Editoriali
14/03/2024

Come si misura il peso della crisi del SSN sulla salute dei cittadini italiani?

La crisi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ben riassunta dalla metafora della “rana bollita” di Nerina Dirindin,1 e le possibili implicazioni per la salute della popolazione sono di estremo interesse per E&P. Nel corso dell’ultimo anno, la rivista ha pubblicato diversi contributi sulla crisi del SSN italiano e alcuni tra questi hanno esplicitamente richiamato il ruolo dell’epidemiologia per la lettura dei bisogni, il monitoraggio degli effetti dei cambiamenti in atto, le prospettive future.2,3 Per queste ragioni, lo scorso marzo E&P ha lanciato una call per articoli o proposte di studi (SSN in difficoltà e salute dei cittadini) per valutare «le condizioni di salute della popolazione in relazione alla situazione attuale del SSN, possibilmente tenendo conto della posizione socioeconomica dei soggetti in studio». Ad oggi, E&P ha ricevuto due articoli scientifici sulla (mancata) partecipazione agli screening organizzati, che pubblicheremo in uno dei prossimi numeri. Per stimolare una maggiore attenzione dell’epidemiologia italiana su questo tema, e quindi per sollecitare nuovi contributi, E&P propone di approfondire la riflessione sul possibile ruolo che l’epidemiologia potrebbe svolgere nella lettura dello stato del SSN e delle conseguenze sulla salute della popolazione italiana, così come sulle difficoltà che questo compito comporta.

Qualcuno potrebbe dire che non servono studi epidemiologici, dato che esistono già due strumenti consolidati per la valutazione dei servizi sanitari regionali:

  1. i dati del monitoraggio ministeriale dei livelli essenziali di assistenza (LEA) con gli indicatori della Griglia LEA e con quelli del Nuovo Sistema di Garanzia;
  2.  il Programma Nazionale Esiti (PNE), cioè il monitoraggio e l’analisi delle cure erogate in Italia negli ospedali pubblici e privati accreditati.

Ma il primo contiene indicatori di performance che possono considerarsi obsoleti3 e fortemente condizionati dalle risorse per i servizi ospedalieri e territoriali disponibili in ogni regione. Il secondo, le cui valutazioni per il 2022 sono state pubblicate da qualche mese, è molto utile per far emergere le criticità assistenziali dell’assistenza ospedaliera (molto meno per quella territoriale) e individuare strategie correttive anche attraverso audit clinico-organizzativo la cui importanza è stata ribadita dalla rete del progetto EASY-NET,4 ma non è in grado di rispondere alle domande specifiche sull’impatto delle modifiche strutturali del SSN. L’obiettivo di valutare le condizioni di salute in relazione ai cambiamenti del SSN, infatti, implica l’identificazione di relazioni causali, attività di ricerca complessa che difficilmente può essere svolta attraverso il solo monitoraggio degli indicatori.

Cosa misurare

Ma quali sono le modifiche strutturali del SSN in atto e quali domande sono d’interesse? Una parte del dibattito attuale si focalizza sul sottofinanziamento5 e sul ruolo del privato dentro e fuori il SSN.3 Molte le voci e oggettivamente diverse le politiche da parte delle Regioni, con un chiaro impulso negli ultimi stanziamenti della finanziaria alla privatizzazione, considerata da molti osservatori un’importante concausa del declino del servizio pubblico, di cui numerosi sono i segni:1

  • il degrado delle strutture sanitarie pubbliche;
  • la carenza di personale medico e infermieristico nei servizi pubblici sia nella medicina di territorio sia in quella ospedaliera (pronto soccorso, terapia intensiva, chirurgia);
  • difficoltà di accesso alle cure con un aumento dei tempi di attesa nell’assistenza domiciliare, nelle prestazioni ambulatoriali e ospedaliere;
  • riduzione dei servizi (consultorio familiare, salute mentale);
  • riduzione di prestazioni nell’assistenza sociale.

