Il futuro del rischio clinico dopo COVID-19
Leggere oggi un testo scritto nell’era pre-COVID-19 dà un senso di straniamento che fa apprezzare quanto questa stagione sia stata un drammatico punto di svolta. La pandemia ha messo in evidenza insufficienze nell’assistenza sanitaria che erano ben conosciute e spinge a rivedere modelli consolidati. Mentre la vita degli individui era rallentata dal lockdown, l’importanza della velocità di decisione, il bisogno di risposte non burocratiche, le stesse evidenze scientifiche, che sono state costruite “sul campo di battaglia”, hanno cambiato i nostri riferimenti. Liam Donaldson, autore del capitolo «Safer Care: Shaping the Future» contenuto nel volume Textbook of Patient Safety and Clinical Risk Management,1 ripercorre le basi dello sviluppo del movimento del rischio clinico, le sue basi teoriche come l’approccio “Swiss Cheese” e il principio “To Eris human”, la prassi del risk management nei processi di assistenza, finalizzati a ridurre gli errori e ad apprendere come ridurre i danni futuri. Si promuovono obiettivi globali come il manifesto della campagna dell’Organizzazione mondiale della sanità, “Medication without harms”.
In molti capitoli di questo testo si approfondisce la specificità del rischio clinico nelle diverse specialità mediche. Oggi, dopo quanto è successo, vediamo i limiti di una visione dell’assistenza che possa essere solo centrata sull’ospedalizzazione. Temi come l’invecchiamento della popolazione, il welfare, le comorbidità e l’uso appropriato delle tecnologie mediche sono ritornati all’attenzione come priorità. Basti pensare ai luoghi di cura come gli hospice o le RSA, invisibili finora a chi si occupa di sanità pubblica, che hanno riproposto la questione del come si vive e si muore nelle istituzioni di assistenza. Aspetti organizzativi e gestionali, linee guida e sistemi di monitoraggio e raccolta dei dati si sono dimostrate cruciali per la sicurezza delle cure. Una sollecitazione a una visione ampia, che risuona anticipatrice, è quella presentata nel capitolo «The vision of future», dove Peter Lachman ricorda come la complessità del sistema di cura e la sua cultura, non solo organizzativa, condizioni la pratica.
Il futuro è stato fatto spesso coincidere con l’utopico obiettivo zero harm, ma promuovere proattivamente le iniziative di sicurezza per migliorare i risultati e minimizzare il danno richiede un’azione che veda le persone nella loro complessità, non solo nella loro malattia. Da qui, un progetto per la salute e la sicurezza che si rivolga all’individuo come persona, considerando fattori umani ed ergonomici. Sono obiettivi in cui chi si occupa di salute delle comunità si ritrova, ed è importante che vengano declinati in ottica di sicurezza, che è inerente a ogni atto sanitario. Lachman afferma che la declinazione pratica del rischio clinico, che ha reso questi temi di grande interesse per tanti professionisti, – come già segnalato nel 2015 su questa rivista2,3 – è ancora poco aperta alla ricerca, in particolare clinico-epidemiologica.
Nel capitolo che affronta la questione dell’evidence-based medicine, Walter Ricciardi e Fidelia Cascini non si nascondono le difficoltà. Documentano con una ricca e importante bibliografia i molti sforzi per costruire modelli di valutazione e interpretazione che siano utilizzabili per il risk management. Nella pratica – sostengono – ci si basa ancora sull’intuizione clinica nel cercare di prevenire il danno, sottovalutando l’esigenza di acquisire le evidenze necessarie con rigore scientifico, indebolendo così l’intero processo decisionale. Concludono con l’esigenza di una metodologia della ricerca e pratica, che contribuirà a costruire una cultura della valutazione di qualità e di sanità pubblica e farà crescere, con il suo respiro internazionale, la cultura professionale del rischio clinico. Uno sviluppo di cui l’Italia è protagonista, come dimostrano i tanti capitoli affidati a ricercatori italiani e che sarà testimoniato al prossimo Convegno mondiale della società ISQua4 che si terrà a Firenze in questo difficile 2021.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Bibliografia
- Donaldson L, Ricciardi W, Sheridan S, Tartaglia R (eds). Textbook of Patient Safetyand Clinical Risk Management. New York, Springer, 2020. Versione digitale disponibile in open access all’indirizzo: https://link.springer.com/book/10.1007/978-3-030-59403-9
- Saitto C. Valutazione degli eventi avversi: uno strumento per migliorare le condizioni di ricovero negli ospedali italiani. Epidemiol Prev 2012;36
(3-4):145-47. - Tartaglia R, Albolino S, Bellandi T et al. Eventi avversi e conseguenze prevenibili: studio retrospettivo in cinque grandi ospedali italiani. Epidemiol Prev 2012;36(3-4):151-61. Erratum in: Epidemiol Prev 2015;39(3):210.
- Italia Network for safety in Health Care (INSH). Disponibile all’indirizzo: https://www.insafetyhealthcare.it/