Attualità
20/10/2009

Un’assemblea pubblica per discutere di precariato e di autonomia della ricerca in Italia

Da alcuni mesi il personale dell’Istituto superiore di sanità (ISS) è in mobilitazione permanente (vd. anche E&P 2009 n.1-2, pp. 13-19). Ricercatori e tecnici sono preoccupati per le disposizioni contenute sia nel famoso decreto dei ministri Brunetta e Tremonti in materia di lavoro pubblico e privato, sia nel Disegno di legge 1167 sul riordino degli enti vigilati dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ancora in discussione in Senato. Tutti i lavoratori dell’istituto temono di perdere, in toto o in parte, l’autonomia scientifica e tecnica, paura che per coloro che hanno un contratto a termine, insomma i precari, si aggiunge a quella di perdere addirittura il posto di lavoro. Il personale dell’ISS ha quindi creato un coordinamento per gestire l’agitazione e stabilire un robusto ponte di collegamento con l’opinione pubblica, spinto dalla convinzione che il destino dell’Istituto superiore di sanità non sia un problema settoriale che riguarda pochi lavoratori della ricerca biomedica e della sanità, ma un problema generale che riguarda sia il modo con cui l’Italia intende continuare a tutelare la salute dei suoi cittadini, sia il sistema di ricerca scientifica del Paese. L’ISS è, infatti, il principale centro di ricerca, controllo e consulenza scientifico-tecnica in materia di sanità pubblica. E il suo personale compatto si riconosce pienamente in questa missione, come ha dichiarato nel convegno L’Istituto Superiore di sanità tra presente e futuro: ruolo, missione e risorse nella fase del riordino organizzato lo scorso 25 giugno, a Roma.

Due i punti critici

  • Il primo riguarda i finanziamenti e la struttura del lavoro in Istituto. Come molti enti pubblici di ricerca italiani, anche l’ISS ha infatti visto erodersi in quest’ultimo decennio i fondi messi a disposizione dallo Stato a fronte di un aumento delle competenze e delle funzioni. Ciò ha prodotto, come recita una nota del personale ISS, due conseguenze strutturali: la prima consiste in una folle rincorsa a finanziamenti su fondi esterni, non per produrre studi, rilievi e analisi limitati nel tempo e negli obiettivi, ma per svolgere il lavoro di ricerca, controllo e consulenza tecnoscientifica di lungo periodo, insomma per svolgere la propria missione. La seconda conseguenza strutturale consiste in un abnorme aumento del lavoro precario. I numeri parlano chiaro: le persone che al 1° gennaio 2009 lavoravano all’ISS erano 2.730. Tra loro i lavoratori a tempo indeterminato erano 1.528, cioè il 56% del totale, mentre i restanti 1.202 risultavano lavoratori precari. Si tratta di precari davvero particolari, come dimostra con la chiarezza dei numeri uno studio statistico illustrato da Nicola Vanacore (ricercatore precario con un curriculum scientifico degno di un direttore di ricerca – con oltre 120 articoli scientifici su riviste internazionali incluse Science o British Medical Journal – che di recente si è visto sì rinnovare il contratto all’ISS per soli sei mesi): i precari dell’ISS sono, per così dire, dei precari stabili, avendo un’anzianità media di lavoro presso l’Istituto di 8,5 anni. E il contributo scientifico che danno all’ISS non è affatto marginale: il 60,6% degli articoli scientifici usciti dall’Istituto contiene la firma di almeno un precario e nel 20% dei casi la prima firma è di un ricercatore precario. Anche nelle statistiche relative ai rapporti tecnici redatti in Istituto il lavoro dei precari è davvero notevole: poco meno del 50% è firmato da un ricercatore che non ha un lavoro a tempo indeterminato. In pratica: i lavoratori precari della ricerca sono parte essenziale dell’ISS. L’approvazione del Disegno di legge 1167 potrebbe mandarli a casa, tutti o solo una parte. Generando danni sia sul piano umano – 1.200 persone altamente qualificate che rischiano di ritrovarsi dopo un decennio di attività senza lavoro – sia sul piano scientifico.
  • Il secondo aspetto che preoccupa i lavoratori dell’ISS riguarda l’autonomia dell’ente, ovvero di un istituto che ha una grande tradizione e un grande prestigio sia scientifico sia tecnico. Il disegno di legge consegna una delega in bianco al governo per un riordino di cui nessuno avverte la necessità e che potrebbe portare sia a un cambiamento delle funzioni dell’ISS sia a un aumento del controllo politico. In questo caso non è possibile basarsi sull’analisi statistica, ma su una lettura politica dei fatti. I fatti sono che in altri Enti pubblici di ricerca è in atto un’azione diretta delle autorità di governo: l’ISPESL, l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, è stato commissariato; l’ASI, l’Agenzia spaziale italiana, è stata prima commissariata e ora si sta procedendo alla nomina del presidente senza consultare la comunità scientifica; alla guida del-l’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ha problemi di precarietà del lavoro tecnico e scientifico del tutto paragonabili a quelli dell’ISS, è stato nominato addirittura un prefetto. La preoccupazione dell’Assemblea permanente dei lavoratori dell’ISS è che dietro questi fatti ci sia un preciso disegno: disarticolare, contenere e svuotare di ogni autonomia le attività degli enti pubblici di ricerca.
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