Le carenze sinteticamente elencate possono avere implicazioni negative per la salute della popolazione, soprattutto di quella più povera. Senza un medico di medicina generale che conosce la storia clinica del paziente ed è in grado di pianificarne le risposte alle esigenze future, i pazienti finiscono per passare da uno specialista all’altro, spesso a pagamento, o per intasare il pronto soccorso oppure, se non hanno tempo e soldi, per ignorare i propri problemi di salute. Se interventi prioritari – dalla presa in carico di un adolescente per i sintomi di una psicosi precoce alla diagnosi di un tumore trattabile, all’intervento di angioplastica – vengono ritardarti per carenza di risorse, assisteremo a un aumento di frequenza di malattie croniche in stadio avanzato, quindi a un futuro incremento delle morti premature. Ma questo destino non è uguale per tutti: la sanità privata a pagamento è a disposizione di chi se la può permettere e le disuguaglianze di salute sono destinate ad aumentare.

È certo che, come dice Maffei,3 per analizzare la “scatola nera” del SSN si richiedono «il cacciavite e la mano di operai specializzati». Tuttavia, a differenza di quanto è accaduto durante la pandemia, quando era ovvio che le scelte di politica sanitaria dovessero essere supportate dalle competenze tecniche, tra cui quelle epidemiologiche risaltavano in primo piano, oggi non si ritiene che la situazione del SSN e le sue modifiche possano essere documentate da quanto l’epidemiologia può produrre.

Quali indicatori definire? Quali studi avviare?

È chiaro che la difficoltà a individuare indicatori di effetto o di performance utili ai diversi livelli decisionali – nazionali, regionali, locali – è un rilevante impedimento alla ricerca di epidemiologia valutativa. Alcuni macroindicatori di effetto, indispensabili per il monitoraggio generale della salute del Paese (mortalità generale e nelle sue diverse connotazioni: infantile, evitabile, speranza di vita, vita in buona salute) e indicatori di performance delle principali prestazioni sanitarie (LEA, PNE) che monitorano la funzionalità generale o specifiche prestazioni delle strutture sanitarie delle Regioni italiane non fanno per ora registrare effetti negativi né sulla mortalità né sulle prestazioni monitorate, come riferiscono Giuseppe Costa e Marina Davoli.2 Ma, come gli stessi due autori affermano, tra le varie cause di questa apparente tenuta del Servizio Sanitario possono essere annoverate la latenza («Potrebbe non essere trascorso abbastanza tempo tra l’indebolimento sul fronte dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e l’impatto sulla salute») o l’abbandono, per ora, soprattutto di prestazioni sanitarie di scarso impatto sulla salute. Inoltre, è difficile identificare quale possa essere lo scenario alternativo con cui confrontarsi: il mantenimento degli stessi livelli di attesa di vita degli anni precedenti, per esempio, è una buona o una cattiva notizia? La risposta dipende da un fattore sconosciuto, cioè da che cosa sarebbe successo in assenza dei problemi del SSN. Buon terreno di ricerca. E quindi: quali studi avviare per valutare le tante situazioni non immediatamente connesse a esiti definitivi (vita-morte), ma alla più quotidiana gestione delle patologie, acute o croniche, sul territorio o in ospedale, allo sviluppo delle attività di prevenzione, all’assistenza a domicilio per disabili e anziani? Quali ricerche per monitorare la situazione di crisi del servizio pubblico? Quali prestazioni sanitarie rilevanti, pur diverse da quelle comprese nel PNE, vale la pena monitorare a livello regionale e locale? 

