazione sul campo. Nel sistema sanitario, sarà principalmente la rete dei pediatri a essere coinvolta, prevedendo un counselling preventivo durante i bilanci di salute.11,12 
In ambito di prevenzione secondaria, ossia di individuazione precoce e monitoraggio di uso problematico, segnali di disagio, comportamenti a rischio, sarà essenziale disporre di strumenti validati di assessment dell’uso additivo negli screening pediatrici routinari. Il Bergen Social Media Addiction Questionnaire (SMAQ)13 è un esempio di strumento utilizzabile in questo contesto. Riportiamo di seguito gli item da cui è formato:

1. passo molto tempo a pensare ai social media o a pianificare il loro uso;
2. sento il bisogno di usare i social media sempre di più;
3. uso i social media per dimenticare i miei problemi;
4. ho provato a usare meno i social media ma non riesco;
5. mi sento stressato o sconvolto se non posso usare i social media;
6. uso i social media così tanto che ha avuto un effetto negativo sui miei studi o sul lavoro.

Parallelamente, sarà necessario potenziare, come previsto dalla Legge di Bilancio 2025, il fondo nazionale per il supporto psicologico nelle scuole, che presenta una dotazione iniziale di 10 milioni di euro per il 2025, ma prevede uno stanziamento di 18,5 milioni annui a partire dal 2026 per sportelli di counselling e supporto psicologico scolastico in risposta all’aumento dei casi di disagio.
Quanto agli interventi rivolti a gestire e ridurre le conseguenze negative di comportamenti problematici già manifestatisi, come sostegno psicologico-neuropsichiatrico, riabilitazione e misure di re-inclusione scolastica e relazionale (prevenzione terziaria), oltre ai citati presìdi sanitari e scolastici, sarà essenziale la funzionale presenza di accordi operativi con i servizi di neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza (NPIA) e i servizi sociali territoriali. A questo livello, occorre considerare che le raccomandazioni “one size fits all” non sono quasi mai efficaci, soprattutto per minoranze e adolescenti con fragilità preesistenti, e che la maggiore probabilità di successo si ottiene con approcci individualizzati calibrati sui profili individuali di rischio. Andranno quindi (almeno) considerate:

  • le eventuali comorbilità psichiatriche preesistenti;
  • le vulnerabilità socioeconomiche;
  • l’identità culturali e sessuale;
  • i pattern specifici di uso problematico.

Sulla base dell’assessment multidimensionale saranno definite modalità e tempistiche di interventi evidence-based.

Conclusioni

Gli studi recenti segnano un’evoluzione significativa nella comprensione dell’impatto delle tecnologie digitali sulla salute mentale giovanile. Le evidenze inequivocabili sui rischi associati alle traiettorie di uso additivo richiedono una risposta immediata e coordinata dei sistemi sanitari, educativi e sociali.
Le strategie di intervento devono evolvere da approcci semplicistici basati sui limiti temporali di accesso verso interventi più articolati che considerino la complessità dei pattern comportamentali, le vulnerabilità individuali e i meccanismi neurobiologici sottostanti. La sfida non è semplicemente limitare l’uso delle tecnologie, ma educare le nuove generazioni a un utilizzo consapevole e proficuo degli strumenti digitali. Questo richiede investimenti sostanziali nella formazione professionale, nell’innovazione e nella collaborazione intersettoriale.
Il futuro della salute mentale adolescenziale dipende dalla nostra capacità di trasformare queste evidenze scientifiche in politiche efficaci e pratiche innovative. Il tempo per l’azione è adesso, prima che un’intera generazione paghi il prezzo della nostra inerzia. L’urgenza è dettata dai numeri: con quasi un terzo degli adolescenti in traiettorie crescenti di uso additivo di social media e telefoni cellulari e rischi relativi per comportamenti suicidari che superano il 200%, siamo di fronte a una vera e propria emergenza sociale, che richiede interventi immediati, coordinati e basati sull’evidenza scientifica.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Xiao Y, Meng Y, Brown TT, Keyes KM, Mann JJ. Addictive Screen Use Trajectories and Suicidal Behaviors, Suicidal Ideation, and Mental Health in US Youths. JAMA 2025;334(3):219-28. doi: 10.1001/jama.2025.7829
  2. Sapien Labs. Age of First Smartphone/Tablet and Mental Wellbeing Outcomes. 2023. Disponibile all’indirizzo: https://sapienlabs.org/wp-content/uploads/2023/05/Sapien-Labs-Age-of-First-Smartphone-and-Mental-Wellbeing-Outcomes.pdf
  3. ISTAT. Indagine bambini e ragazzi. Anno 2023. Nuove generazioni sempre più digitali e multiculturali. Report 20 maggio 2024. Disponibile all’indirizzo: https://www.istat.it/it/files/2024/05/Bambini-e-ragazzi-2023.pdf
  4. Galeotti T, Marino C, Canale N et al (eds). La Sorveglianza HBSC-Italia 2022. Health Behaviour in School-aged Children: le tecnologie digitali negli adolescenti. Roma, Istituto Superiore di Sanità, 2024.
  5. Haidt J. La generazione ansiosa. Bologna, Rizzoli, 2024.
  6. Ministero dell’Istruzione. Circolare n.3392 del 16 giugno 2025. Disposizioni in merito all’uso degli smartphone nel secondo ciclo di istruzione. Disponibile all’indirizzo: https://www.mim.gov.it/-/circolare-n-3392-del-16-giugno-2025
  7. Andrews A, Égert B, de la Maisonneuve C. From decline to revival: Policies to unlock human capital and productivity. Paris, OECD, 2024. doi: 10.1787/8d0d232c-en
  8. Save the Children. Educare al digitale. Dati utili per adulti consapevoli. Roma, Save the Children, 2025. Disponibile all’indirizzo: https://s3-www.savethechildren.it/public/allegati/educare-al-digitale.pdf
  9. Kids Mental Health Foundation. Family Social Media Plan. Disponibile all’indirizzo:  https://www.kidsmentalhealthfoundation.org/-/media/onoursleeves/documents/social-media-family-plan.pdf?forcedownload=0
  10. Hall JA. Ten Myths About the Effect of Social Media Use on Well-Being, J Med Internet Res 2024;26:e59585. doi: 10.2196/59585
  11. Federazione Italiana Medici Pediatri. Bambini e adolescenti in un mondo digitale. Pisa, Pacini, 2023. Disponibile all’indirizzo: https://www.fimp.pro/images/guide/digitale.pdf
  12. Fondazione Carolina. Guida Minori Online. Disponibile all’indirizzo: https://www.minorionline.com/guida-minori-online/intro-alla-guida-minori-online/
  13. Andreassen CS, Torsheim T, Brunborg GS, Pallesen S. Development of a Facebook Addiction Scale. Psychol Rep 2012;110(2):501-17. doi: 10.2466/02.09.18.PR0.110.2.501-517
Approfondisci su epiprev.it Vai all'articolo su epiprev.it Versione Google AMP