Attualità
26/04/2010

Il punto sul Programma strategico «Ambiente e salute»

A metà strada, il Programma strategico salute e ambiente comincia a presentare i suoi frutti. La due giorni di Roma (4-5 febbraio 2010) è servita proprio per fare il punto degli studi finanziati dal programma e per delineare i futuri sviluppi che, come ha ricordato il coordinatore del progetto, Pietro Comba, dell’Istituto superiore di sanità, dovrà ora integrare le varie linee di ricerca fra loro e, soprattutto, pensare a come trasferire i risultati ottenuti nella prassi della sanità pubblica e della prevenzione. La prima giornata del convegno si è snodata intorno ai grandi temi degli aspetti sanitari connessi all’inquinamento del-l’aria, ai siti di bonifica e del ciclo dei rifiuti.

Inquinamento atmosferico

 Francesco Forastiere (Dipartimento di epidemiologia ambientale, SSR Lazio E) ha iniziato riferendo dello studio EpiAir, presentato lo scorso novembre presso il Ministero della salute.1 La ricerca, condotta su dieci città italiane, ha confermato il rischio per le malattie cardiache e respiratorie a breve termine da particolato, ozono e ossidi d’azoto, inasprendo i coefficienti di rischio individuati dal precedente studio MISA-2.2 Una delle ragioni di questo peggioramento, secondo Forastiere, potrebbe risiedere nel fatto che in parte le analisi sono state condotte su città diverse, ma anche perché negli anni Duemila (periodo di riferimento dello studio EpiAir) le rilevazioni delle ARPA si sono raffinate, conducendo a un quadro più preciso e realistico dell’inquinamento atmosferico. È stata anche avanzata l’ipotesi che nel periodo di riferimento intercorso fra lo studio MISA-2 e lo studio EpiAir sia cambiata la qualità delle emissioni, in particolare da traffico. Diventa quindi sempre più urgente comprendere meglio anche la composizione qualitativa degli inquinanti in gioco. A questo proposito è stato anticipato anche lo studio degli effetti sulla salute dell’inquinamento dell’aria nella città di Roma, in cui le tre componenti PM10, PM2,5 e polveri ultrafini sono state correlate alla mortalità e ai ricoveri nella capitale per infarto (sindrome coronariche), scompenso cardiaco, crisi respiratorie acute e BPCO.3 Se in generale per tutte le tipologie di particolato si è trovata una correlazione lineare con esiti di salute, le polveri ultrafini sono risultate attive sullo scompenso cardiaco (rischio aumentato dello 0,39) e sulla BCPO (+1,59). Nella discussione si è esaminato anche il contributo delle polveri sahariane (più grossolane) che interessano anche le nostre città e per le quali l’Unione europea prevede deroghe sulla misurazione del particolato complessivo. In realtà, come ha spiegato Forastiere, la deroga non avrebbe molto senso, in quanto gli studi condotti a Barcellona e a Roma hanno mostrato un aumentato rischio di mortalità cardiaca e respiratoria anche per questa componente più grossolana delle polveri. I cosiddetti «eventi sahariani«, quindi, benché di origine naturale, non sono del tutto innocenti dal punto di vista sanitario. Anche perché nel loro tragitto queste polveri trasportano altre sostanze chimiche e biologiche dannose per la salute. Sulle polveri ultrafini è tornato il gruppo di Pier Alberto Bertazzi, Paolo Carrer e Domenico Cavallo dell’Università di Milano, che ne ha monitorato gli effetti sanitari, soprattutto cardiaci, sia indoor sia outdoor. Dai monitoraggi eseguiti, l’inquinamento da micropolveri è risultato più marcato durante gli spostamenti in automobile e in cucina durante i processi di cottura. Su un gruppo di persone sane e malate, attraverso l’uso di holter e prelievi ematici si è inoltre misurata la variazione di alcuni parametri clinici (frequenza, attività piastrinica, fibrinogeno e funzionalità respiratoria) in relazione alla concentrazione di inquinanti. E si è osservato che la componente fine e ultrafine del particolato è responsabile di una variazione della frequenza cardiaca fino al 2%, soprattutto nelle ore notturne, quindi con una certa latenza rispetto alle esposizioni più intense. Nel 2010 lo studio proseguirà sia misurando l’effetto delle polveri sugli altri parametri, sia osservando gli effetti clinici rilevanti correlati con i dati in continuo delle esposizioni. Claudia Galassi, Roberta Pirastu, Andrea Ranzi e Corrado Fagnani hanno invece concentrato la loro attenzione sugli effetti a lungo termine dell’inquinamento atmosferico, studiando sia i modelli di esposizione (Ranzi), sia gli effetti sulla popolazione pediatrica (Pirastu), sia la correlazione fra la componente genetica e ambientale per gli effetti sanitari dell’inquinamento (Fagnani). I risultati preliminari dello studio DRIAS, condotto tra i bambini della Sardegna sudoccidentale con questionari alle famiglie, rilevazioni di inquinanti ad hoc e misurazioni spirometriche, ha registrato prevalenze di asma (7%), tosse (4%) e catarro persistente (2,8%) nei ragazzi della zona; tutti i sintomi sono aumentati in relazione all’esposizione a fumo dei genitori, mentre tosse e catarro sono aumentati in relazione allla viabilità stradale di mezzi pesanti. Un «metodo gemellare» è stato utilizzato invece per cercare di discriminare la componente genetica e ambientale nell’insorgenza di determinate malattie (soprattutto respiratorie) associate a esposizioni a lungo termine. Per far questo ci si è avvalsi della banca dati del Registro gemelli (attivo presso l’Istituto superiore di sanità) alle cui famiglie è stato somministrato il questionario SIDRIA per i sintomi respiratori. Il metodo consiste nel considerare la differenza fra gemelli identici e non identici nei vari contesti ambientali di vita. Se non emergono differenze nei sintomi respiratori fra i primi e i secondi, questo depone per una preponderanza della componente ambientale nella genesi dei sintomi. La ricerca, che sta arruolando gemelli a Milano, Roma e Palermo, è in fase di svolgimento. La sessione sull’inquinamento dell’aria è stata chiusa da Gerald Hoek (Environmental and occupational health group, Università di Utrecht) che ha passato in rassegna le nuove frontiere delle ricerche epidemiologiche: soprattutto i cosiddetti «studi di intervento» (in cui si mostra come abbassando gli inquinanti gli effetti sulla salute migliorano), gli studi relativi a impatti diversi sulla salute da esposizione cronica all’inquinamento (aterosclerosi, diabete, capacità cognitive) e sulla variabilità dei livelli di inquinamento (e di conseguenze sanitarie) nell’ambito di una stessa comunità.

