Attualità
16/10/2024

Nature Restoration Law e diritto alla salute

Con l’obiettivo di far fronte al cambiamento climatico e al calo costante di biodiversità, nel 2022 la Commissione europea ha proposto una normativa giuridicamente vincolante per gli Stati membri finalizzata alla riqualificazione degli ambienti naturali riguardante non solo le aree protette, ma tutti gli ecosistemi, compresi i terreni agricoli, quelli forestali e le aree urbane. 
Dopo due anni di negoziati, in cui anche il nostro Paese ha cercato di ostacolare l’approvazione del Regolamento, e dopo un voto che ha lasciato tutti gli osservatori col fiato sospeso fino alla fine, il 27 giugno di quest’anno il testo è stato ufficialmente adottato. Ora gli stati hanno due anni di tempo per presentare i piani nazionali di ripristino. 
In questo articolo l’autrice analizza l’idea di relazione ambiente/salute (relazione tra “umano” e “non umano”) che ha guidato la Commissione europea nel produrre questa norma, mentre nel riquadro propone una breve sintesi dei contenuti della legge.

La Nature Restoration Law è di particolare interesse nel contesto delle policy ambientali ed è per sua natura transdisciplinare,1 includendo tematiche di salute pubblica. Nonostante esistano diverse criticità che la accompagnano (per esempio, nelle deleghe lasciate agli Stati membri riguardanti la stesura dei piani nazionali, nell’incertezza delle modalità di monitoraggio e nelle tipologie di indici da considerare come validi), essa si pone in modo innovativo nel panorama internazionale. Le parole utilizzate nel titolo, Nature e Restoration, sono un primo esempio di tale novità.  Il termine “natura” si ritrova in precedenza unicamente nella Carta Mondiale della Natura, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1982. A distanza di oltre 40 anni, la Commissione europea ha scelto di nuovo questo termine, rimanendo all’interno di un paradigma antropocentrico, facendo riferimento a un significato che incorpora concetti quali “servizi ecosistemici” e “soluzioni basate sulla natura”. Questa concettualizzazione riflette un approccio che riconosce l’interdipendenza tra sistemi naturali e attività umane. Le politiche contemporanee tendono a considerare la natura non solo come risorsa da utilizzare e preservare, ma anche come partner attivo nello sviluppo sostenibile. Ciò si manifesta nell’adozione di strategie che mirano a integrare la conservazione della biodiversità con obiettivi di sviluppo economico e benessere sociale. La strategia scelta dalla Commissione europea per trovare questo “ponte” tra umano e non umano consiste nella restoration.2 Una possibile traduzione italiana del termine è “ripristino”: in particolare, si è scelto il ripristino degli ecosistemi per fare fronte al trend negativo di biodiversità all’interno dell’Unione europea e, parallelamente, grazie all’assorbimento di carbonio, per mettere in pratica azioni di mitigazione al cambiamento climatico. 
All’interno dell’atto e della valutazione di impatto allegata, il legame tra il ripristino ecosistemico e il miglioramento delle condizioni della vita umana, il suo benessere, la salute e, più in generale, la sopravvivenza della specie stessa sono legati a una relazione causa-effetto utilizzata nella comunicazione, nella ricerca di giustificazione, di presa di responsabilità nei confronti degli stakeholder (accountability) e nella ricerca di legittimità da parte del legislatore europeo. In particolare, la relazione tra salute umana, zoonosi e ripristino ecosistemico è un tema di crescente rilevanza nel contesto della salute globale e della gestione ambientale. Questa interconnessione complessa riflette il concetto di one health, un approccio integrato che riconosce l’interdipendenza tra la salute umana, animale e ambientale.3 Le zoonosi, malattie trasmissibili dagli animali all’uomo, rappresentano una significativa minaccia per la salute pubblica globale.4 Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 60% delle malattie infettive umane conosciute ha origine animale, mentre il 75% delle malattie emergenti degli ultimi decenni è zoonotico.5 Esempi recenti includono l’HIV, l’influenza aviaria, l’ebola e, più recentemente, il COVID-19, che ha avuto un impatto globale senza precedenti. Il degrado ecosistemico gioca un ruolo cruciale nell’emergenza e nella diffusione delle zoonosi. La deforestazione, l’espansione agricola e l’urbanizzazione non pianificata alterano gli habitat naturali, aumentando il contatto tra umani, fauna selvatica e animali domestici. Questo incremento nelle interazioni umano-non umano crea nuove opportunità per il salto di specie dei patogeni.4 Un esempio significativo è l’epidemia di ebola in Africa occidentale nel 2014-2016, la cui origine è stata associata alla deforestazione e all’aumento del contatto