Attualità
22/12/2011

La notte dell’inquisitore: televisione e telefonini

lo stato d’animo che mi ha sopraffatto alla visione della trasmissione Report di domenica 27/11 dedicata all’uso dei telefoni mobili è simile a quella che mi ha lasciato la lettura di Morte dell’inquisitore di Leonardo Sciascia, con le modifiche date dai tempi che, per fortuna e almeno per ora, si fermano a realtà virtuali e televisive ma che, come sappiamo da almeno vent’anni, in Italia possono essere assai violente.

La decisione del gruppo di lavoro IARC di classificare come possibilmente cancerogeno per l’uomo (gruppo 2b) l’uso di telefoni senza fili in relazione a un aumentato rischio di glioma era la notizia da cui prendeva spunto la trasmissione. Larga parte del servizio argomentava sul sospetto che le evidenze relative ai rischi cancerogeni legati all’uso dei telefonini siano state occultate e manipolate direttamente dalle case produttrici e/o indirettamente attraverso ricercatori che hanno nascosto il proprio conflitto di interesse.

L’argomento telefonini è stato affrontato da Report con lo stile e la prassi del giornalismo investigativo, ignorando quanta parte di esso sia propria del giornalismo scientifico; cioè, non si tratta più di un dibattito su forza e debolezza degli studi e delle decisioni sulla cancerogenità dei dispositivi, ma di un giornalista che, di fronte a indizi che sono sfuggenti e descrivono scenari complessi (l’interesse delle industrie a condizionare le ricerche), costruisce la condanna di chi produce o interpreta evidenze scientifiche in modo non conforme a quanto si ritiene essere la verità.

Il giornalismo scientifico, che avrebbe dovuto essere protagonista in questo caso, perché interessato a valutare forze, debolezze, implicazioni delle decisioni della IARC, ne esce, a mio avviso, umiliato.
Nello specifico, inoltre, chi ritiene che la scienza e l’etica debbano convivere con la continua capacità di riflessione, di critica e di approfondimento, non si può esimere dal reagire all’uso del mezzo televisivo in modo sostanzialmente violento per contrastare le opinioni degli altri. Un ricercatore che studia e argomenta in articoli e interventi una posizione diversa da quella assunta dal giornalista come vera, non è dato, in quel contesto, che non sia o in mala fede o un ingenuo, da trattare quindi con la classica risatina di sufficienza da parte di un inquisitore, forte della verità.

Il conflitto di interesse, usato in questo modo, diviene elemento che rende impossibile ogni confronto scientifico. La decisione della IARC viene considerata un dato di fatto – è  la scienza che ha parlato – e si assume come l’esito di un processo a partire dal quale si tratta solo di smascherare chi voleva o vuole nascondere la verità.

Non è così. Anche la decisione IARC, la costruzione di un consenso e le modalità, ovviamente contrastate, con cui a esso si è arrivati, sono la normalità di un confronto scientifico che è oggi permeato profondamente da interessi di tipo diverso, che entrano nel gioco di aspetti così rilevanti, per la salute in primo luogo ma anche economicamente, che hanno implicazioni anche personali per tutti i soggetti coinvolti. Un fenomeno reale e di crescente rilevanza in questo come nei tanti casi dove si esprime il disprezzo per l’altro accusandolo di conflitto di interesse, che sarebbe il meno, ma soprattutto screditando i risultati degli studi degli altri che divengono, a priori, inaffidabili.

Se si accettano queste modalità di argomentazione, le tante discussioni e questioni aperte sulla cancerogenicità dei telefonini, con le difficili interpretazioni di cui E&P ha dato conto in diversi contributi e che ha voluto discutere con gli autorevoli e meditati commenti di Rodolfo Saracci, scompaiono e, finalmente per qualcuno, il mondo si semplifica e può dividersi tra buoni e cattivi.

Il tutto è certamente aggravato dal silenzio - o da risposte tardive - da parte delle Istituzioni preposte che sarebbero chiamate a livello nazionale a esprimere un proprio parere, orientare quindi l’opinione pubblica su questi temi e pronunciarsi sulle eventuali misure di sanità pubblica e precauzione. Una carenza nei confronti dei cittadini che lascia la responsabilità di ogni dichiarazione, pro o contro, a singoli ricercatori per quanto autorevoli e competenti.

È pericolosa, oltreché nella specifica occasione violenta, la modalità con cui è stata posta la questione. Continueremo come E&P a tenere aperta la discussione sul merito, a riflettere sui conflitti di interesse e la loro rilevanza nella scienza di oggi, con le tante implicazioni che essi hanno nella interpretazioni dei dati e nella determinazione delle decisioni in un mondo complesso.

Abbiamo affrontato questioni difficili nella nostra storia e vissuto in prima persona il tema del conflitto di interesse, comprendendo anche quanto sia di difficile gestione e valutazione. Non rinunciamo all’obiettivo della trasparenza da un lato, ma dall’altro a quello della riflessione scientifica e del confronto sui contenuti. E chiediamo di mantenere, almeno a chi collabora con noi, la dimensione di dignità e rispetto tra diverse posizioni che finora abbiamo cercato di avere.

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