Caratterizzazione e bonifica dei siti inquinati

 È stato poi affrontato l’altro grande capitolo del Programma salute e ambiente: la caratterizzazione e la bonifica dei siti contaminati. Loredana Musmeci ha riferito della caratterizzazione dei 57 siti di bonifica nazionale, che coprono il 3% del territorio italiano. Di questi, 44 sono stati considerati meritevoli di attenzione epidemiologica. Tuttavia, sia le bonifiche sia le caratterizzazioni delle aree vanno a rilento anche per la difficoltà di accesso e studio in aree private dove non è più ben chiaro chi sia il proprietario, talvolta a causa dell’avvicendarsi delle industrie. In particolare, mancano totalmente ricerche sul-l’ingresso dei vari inquinanti presenti in queste aree nella catena alimentare. Interessanti sono i progetti di biomonitoraggio delle aree di bonifica, per esempio nell’area di Taranto (dai cui impianti industriali esce il 90% della diossina prodotta in Italia), di cui ha relazionato Ivano Iavarone. In questo caso l’analisi si è concentrata sul dosaggio di metalli e composti organoalogenati in due piccoli campioni di popolazione: una vicina al polo industriale di Taranto, l’altra posta a 60 chilometri di distanza. L’analisi, che non ha valore prognostico clinico, dovrebbe essere in grado di tracciare la provenienza dei contaminanti e i suoi risultati dovrebbero essere resi noti alla fine del 2010. Un altro progetto di biomonitoraggio in fase di conclusione riguarda invece le popolazioni residenti intorno alle discariche abusive del casertano e del napoletano (Sebiorec) di cui ha riferito Roberto Pizzuti (e in parte Liliana Cori, nel descrivere le attività «salute e ambiente» del CNR), in cui il campione di popolazione è stato sottoposto a un minuzioso questionario parallelamente al dosaggio nel sangue e nel latte materno di diossine e metalli pesanti. Con l’avvio dell’inceneritore di Acerra, l’indagine sui presunti effetti sanitari della prossimità a impianti di trattamento di rifiuti verrà gradualmente esteso ad altri luoghi, raccordandosi con quanto già stanno facendo la Regione Emilia-Romagna (progetto Moniter) e la Regione Lazio. Del progetto Moniter ha parlato Silvia Candela: sono in corso indagini epidemiologiche intorno agli otto inceneritori presenti in Emilia-Romagna sia per quanto riguarda gli esiti riproduttivi (sex ratio, nascite multiple, basso peso, parti pre-termine, malformazioni congenite), in fase di conclusione, sia su mortalità, tumori e malattie croniche nella coorte dei residenti a una distanza di quattro chilometri dagli impianti (da svolgere nel 2010). Studi simili stanno partendo nella Regione Lazio, dove si è da poco conclusa l’indagine sulla mortalità nella popolazione intorno alla discarica di Albano, dove peraltro non si segnalano esiti di salute significativi (Carla Ancona). Altre esperienze significative nel campo del monitoraggio, dell’epidemiologia e della comunicazione ambientale sono state riportate dalle regioni Sicilia e Piemonte.