umano con i pipistrelli portatori del virus.6 Il ripristino ecosistemico, definito come «il processo di assistere il recupero di un ecosistema che è stato degradato, danneggiato o distrutto»,7 emerge come una strategia chiave per mitigare il rischio di zoonosi. Questo approccio mira non solo a ripristinare la biodiversità e le funzioni ecosistemiche, ma anche a ridurre le opportunità di trasmissione di patogeni tra specie. Studi recenti hanno dimostrato che ecosistemi intatti e biodiversi possono fungere da “servizio ecosistemico di regolazione delle malattie”. La cosiddetta ipotesi della diluizione suggerisce che una maggiore biodiversità può ridurre la trasmissione di agenti patogeni ospite-specifici diluendo la concentrazione di ospiti competenti.8 Sebbene questa teoria non sia universalmente applicabile a tutti i sistemi ecologici, fornisce un quadro concettuale importante per comprendere il ruolo della biodiversità nella regolazione delle malattie. Entrando maggiormente nel dettaglio, il ripristino degli ecosistemi può contribuire alla riduzione del rischio di zoonosi attraverso diversi meccanismi: attraverso il ripristino degli habitat naturali, riducendo la frammentazione degli habitat e creando zone cuscinetto tra aree antropizzate e naturali, si può limitare il contatto diretto tra umani e fauna selvatica;9 attraverso il miglioramento della resilienza ecosistemica, ecosistemi più resilienti sono meno suscettibili a perturbazioni che potrebbero altrimenti facilitare la trasmissione di patogeni;10 attraverso anche il mantenimento dei servizi ecosistemici, il ripristino può preservare servizi cruciali come la purificazione dell’acqua e la regolazione del clima, che indirettamente supportano la salute umana e animale;11 promuovendo la sicurezza alimentare, il ripristino di ecosistemi agricoli sostenibili può ridurre la dipendenza da pratiche intensive che spesso facilitano la trasmissione di zoonosi.12 L’implementazione di strategie di ripristino ecosistemico per la prevenzione delle zoonosi presenta, altresì, sfide significative. La complessità delle interazioni ecologiche rende difficile prevedere con precisione gli effetti del ripristino sulla dinamica delle malattie. Inoltre, i benefici del ripristino ecosistemico possono richiedere tempo per manifestarsi pienamente, mentre le pressioni economiche e sociali spesso richiedono soluzioni immediate. L’approccio one health offre un quadro promettente per affrontare queste sfide, promuovendo la collaborazione interdisciplinare tra esperti di salute umana, veterinaria ed ecologia.13 Questa prospettiva integrata è essenziale per sviluppare strategie di ripristino che bilancino efficacemente gli obiettivi di conservazione della biodiversità, prevenzione delle malattie e sviluppo sostenibile. A livello di policy, l’importanza di questa interconnessione è stata riconosciuta in vari accordi internazionali, precedenti alla Nature Restoration Law. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni unite, in particolare, enfatizza l’importanza di un approccio integrato alla salute e all’ambiente.14 Similmente, la Convenzione sulla diversità biologica ha sottolineato il legame tra biodiversità e salute umana, promuovendo l’integrazione di considerazioni sulla biodiversità nelle politiche sanitarie.15 Parimenti, nel 2019 l’Assemblea generale delle Nazioni unite ha dichiarato il periodo 2021-2030 decade per il ripristino degli ecosistemi, sottolineando questa stretta interdipendenza.16
Ripristino ecosistemico e prevenzione di zoonosi si legano, oltre che nell’approccio one health, in un altro contesto proprio del diritto internazionale: il diritto alla salute. Sancito nella Costituzione dell’OMS e riaffermato in numerosi trattati internazionali, postula che ogni individuo ha il diritto di godere del più alto standard di salute raggiungibile. L’integrazione reciproca del ripristino ecosistemico e di questo diritto fondamentale offre un quadro concettuale per affrontare le sfide sanitarie contemporanee in modo più comprensivo ed efficace. Per esempio, prevenendo e contrastando zoonosi si facilita la comprensione e la gestione delle malattie trasmissibili tra animali e umani, contribuendo alla tutela del diritto alla salute attraverso la prevenzione delle pandemie;13 migliorando la sicurezza e la qualità degli alimenti si realizza il diritto a un’alimentazione adeguata e, di conseguenza, alla salute.12 Più in generale, riconoscere l’impatto dell’ambiente sulla salute umana e promuovere ecosistemi sani risulta fondamentale per il godimento del diritto alla salute. In quest’ottica si può parlare di Nature Restoration Law come normativa necessaria al raggiungimento di un diritto alla salute all’interno dell’Unione europea.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Nature Restoration Law

