Parole diversamente abili
Siamo tutti diversamente abili nel comunicare. Prima di tutti lo siamo noi, tecnici della sanità, che per mandato dovremmo farci capire dai nostri interlocutori, e invece spesso parliamo e scriviamo pensando ai nostri dirigenti, o alla nostra insegnante delle medie. D’altra parte, nelle scuole di medicina nessuno ci ha ancora insegnato a fare il contrario.Ma a fare le spese della nostra limitata competenza comunicativa, la maggior parte delle volte sono proprio coloro che ne hanno più bisogno. Infatti le persone che hanno meno accesso alle cure e ai servizi spesso hanno anche una insufficiente alfabetizzazione linguistica e sanitaria. Negli screening oncologici, la nascita di gruppi di lavoro sulla comunicazione ha portato, negli ultimi dieci anni, a progettare in modo più mirato materiali informativi, rapporti, siti, corsi e seminari. Ma ha anche portato la consapevolezza che la comunicazione sugli screening “avviene” comunque, e solo parzialmente è gestita da noi che ci lavoriamo. Per questo, da una parte è essenziale che continuiamo a dialogare con il “non screening” nella sanità e nella società civile, dall’altra, che impariamo a fare meglio quello che facciamo, familiarizzando con strumenti di altre discipline e coinvolgendo professionisti di altri settori. Il tutto è reso più arduo dal fatto che, a parte alcune eccezioni, la comunicazione pubblica in Italia non è ancora diventata “sistema”, misurando le proprie parole sui destinatari e sulle proprie finalità comunicative.