Editoriali
26/11/2015

I vaccini sono farmaci

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Le discussioni che si verificano intorno alle vaccinazioni e alle politiche vaccinali dipendono almeno in parte dalla difficoltà di comunicare in modo adeguato le informazioni disponibili.

La difficoltà riguarda tre aspetti: l’entità dei benefici attesi, i possibili rischi per coloro che si vaccinano e il livello di incertezza sui dati disponibili. I vaccini sono farmaci, e come per tutti i farmaci sono presenti benefici – che consistono nella prevenzione di una malattia – e rischi di insorgenza di eventi avversi. Come per tutti i farmaci, un vaccino entra in commercio solo quando le autorità regolatorie internazionali, come la European Medicine Agency (EMA) in Europa e la Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti, hanno verificato che i benefici superano i rischi. Naturalmente, come per tutti i farmaci, la sorveglianza del profilo beneficio-rischio continua anche dopo l’immissione in commercio, innanzitutto per verificare se siano presenti eventi avversi rari che non è possibile evidenziare nella fase che precede la commercializzazione, a causa della relativa limitatezza del numero di soggetti coinvolti negli studi. Nel tempo si riducono, così, anche i margini di incertezza ancora presenti al momento della registrazione.

I benefici

L’entità del beneficio non è ovviamente la stessa per tutti i vaccini. Evitare malattie come la poliomielite o la difterite oppure una complicanza neurologica del morbillo ha una rilevanza clinica maggiore rispetto a quella che ci aspettiamo quando un adulto in buona salute si vaccina contro l’influenza stagionale. Questa distinzione è ben presente in altri ambiti, si pensi solo al campo delle terapie oncologiche. Accanto a farmaci che hanno radicalmente modificato la prognosi dei pazienti, ve ne sono numerosi altri che sono introdotti in commercio anche con guadagni di sopravvivenza di poche settimane. Nessuna sorpresa se a fronte di benefici più limitati aumenta l’enfasi sui rischi potenziali e sui livelli di incertezza.

Sempre relativamente ai benefici, è utile distinguere fra effetti individuali e ricadute collettive. La vaccinazione contro il vaiolo ha ottenuto due risultati straordinari: evitare la malattia nei vaccinati, circoscrivere e poi eliminare la circolazione del virus. Di conseguenza, oggi non c’è più il rischio di epidemie di vaiolo e non è necessaria la vaccinazione. Analogamente, malattie come la poliomielite e la difterite sono assenti nei Paesi dove si è raggiunta una copertura vaccinale elevata, mentre riemergono laddove per varie ragioni si riduce il livello di immunizzazione. Chi non si vaccina contro gravi malattie prevenibili adotta un comportamento poco responsabile, da free rider: utilizza, cioè, i benefici che derivano da una vaccinazione di massa, assumendo che se la gran parte si vaccina c’è un vantaggio anche per i pochi che non lo fanno. Sfortunatamente, mano a mano che questi comportamenti si diffondono, si riduce la copertura vaccinale e si ripresentano epidemie di malattie prevenibili. Si pensi al caso del morbillo, con epidemie che insorgono in tutti i Paesi in associazione al calo della copertura vaccinale. Per malattie di questo tipo la vaccinazione va sostenuta, poiché produce un beneficio individuale rilevante, oltre ad avere effetti esterni positivi. È chiaro che questa argomentazione perde di significato mano a mano che si riducono i benefici individuali.

I rischi

Passiamo ora ai rischi legati alle vaccinazioni. Da parte di coloro che operano nel mondo della sanità pubblica si avverte una preoccupazione a esplicitare la presenza di possibili rischi nel timore di compromettere gli sforzi delle campagne vaccinali e produrre gravi danni alla salute dei cittadini.1,2 Gli esempi, come si accennava nei paragrafi precedenti, non mancano.

Tuttavia, se si vogliono combattere le strumentalizzazioni dei gruppi antivaccinali, i quali sono disponibili a negare l’evidenza pur di continuare nelle stesse affermazioni, è preferibile evitare comportamenti difensivi. Non aiuta, in questo senso, utilizzare l’argomento dei “falsi miti” – dal titolo del recente convegno organizzato a Roma dal Ministero della salute – per affrontare il tema delle reazioni avverse ai vaccini, come se tutto il problema riguardasse l’ipotesi ormai interamente screditata di autismo associato alle vaccinazioni.3 E non aiuta neppure se editoriali e documenti dedicati alle vaccinazioni omettono semplicemente di citare il tema delle reazioni avverse ai vaccini.2,4

Sono altri gli argomenti da utilizzare. Innanzitutto, i rischi che siamo disposti a correre vanno analizzati in relazione ai benefici che contiamo di ottenere. A fronte di un farmaco come l’imatinib, che ha portato la sopravvivenza a 10 anni dei pazienti con leucemia mieloide cronica dal 20% all’85%, è poco probabile che un paziente decida di rinunciare al trattamento a causa delle pur presenti reazioni avverse. Viceversa, sapere che durante l’uso di un farmaco antinfiammatorio non steroideo aumenta il rischio acuto di insorgenza di infarto del miocardio dell’80% può indurre una persona razionale a non assumere il farmaco per il trattamento dei dolori di minore entità, o di non prolungarne inutilmente l’assunzione.