Il 22 giugno 2022, la Commissione europea ha proposto un regolamento per il ripristino degli ecosistemi europei, denominato Nature Restoration Law (NRL). Con l’obiettivo di far fronte al cambiamento climatico in atto e al calo costante di biodiversità, la Commissione europea ha proposto una normativa che pone obiettivi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri. 
Si tratta di un grande progetto di riqualificazione degli ambienti naturali che non riguarda solo le aree protette, ma tutti gli ecosistemi, compresi i terreni agricoli, quelli forestali e le aree urbane. 
Tra gli obiettivi generali, la legge stabilisce obiettivi ambiziosi per il ripristino degli ecosistemi dell’UE: entro il 2030, misure di ripristino efficaci devono essere attuate su almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE; entro il 2050, queste misure devono coprire tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino. 
La legge richiede agli Stati membri di migliorare le tendenze e lo stato di conservazione degli habitat protetti, con l’obiettivo di raggiungere uno stato favorevole o almeno una tendenza positiva per il 30% di questi habitat entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050.
Particolare attenzione è rivolta agli habitat chiave per la biodiversità e la mitigazione dei cambiamenti climatici, come le zone umide, le torbiere, le praterie e le foreste, capaci di assorbire grandi quantità di carbonio.

Per quanto riguarda gli ecosistemi urbani, la legge riconosce l’importanza degli spazi verdi nelle aree urbane per la salute umana e la biodiversità, non ci dovrà essere alcuna perdita netta di spazi verdi urbani e copertura arborea urbana entro il 2030 rispetto al 2021 e si dovrà assistere a un aumento del 5% della copertura totale nazionale di spazi verdi urbani e di copertura arborea urbana entro il 2050 rispetto al 2021, con un minimo di 10% di copertura arborea in tutte le città, paesi e sobborghi europei entro il 2050.

Per quanto riguarda fiumi e zone alluvionali, si dovrà avere un ripristino di almeno 25.000 km di fiumi a flusso libero entro il 2030, rimuovendo barriere e ripristinando pianure alluvionali, oltre a un miglioramento della connettività longitudinale e laterale dei fiumi, essenziale per la migrazione dei pesci e il trasporto dei sedimenti.

Riguardo alle misure per l’agricoltura, si dovrà assistere a un’inversione del declino degli impollinatori entro il 2030 e successivo aumento delle loro popolazioni, a un aumento della diversità del paesaggio agricolo, includendo elementi come siepi, alberi isolati, stagni e fasce tampone, e al ripristino di almeno il 30% delle torbiere drenate sotto uso agricolo entro il 2030, 50% entro il 2040 e 70% entro il 2050. 

