Attualità
18/12/2013

Tumori infantili e prevenzione primaria

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Abbiamo apprezzato l’interesse che Emanuele Crocetti e Maurizio Aricò hanno dedicato al nostro Editoriale (Epidemiol Prev 2013;37(1):102-4): i loro interventi ci offrono l’opportunità di ribadire e precisare i concetti principali da noi espressi.

Emanuele Crocetti fa riferimento allo Statuto dell’AIRTUM. In realtà l’articolo 2 specifica che l’obiettivo dell’Associazione è quello di rendere disponibili (ad autorità amministrative eccetera) «i dati della frequenza dei tumori, nell’interesse […] della prevenzione» (corsivo nostro).

Evidentemente Crocetti ritiene che un giudizio sulla pertinenza alla prevenzione di un dato emesso dall’AIRTUM spetti al destinatario e non al mittente del messaggio. Crocetti ha diritto di pensare che chi produce un dato epidemiologico possa ignorare i processi di policy making che esso determina, ma a noi questa opinione sembra contraria al binomio espresso dalla testata di E&P, organo dell’Associazione italiana di epidemiologia.

Nel nostro testo, forse oscurato da una «brillante e argomentata retorica», Crocetti non ha riconosciuto la domanda (che pure era posta esplicitamente) rivolta ai lettori di E&P ma anche al segretario dell’AIRTUM, con la quale ci si chiedeva se le stime epidemiologiche siano sufficientemente preoccupanti per essere portate all’attenzione delle autorità di sanità pubblica.

Non ci aspettavamo che AIRTUM rispondesse «in maniera risolutiva» ai quesiti «che la popolazione solleva», ma ci saremmo attesi di essere informati se AIRTUM intenda o meno – con il suo indiscutibile prestigio – prendere l’iniziativa di segnalare al Ministro della salute la probabile esistenza di un ulteriore problema di salute ambientale dell’infanzia, pregresso o attuale. Ci saremmo anche aspettati di sapere se e come AlRTUM partecipi a qualcuno dei diversi progetti di salute pubblica in corso (come OKkio alla SALUTE, Guadagnare salute eccetera), intesi a proteggere la salute dei nostri bambini.

Forse la lacuna che noi lamentiamo non si sarebbe creata se i responsabili dell’aggiornamento delle stime di incidenza dei tumori infantili in Italia avessero adottato le linee guida etiche dall’Associazione internazionale di epidemiologia ambientale (ISEE), e in particolare quelle (3.4.1 e 3.4.2) che raccomandano il coinvolgimento della comunità nella progettazione, conduzione, analisi e disseminazione dei risultati della ricerca epidemiologica. Il capitolo 3.8 del Rapporto AIRTUM 2013 redatto a nome dei genitori è molto interessante, ma non è il prodotto di un’interazione tra ricercatori e soggetti della ricerca.

Aricò si è cimentato in una lunga dissertazione su temi che non rientravano nei contenuti del nostro editoriale. Abbiamo quindi poco a cui rispondere. Tuttavia, merita un commento puntuale l’accostamento di due sue affermazioni. Da una parte, secondo Aricò, «parlare di prevenzione dei tumori infantili è qualcosa di molto diverso che parlarne in riferimento agli adulti, addirittura quasi al punto di chiedersi se questo sia un tema su cui davvero possiamo incidere». Dall’altra, «la probabilità di guarigione continua inarrestabilmente a crescere, motivando l’investimento della società in questo ambito, che dovrebbe essere assai maggiore».

Condividiamo l’ultimo punto,ma l’idea che non ci sia motivo di impegno di prevenzione primaria – in termini tanto di ricerca quanto di intervento – è un concetto che riteniamo superato e che, da parte dell’autorità sanitaria, può essere frainteso e interpretato come un invito ad accantonare il tema. Per sostenere il suo punto di vista, Aricò ricorre all’uso strumentale delle parole «inarrestabile epidemia di tumori infantili» dapprima attribuite a un settimanale, ma per le quali viene poi ambiguamente fatto intendere che sono state sostenute da qualche appartenente alla comunità scientifica.

Nell’Editoriale abbiamo messo al centro del nostro discorso la questione se come scienziati abbiamo o no la responsabilità di sollecitare le autorità sanitarie a intervenire nella prevenzione primaria dei tumori pediatrici anche in assenza di una dimostrazione assoluta della cancerogenicità di determinate circostanze di esposizioni ambientali. Insistiamo su questo argomento, ricordando che in primo luogo va considerato il “principio di precauzione” inserito nella Costituzione europea. Inoltre, nel processo di policy making il problema salute-ambiente va visto in modo olistico, nel senso che i fattori ambientali sono responsabili di molteplici problemi di salute che dall’età pediatrica si proiettano nell’età adulta.

In proposito, è significativa la recente pubblicazione che pone in relazione la prevenzione nelle prime epoche della vita e le cosiddette malattie non comunicabili: diabete, malattie cardiovascolari, cancro, malattie polmonari ostruttive croniche.1

In conclusione, le due lettere di Crocetti e Aricò non hanno scalfito i contenuti del nostro editoriale, anzi ci hanno offerto lo spunto per ribadire la necessità di una più ampia considerazione del ruolo non solo scientifico, ma anche sociale dell’epidemiologia e dell’impegno, per ora limitato ma non trascurabile, che dovrebbe essere dedicato alla prevenzione primaria dei tumori pediatrici.

Ci saremmo infine attesi una chiara presa di posizione:

  • sul ruolo dell’epidemiologia nei confronti della policy making;
  • sulla preoccupazione per i tassi italiani di incidenza dei tumori in età 0-14 anni che continuano a essere tra i più alti del mondo;
  • sull’importanza della prevenzione primaria in età pediatrica.

Bibliografia

  1. Balbus JM, Barouki, Birnbaum LS et al. Early-life prevention of non-communicable diseases. Lancet 2013;381(9860):3-4.
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