Dalle ricerche alle politiche di sanità pubblica

La due giorni si è conclusa con una dibattito fra alcune realtà associative (Roberto Romizi per ISDE-Medici per l’ambiente, Carmine Petteruti per Fareambiente e Vittorio Cogliati Dezza per Legambiente) su ambiente e salute. Romizi ha passato in rassegna le diverse attività culturali e formative svolte dall’ISDE, dove un gruppo di medici interpreta il proprio impegno professionale e deontologico non solo sui classici temi della clinica e della prevenzione secondaria, ma anche della prevenzione primaria e dell’educazione alla sostenibilità. Il presidente di Legambiente ha invece ricordato quale sia il ruolo di una grande associazione ambientalista nel raccordare le istanze e le percezioni della popolazione con la ricerca scientifica e le grandi battaglie ambientali e di difesa del diritto alla salute. Il «peso» dei fattori ambientali sulle condizioni di salute è oggetto di costante dibattito, come ha ricordato Marco Martuzzi dell’OMS. Ma di certo ha un ruolo non trascurabile, se l’Organizzazione mondiale della sanità lo ha stimato intorno al 13%, e in 580 miliardi di euro i costi sanitari associati all’inquinamento nell’Europa allargata. Ancora più di una sua quantificazione, è però significativo notare come – per esempio nel caso delle aree di bonifica e dell’inquinamento atmosferico – i rischi ambientali siano distribuiti in modo diseguale sul territorio e fra le classi sociali. Accanto al tema della disuguaglianza di fronte ai rischi ambientali vi è poi l’altro grande nodo della comunicazione di questi rischi alla popolazione, spesso falsata da fattori legati alla prossimità delle fonti inquinanti e dal fiorire del «comitatismo». Come ha ricordato Pietro Comba, soprattutto dalle esperienze regionali sono arrivati molti spunti per dare finalmente corso alla trasferibilità dei risultati delle ricerche di epidemiologia ambientale alle politiche di sanità pubblica, in particolare agli operatori ambientali e sanitari locali. Liliana La Sala, del Ministero della salute, ha ricordato l’urgenza di applicare finalmente, insieme alle valutazioni di impatto ambientale (VIA) per le nuove opere, la valutazione di incidenza sanitaria (VIS), esemplificata in molte relazioni al convegno.

Programma strategico nazionale «Ambiente e salute»

Anno di nascita: 2008
Finanziamento: Ministero della salute («Ricerca finalizzata 2006»)
Ambiti tematici:

  • effetti sulla salute di esposizioni concentrate in prossimità di particolari insediamenti produttivi, energetici o del ciclo dei rifiuti o, più in generale, nelle aree a rischio ambientale e nei siti di interesse nazionale per le bonifiche, con riferimento alla popolazione ivi residente
  • effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico e la possibile interazione con le ondate di calore
  • approfondimento delle conoscenze sulle relazioni fra condizioni meteorologiche e salute

Coordinamento scientifico:
Pietro Comba
Dipartimento di Ambiente e connessa prevenzione primaria dell’ISS
Articolazione:
Sei progetti di ricerca, per un totale di 41 unità operative
Progetti:

  • Ruolo del particolato ultrafine nei meccanismi patogenetici degli effetti cardiorespiratori prodotti dall’inquinamento urbano Pier Alberto Bertazzi, IRCCS Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico «Mangiagalli» e «Regina Elena», Milano
  • Possibili effetti sanitari dello smaltimento di rifiuti nelle popolazioni residenti in prossimità degli impianti di smaltimento/incenerimento con valutazione comparativa delle tecnologie impiegate
    Silvia Candela, Regione Emilia-Romagna, Assessorato alle politiche per la salute
  • Effetti a breve termine dell’inquinamento atmosferico in aree urbane: particolato ultrafine, fattori di suscettibilità individuale, interazione inquinamento-temperatura
    Francesco Forastiere, ASL Roma E
  • Effetti a lungo termine dell’inquinamento atmosferico: studio di coorte di adulti e bambini
    Claudia Galassi, Regione Piemonte, Azienda Ospedaliera
    «S. Giovanni Battista», Servizio epidemiologia dei tumori e Centro prevenzione oncologica Piemonte
  • Condizioni meteo-climatiche e salute: definizione ed identificazione delle condizioni a rischio, misurazione degli effetti, ed efficacia degli interventi su patologie di rilevante impatto epidemiologico
    Simone Orlandini, Università di Firenze e Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (ASSR)
  • Il rischio per la salute nei siti inquinati: stima dell’esposizione, biomonitoraggio e caratterizzazione epidemiologica
    Pietro Comba, Istituto superiore di sanità

Luca Carra
giornalista, Agenzia Zadig

Corrispondenza:
carra@zadig.it

Bibliografia

  1. Berti G, Galassi C, Faustini A, Forastiere F (ed). Inquinamento atmosferico e salute. Sorveglianza epidemiologica e interventi di prevenzione. Epidemiol Prev 2009; 33(6) Suppl 1: 1-112.
  2. Biggeri A, Bellini P, Terracini B (ed). Metanalisi italiana degli studi sugli effetti a breve termine dell’inquinamento atmosferico 1996-2002. Epidemiol Prev 2004; 28 (4-5) Suppl: 1-100.
  3. Belleudi V, Faustini A, Stafoggia M et al. Impact of fine and ultrafine particles on emergency hospital admissions for cardiac and respira-tory diseases. Epidemiology 2010; 21: 414-23.
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