Ancora, riconoscere la presenza di reazioni avverse, anche gravi, potrebbe non avere alcun impatto negativo sull’adesione a una campagna vaccinale. Per esempio, c’è ormai una solida evidenza scientifica a sostegno del legame fra vaccinazione antinfluenzale e insorgenza della sindrome di Guillain-Barré (GBS). Uno studio italiano condotto di recente ha messo in evidenza un raddoppio nel rischio di GBS (corrispondente a un incremento di 2-5 eventi per milione di persone) nelle 6 settimane successive alla vaccinazione rispetto a coloro che non sono vaccinati, e i risultati sono coerenti con quelli di numerosi altri studi condotti sull’argomento.5 Gli stessi studi, tuttavia, mettono in evidenza che l’insorgenza di GBS aumenta molto di più (oltre 15 volte nello studio di Galeotti et al.)5 fra coloro che sviluppano un’influenza rispetto a coloro che non la sviluppano. A conti fatti, quindi, sarebbe del tutto razionale correre un rischio legato alla vaccinazione per prevenirne uno maggiore che potrebbe insorgere se si decide di non vaccinarsi.

Nella comunicazione bisogna abituarsi a fare distinzioni ed esplicitare il grado di incertezza. Per tornare ancora alla vaccinazione antinfluenzale, negli anni si sono via via allargate le popolazioni alle quali è stata raccomandata. Ma l’entità dei benefici non è uniforme in tutte le categorie di soggetti. Per una persona a rischio cardiovascolare elevato, che per esempio abbia avuto recentemente un infarto del miocardio, la vaccinazione antinfluenzale è in grado di ridurre l’insorgenza di nuovi eventi cardiovascolari e la mortalità complessiva.6 Invece, per un soggetto – diciamo 50-60enne – a basso rischio di eventi cardiovascolari non si osserva alcun vantaggio dalla vaccinazione antinfluenzale, né in termini di eventi cardiovascolari né di mortalità complessiva. Non ha, quindi, significato affermare che il calo della vaccinazione antinfluenzale potrebbe provocare centinaia o migliaia di morti, senza entrare nel merito di chi sono coloro che (non) si vaccinano.

Comunicare in modo adeguato significa fornire informazioni accurate, esaurienti e non paternalistiche7 su quello che si conosce relativamente ai benefici e ai rischi, inclusi i margini di incertezza. Solo in questo modo sarà possibile condurre una discussione razionale, contare sul sostegno consapevole dei cittadini ed evitare, o quantomeno limitare, le campagne di paura sostenute dai gruppi antivaccinali.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Leggi anche l’intervento di Carlo Signorelli «La vera eccellenza dei vaccini e i falsi miti da sfatare» (pp. 198-201).

Bibliografia

  1. Salmaso S. Torniamo a parlare di vaccinazioni. Medico e Bambino 2015;34:279-280.
  2. Signorelli C. La vera eccellenza dei vaccini e i falsi miti da sfatare. Epidemiol Prev 2015;39(3):198-201.
  3.  La sanità in Italia: falsi miti e vere eccellenze. Convegno. Roma, 22 aprile 2015. Disponibile all’indirizzo: http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_2_1_1.jsp?menu=eventi&p=daeventi&id=280
  4. Bonanni P, Azzari C, Castiglia P et al. Il calendario vaccinale per la vita 2014 predisposto dalle società scientifiche italiane. Epidemiol Prev 2014;38(6) Suppl 2:131-46.
  5. Galeotti F, Massari M, D’Alessandro R et al. Risk of Guillain- Barré syndrome after 2010-2011 influenza vaccination. Eur J Epidemiol 2013;28(5):433-44.
  6. Udell JA, Zawi R, Bhatt DL et al. Association between influenza vaccination and cardiovascular outcomes in high-risk patients: a meta-analysis. JAMA 2013;310(16):1711-20.
  7. Demicheli V. Vaccini, che pasticcio! Epidemiol Prev 2015;39(1): 7-9.  
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