IL SESTANTE. Cosa posso mangiare, dottore?
Sempre più persone soffrono di disturbi intestinali. Un recente articolo pubblicato su Gastroenterology1 potrebbe svegliare dal sonno della ragione gli specialisti che se ne occupano, in particolare i gastroenterologi che trattano le malattie infiammatorie croniche dell’intestino: cortisone, sulfasalazina, mesalamina, metotrexate, farmaci biologici e... «mangi quel che vuole, ma eviti le fibre». I pazienti finiscono per consumare quasi solo carne e formaggio, certamente senza fibre, ma ricchi di aminoacidi solforati che nella putrefazione intestinale rilasciano H2S, un gas tossico per la mucosa intestinale. Gli studi sui fattori alimentari associati all’insorgenza di queste malattie sono stati piuttosto coerenti nel riscontrare una protezione da frutta, verdura e pesce, e un rischio da carne, zucchero, grassi trans e basso rapporto fra grassi omega-3 e omega-6. La revisione degli studi clinici pubblicata su Gastroenterology conforta i pochi medici che raccomandano ai malati di patologie infiammatorie intestinali di:
- evitare carni (eccetto il pesce), latticini, uova, glutine, zucchero, vino e altri alimenti contenenti solfiti (tutti cibi associati all’esacerbazione dei sintomi) e cibi industriali contenenti emulsionanti che alterano lo strato di muco che riveste le cellule enteriche;
- consumare regolarmente crema di riso integrale (cotto a lungo e passato al setaccio per togliere le fibre più grossolane e mantenere al contempo i polifenoli antinfiammatori), associata a crema di verdure, ma anche come unico cibo nelle fasi acute, meglio se ispessita con kuzu; non ci sono sperimentazioni formali, ma molta esperienza clinica di efficacia;
- consumare regolarmente zuppa di miso, dove le proteine della soia sono già digerite dalla fermentazione; non conosco studi formali, ma le diete artificiali con aminoacidi liberi si sono dimostrate efficaci in sperimentazioni cliniche;
- utilizzare amasake (dimostratosi efficace in coliti sperimentali), curcuma (dimostratasi efficace in sperimentazioni cliniche), probiotici (VSL3, dimostratosi efficace per la colite ulcerosa), prebiotici, fibre solubili fermentabili ad acido butirrico, alga wakame (nella zuppa di miso), aloe (se non c’è diarrea), purea di topinambur (iniziando con dosi minime);
- c’è anche consenso che, nelle fasi di remissione, sia utile consumare cereali integrali, purché ben cotti (non al forno!) e ben masticati.
C’è quindi speranza che in futuro per questi malati si ricorra prioritariamente a prescrizioni alimentari, eventualmente in associazione a prescrizioni farmacologiche, comunque prima di ricorrere a soluzioni chirurgiche.
Bibliografia
1. Lewis JD, Abreu MT. Diet as a trigger or therapy for inflammatory bowel diseases. Gastroenterology 2017;152(2):398-414.