Attualità
15/09/2011

WiFi nelle scuole italiane. Il principio di precauzione va preso sul serio?

Nove maggio 2011: parte ufficialmente il progetto «Scuole inWiFi», iniziativa sponsorizzata dai Ministeri dell’Istruzione e della Pubblica amministrazione con l’obiettivo, tramite la dotazione di un kit WiFi, di «consentire a un numero crescente di istituzioni scolastiche di realizzare reti di connettività senza fili (WiFi) interne agli edifici per offrire servizi innovativi».

Diciotto giorni dopo, il 27 maggio, una Risoluzione del Consiglio d’Europa invita i governi dei Paesi membri a limitare l’esposizione ai campi elettromagnetici, specialmente quelli delle radiofrequenze associate ai telefonimobili, in particolare per «i bambini e i giovani, che sembrano essere i maggiormente suscettibili ai tumori della testa» (http://assembly.coe.int/Documents/AdoptedText/ta11/eRES1815.htm).

Passa solo qualche giorno, e il 31 maggio arriva il comunicato stampa dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) in cui si annuncia che un suo Gruppo di lavoro costituito ad hoc ha deciso di classificare le onde elettromagnetiche prodotte dai telefoni senza filo (cellulari e cordless) come «possibilmente cancerogene» in relazione allo sviluppo di tumori come i gliomi e i neurinomi del nervo acustico (di questi aspetti discute l’editoriale di Rodolfo Saracci).

Insomma, non sembrerebbe proprio il momento di esporre gli alunni delle scuole italiane a una «rete» ormai fortemente sospettata di essere una possibile sorgente di radiazioni cancerogene.

La Risoluzione del Consiglio d’Europa

Anche se solo «possibile», questo tipo di rischio va evitato, come prevede il principio di precauzione. E come invita a fare la Risoluzione del Consiglio d’Europa, che prima sottolinea come «nonostante tutte le raccomandazioni, le dichiarazioni e un numero di proposte legislative e statutarie ci sia ancora una mancanza di reazione ai rischi conosciuti o emergenti per la salute e l’ambiente e ritardi praticamente sistematici nell’adottare e implementare effettive misure preventive », quindi mette in guardia i Paesi membri dall’attendere prove cliniche e scientifiche di più alto livello prima di intraprendere azioni per prevenire rischi ben conosciuti, perché un atteggiamento del genere «può portare a costi economici e per la salute molto elevati, come già accaduto nei casi dell’amianto, del piombo nella benzina e del tabacco».

L’assemblea del Consiglio d’Europa invita inoltre a rivedere gli standard o i valori soglia per le emissioni dei campi elettromagnetici di tutti i tipi di frequenze applicando il principio ALARA (as low as reasonably achievable, o «tanto basso quanto ragionevolmente possibile»), per entrambi i cosiddetti effetti termici e gli effetti a-termici o biologici delle emissioni o radiazioni elettromagnetiche.

Infine, ecco che cosa raccomanda agli statimembri in merito alla protezione dei bambini:

  1. che sviluppino ATTRAVERSO diversi ministeri (educazione, ambiente e salute) campagne specifiche di informazione dirette a insegnanti, genitori e alunni per allertarli sui rischi specifici sull’utilizzo precoce e prolungato di cellulari e altri dispositivi che emettono microonde;
  2. che per i bambini in generale, e in particolare nelle scuole, si dia la preferenza a connessioni internet cablate, e che si regoli severamente l’uso dei cellulari da parte degli alunni nei locali della scuola.

Che farà l’Italia?

Di fronte a queste notizie alcuni genitori hanno deciso autonomamente, per proteggere i propri figli, di rinunciare alle connessioni domestiche senza fili. E il governo italiano, che misure prenderà? I ministri Gelmini e Brunetta faranno tesoro di queste raccomandazioni? E che faranno le scuole italiane? C’è da augurarsi che, dato il breve lasso di tempo concesso loro per inoltrare la richiesta dei kit WiFi (il termine ultimo era il 15 luglio 2011), il numero delle scuole che hanno fatto domanda sia limitato?

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