Le disuguaglianze, i confronti, le riduzioni

Gli spunti di ricerca sono molti: le disuguaglianze di salute, che crescono nella difficoltà di accesso ai servizi, potrebbero essere la modalità di lettura di numerosi temi di patologia cronica, da valutare nei loro esiti intermedi; il confronto su questi temi nei diversi contesti geografici, così come il confronto tra esiti intermedi per patologie per le quali sono stati avviati dei PDTA, che al momento sono ancora relativamente preservati, e altre patologie croniche. E anche: la lettura delle tipologie di prestazioni la cui frequenza si è maggiormente ridotta, per una valutazione di appropriatezza: si stanno abbandonando prestazioni essenziali o almeno utili o prevalentemente a scarso impatto? 

Se non un progetto complesso, almeno un saldo coordinamento

È chiaro che occorre un progetto di ricerca complesso che ponga i quesiti epidemiologici “giusti”, quelli che si avvicinano di più alle origini dei problemi, forse diversi secondo i contesti, ma con un saldo coordinamento generale, per fornire dati robusti senza dispersione di forze. Ci vogliono anche i metodi e i dati adeguati, e probabilmente approcci innovativi se vogliamo identificare cause, carenze e impatti. Come tutte le attività di ricerca complessa, è un progetto che necessita di pianificazione, competenze e risorse.

Occorrerebbe una rete organizzata di strutture diffuse su tutto il territorio nazionale, così come era stata proposta dall’Associazione Italiana di Epidemiologia nel suo documento dello scorso anno,6 una «formalizzazione dei contenuti delle attività di epidemiologia all’interno del SSN/SSR, collegati in primo luogo ai LEA e quindi ai documenti di pianificazione nazionale». In attesa di una riforma nazionale, di cui tuttavia non si intravvedono nemmeno i prodromi, serve che le strutture di epidemiologia pianifichino in modo coordinato ricerche per il monitoraggio delle condizioni accennate nel paragrafo precedente e dati tempestivi a documentazione delle carenze del Servizio sanitario pubblico e degli effetti delle modifiche in atto. Oltre all’oggettiva utilità per i decisori, questa produzione potrebbe collocare l’epidemiologia nel cuore del dibattito pubblico sui destini del SSN, facendo conoscere a decisori e opinione pubblica che l’epidemiologia c’entra con i problemi delle liste d’attesa così come con le scelte politiche di riorganizzazione del Servizio sanitario.

Altrimenti, come osserva Cesare Cislaghi con puntuta ironia,7 rischiamo di fare del bird-watching. Interessante per chi lo fa, indifferente per gli altri, ignoto agli stessi uccelli oggetto di osservazione.

Bibliografia

  1. Dirindin N. La metafora della rana bollita: schizziamo fuori dalla pentola prima che sia troppo tardi. Epidemiol Prev 2022;46(3):121-22.
  2. Costa G, Davoli M. Dove sta andando il sistema salute-sanità e quale contributo può dare l’epidemiologia: suggerimenti dal 47° Convegno AIE. Epidemiol Prev 2023;47(3):116-17.
  3. Maffei CM. Qualche riflessione sulla crisi del Servizio sanitario nazionale. Epidemiol Prev 2023;47(4-5):234-36.
  4. Acampora A, Deroma L, Ciccone G et al. Il programma di rete EASY-NET: razionale, struttura e metodologie. Epidemiol Prev 2023;47(1-2):80-89.
  5. Longo F, Locatelli F, Del Vecchio M et al. Tackling the crisis of the Italian National Health Fund. Lancet Public Health 2024;9(1):e6-e7.
  6. Bisceglia L, Ancona C, Brescianini S et al. Le funzioni di epidemiologia nella riorganizzazione del SSN. Una proposta dell’Associazione Italiana di Epidemiologia. Epidemiol Prev 2022;46(1-2):8-10.
  7. Cislaghi C. L’inutilità dell’epidemiologia. In: Come sta la sanità. Il blog di Cesare Cislaghi. 13.04.2023. Disponibile all’indirizzo: https://epiprev.it/blog/come-sta-la-sanita/l-inutilita-dell-epidemiologia 
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