Attualità
01/04/2016

Prima i dati reali

Questo numero di Epidemiologia& Prevenzione ospita un articolo di Daniele Grechi: «La rappresentatività spaziale delle stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria di Firenze secondo ARPAT e LaMMA. Considerazioni critiche». La laconicità del titolo cela in realtà un argomento di grande interesse: la tendenza delle agenzie di protezione ambientale, seguendo le ultime direttive europee e le norme nazionali e regionali, a ridurre il numero delle centraline di monitoraggio.

Un fenomeno che nella prospettiva di EpiChange merita alcune notazioni.

1. La giustificazione per la riduzione del numero di centraline delle reti di monitoraggio della qualità dell’aria è data dall’uso di una modellistica matematica che necessita di pochi punti di osservazione. Un’impostazione che manca di un’adeguata valutazione dell’incertezza e, quindi, del peso delle assunzioni insite in ogni modello. Ma l’incertezza, come ben rileva Grechi, ha varie dimensioni: «[…] i risultati del lavoro [di ridefinizione delle centraline della rete di monitoraggio] possono essere affetti da ampi margini di incertezza, insiti nella modesta accuratezza dei modelli teorici, nell’approssimazione dei dati di input, nella difficoltà o impossibilità pratica di verifiche in campo, in talune scelte arbitrarie […]».
Parole non nuove. Nel 1999 Hans De Kwaadsteniet, uno statistico di lungo corso, del Netherlands National Institute for Public Health and the Environment (RIVM; oggi PBL Netherlands Environmental Assessment Agency) accusò l’istituto di mentire e nascondere le informazioni sul reale stato dell’ambiente in vari report e documenti. La sua critica verteva sulla fiducia in una modellistica matematica basata su poche osservazioni reali. Preme osservare che il RIVM avviò una profonda riflessione sull’incertezza e sulla crisi di credibilità dell’istituto e su come affrontarla. La vicenda è ben documentata in letteratura.1,2
Ma che cosa accade in Italia?

2. Il retroterra tecnico-scientifico del lavoro di Grechi va ricercato nell’esperienza «PM2.5 Firenze», grazie alla quale una centralina di monitoraggio della qualità dell’aria a basso costo è stata installata ed è attualmente gestita in modo autonomo da un gruppo di cittadini con il supporto di tecnici indipendenti.3
Come documentato da E&P, lo scopo di questa citizens’ science non è di contrapposizione, anzi: il suo vero valore sta nella possibilità di integrazione. Scriveva allora Grechi: «Una stazione definibile di “fondo urbano”, dotata di strumentazione innovativa per la misura di PM2.5 e attivata a cura di privati nell’area centrale della ZTL dimostra che esperienze di ricerca partecipata potrebbero integrare il servizio pubblico in quanto di pari dignità scientifica».
Non solo: «L’esperienza favorisce la produzione e l’acquisizione di conoscenze scientifiche da parte della stessa cittadinanza che, in tal modo, ha la possibilità di acquisire maggiore consapevolezza anche della complessità della materia e avere la possibilità di valutare meglio le possibili azioni di prevenzione. In ultimo, possiamo ipotizzare che si ottenga anche una parziale caduta del velo di sfiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche, oggi largamente percepito dalla popolazione [...]».
Saremo capaci di cogliere queste opportunità o baseremo le scelte solo sulla forza e sull’arroganza? Infatti oggi «rather than resolving political debate, science often becomes ammunition in partisan squabbling, mobilized selectively by contending sides to bolster their positions. […] Scientific experts on each side of the controversy effectively cancel each other out and the more powerful political or economical interests prevail»4 (grassetto dell’autore).

Bibliografia e note

  1. van der Sluijs JP. A way out of the credibility crisis around model-use in Integrated Environmental Assessment. Futures 2002;34:133-46.
  2. Petersen AC, Hage M, Cath A, van der Sluijs JP. Post-Normal Science in Practice at the Netherlands Environmental Assessment Agency. Science Technology & Human Values 2011;36(3):362-88.
  3. Epichange. Epidemiol Prev 2014;38(3-4):154-58.
  4. «Anziché suggerire soluzioni nell’ambito del dibattito politico, la scienza spesso diventa un’arma al servizio delle polemiche di parte, utilizzata in modo parziale dai contendenti per sostenere la propria posizione. […] Le tesi degli esperti su ciascun fronte della controversia si annullano a vicenda e alla fine prevalgono Gli interessi economici e politici più forti.» Sarewitz D. Science and Environmental Policy: an excess of objectivity. In: Frodeman R (ed). Earth Matters: The Earth Sciences, Philosophy and the Claims of Community. Upper Saddle River, Prentice Hall 2000; pp. 79-98.
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