Per ciò che concerne le foreste, bisognerà registrare un aumento della connettività tra le foreste per migliorare la resilienza e supportare la biodiversità, osservando un miglioramento della diversità delle specie arboree e della struttura delle foreste e il ripristino delle foreste danneggiate da incendi, parassiti o eventi meteorologici estremi.

Infine, per quanto attiene agli ecosistemi marini, dovrà avvenire il ripristino di habitat marini chiave come praterie di fanerogame marine, letti di alghe, barriere coralline e banchi di ostriche, riducendo l’impatto negativo delle attività di pesca sugli ecosistemi marini, in particolare sui fondali marini, proteggendo e ripristinando le zone costiere, essenziali per la protezione dall’erosione e dalle inondazioni, migliorando la qualità dell’acqua marina e riducendo l’inquinamento, inclusi i rifiuti marini e il rumore sottomarino.

Il testo è stato ufficialmente adottato il 27 giugno 2024, a seguito di un voto travagliato in sede di Consiglio ambiente. Il risultato non era scontato: dalla proposta della Commissione sono trascorsi due anni di negoziati incessanti, in cui la proposta iniziale ha subito modifiche, ha ottenuto voti favorevoli in sede di Parlamento europeo, accompagnati da animate proteste, e aveva ottenuto uno stop temporaneo il 25 marzo 2024 in sede di Consiglio. I Paesi maggiormente contrari, tra cui l’Italia, hanno portato come motivazioni delle loro argomentazioni il fatto che questa normativa impedirebbe e contrasterebbe le attività agricole, tesi contraria alle considerazioni portate avanti da altri Paesi, i quali affermano che favorirebbe proprio gli stessi settori agro-forestali, impedendo un impoverimento irrimediabile dei terreni e della biodiversità, che ostacolerebbe le attività stesse in futuro.
A seguito dell’approvazione, ora gli Stati membri hanno tempo due anni dall’entrata in vigore per predisporre i propri piani nazionali di ripristino, individuando le strategie opportune in base agli ecosistemi interessati all’interno dei propri confini nazionali. Tali piani dovranno essere aggiornati periodicamente. La Commissione europea valuterà questi piani nazionali per assicurare che siano in linea con gli obiettivi della legge.

Bibliografia

  1. Hering D, Schürings C, Wenskus F et al. Securing success for the Nature Restoration Law. Science 2023;382(6676):1248-50. doi: 10.1126/science.adk1658
  2. Zerbe S. Restoration of Ecosystems – Bridging Nature and Humans: A Transdisciplinary Approach. Springer 2023. doi: 10.1007/978-3-662-65658-7
  3. World Health Organization. One Health. 2017. Disponibile all’indirizzo: https://www.who.int/news-room/questions-and-answers/item/one-health
  4. Jones KE, Patel NG, Levy MA et al. Global trends in emerging infectious diseases. Nature 2008;451(7181):990-93. doi: 10.1038/nature06536
  5. World Health Organization. Zoonoses. 2020. Disponibile all’indirizzo: https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/zoonoses
  6. Olivero J, Fa JE, Real R et al. Recent loss of closed forests is associated with Ebola virus disease outbreaks. Scientific Reports 2017;7(1):1-9. doi: 10.1038/s41598-017-14727-9
  7. Griffith JJ, Silva E, Williams DD, Rossi R, Ardinghi N, Cenni M. SER International Primer on Ecological Restoration. 2013. Disponibile all’indirizzo: https://www.semanticscholar.org/paper/SER-International-Primer-on-Ecological-Restoration-Griffith-Silva/597492d04309ce2bae6b653506b10fe81238
  8. Keesing F, Belden LK, Daszak P et al. Impacts of biodiversity on the emergence and transmission of infectious diseases. Nature 2010;468(7324):647-52. doi: 10.1038/nature09575
  9. Keesing F, Belden LK, Daszak P et al. Impacts of biodiversity on the emergence and transmission of infectious diseases.
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