Studio di mortalità in una coorte di esposti a metalli nel comparto galvanotecnica del territorio di Bologna
Introduzione
L’industria galvanica è il settore produttivo che effettua il rivestimento di superfici metalliche per aumentare la loro resistenza all’ossidazione e alla corrosione da parte di acqua e agenti atmosferici.1 Esistono numerose tecniche di rivestimento delle superfici metalliche, connesse al tipo di materiale utilizzato, e alcuni prodotti sono sottoposti a più di un trattamento in sequenza.
Il principio retrostante la lavorazione è sempre lo stesso: due elettrodi tra i quali viene creata una differenza di potenziale vengono immersi in un bagno a conduttività elevata (che generalmente contiene i sali del metallo utilizzato per il ricoprimento, acqua demineralizzata, additivi per una migliore riuscita della deposizione dello strato, sostanze per mantenere la soluzione a un certo pH e tensioattivi per ridurre la produzione di vapori). Il passaggio di corrente elettrica consente, dunque, la separazione dall’anodo di ioni metallici e il loro trasferimento verso il catodo, dove è posto l’oggetto da rivestire. I metalli più comunemente utilizzati per questo scopo sono il cromo, il nichel, il rame, lo zinco, l’argento, l’oro e, meno di frequente, lo stagno, il piombo e il cadmio.
Per assicurare una superficie adatta all’elettrodeposizione del metallo di rivestimento, i prodotti da rivestire debbono essere sottoposti ad alcune fasi preparatorie, che includono operazioni di levigatura, sabbiatura e molatura, quindi di sgrassaggio e pulitura con solventi, con soluzioni alcaline o attraverso sgrassaggio elettrolitico. Infine, la maggior parte dei pezzi richiede un trattamento successivo in bagno acido o cianurato per rimuovere gli ossidi che si formano sulla superficie dei rivestimenti. In tale settore produttivo si verifica, pertanto, l’esposizione e l’assorbimento di varie sostanze tossiche, irritanti, mutagene e cancerogene o sospette tali, tra cui: cromo esavalente, nichel e suoi composti,2 tiourea,3 cadmio,4 1,4-diossano5 e cloruro di metilene,6 per citare le principali delle centinaia di sostanze utilizzate nel comparto.
A partire dai primi anni Settanta sono stati condotti diversi studi per valutare il rischio per la salute dei lavoratori del settore galvanico, sia in campo internazionale,7 sia nazionale.8 Numerosi studi hanno riscontrato eccessi di mortalità per tumori, soprattutto a carico del polmone,9 in particolare negli stabilimenti dove venivano svolte lavorazioni di cromatura e nichelatura.10 In una recente revisione degli agenti cancerogeni noti o sospetti valutati negli ultimi decenni, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha confermato sia per il cromo sia per il nichel la classificazione come sicuri cancerogeni per l’uomo, riconoscendo la presenza di un’associazione causale con il cancro del polmone per l’esposizione a cromo o nichel e con i tumori naso-sinusali per il solo nichel, mentre l’associazione tra cromo e tumori naso-sinusali avrebbe solo evidenza limitata.11,12
L’esposizione dei lavoratori è dovuta principalmente ai bagni di pre-trattamento e di elettrodeposizione, dai quali si sviluppano gas e vapori sia per la tensione di vapore sia per il trascinamento meccanico dovuto all’idrogeno e all’ossigeno che si sviluppano al catodo e all’anodo.13 La velocità di svolgimento delle nebbie è funzione diretta della temperatura del bagno e della densità di corrente. Sono presenti, inoltre, lavorazioni a rischio per la salute, quali quelle di pre-trattamento con acidi e solventi14 e di post-trattamento per la lucidatura e la brillantezza dei pezzi.6
Sulla base di tutte queste considerazioni il presente studio si pone l’obiettivo di:
- ricostruire la coorte dei lavoratori addetti nel comparto galvanico della Provincia di Bologna;
- descriverne la mortalità per causa, in particolare per patologia neoplastica,mediante uno studio epidemiologico retrospettivo di coorte.
Materiali e metodi
Il comparto
Per la ricostruzione delle storie aziendali e dei periodi di esposizione si è fatto riferimento alla documentazione acquisita nel tempo dai Servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPSAL) della Provincia di Bologna, in particolare all’indagine di comparto effettuata nel periodo 1990-1992.
In tale periodo, gli SPSAL dell’AUSL di Bologna e di Imola, col supporto tecnico-specialistico del Presidio multizonale di prevenzione (PMP), hanno effettuato un’indagine sistematica a fini prevenzionistici sulle industrie galvaniche del loro territorio, nel corso della quale è stata raccolta una grande quantità di informazioni sull’esposizione a rischi professionali, in particolare per l’esposizione a metalli, e sullo stato di salute dei lavoratori impiegati al momento dell’indagine.15 Questi dati sono stati successivamente inseriti in un archivio informatizzato che è servito da base per la ricostruzione analitica del comparto e per la quantificazione del rischio chimico.16
Nel territorio della Provincia di Bologna erano presenti 90 aziende galvaniche con addetti, essendo state escluse dalla raccolta dati quelle familiari o che non avevano lavoratori subordinati.
In sintesi, le aziende specializzate per un unico tipo di trattamento sono 76, soprattutto argentatura e/o doratura (19aziende), anodizzazione dell’alluminio (14 aziende), cromatura a spessore (12 aziende) e zincatura (11 aziende). Le restanti svolgono pluritrattamenti.
I principali trattamenti galvanici per numerosità sono: l’anodizzazione dell’alluminio (153 vasche), la nichelatura(112 vasche), la zincatura e la passivazione del deposito di zinco (69 vasche), la cromatura decorativa e a spessore (66 vasche) e l’argentatura-doratura (45 vasche). Sono presenti anche 432 vasche per operazioni di pre e post-trattamento (decapaggio, sgrassatura, rimozione di rivestimenti eccetera). Gli impianti manuali e semiautomatici prevalgono nettamente su quelli automatici.
La dimensione delle vasche galvaniche va da un minimo di 0,5 m2 per la doratura fino a 6 m2 per la cromatura. Il 12% delle vasche è dotato di strumenti di agitazione meccanica delle soluzioni. Le temperature di esercizio vanno da quella ambientale fino a oltre 450 gradi per la zincatura in bagni caldi.
Dato che le vasche impiegate sono normalmente a superficie aperta, gli impianti di aspirazione sono un presidio igienico relativamente diffuso, presente nel 42% delle vasche di trattamento galvanico e nel 45%delle vasche di pre e post-trattamento. Altrettanto diffusi sono gli accorgimenti per ridurre la superficie evaporante, quali la copertura delle vasche, l’utilizzo di sferette di plastica galleggianti e di sostanze tensioattive (schiumogeni).
Per quanto riguarda la dimensione, si trovano 35 aziende con meno di 15 addetti, 38 con un numero di addetti da 15 a 50 e, infine, 17 aziende con un numero di addetti superiore a 50. La maggior quantità di addetti opera negli impianti di cromatura a spessore, seguiti dagli addetti all’anodizzazione dell’alluminio, alla zincatura-passivazione e all’argentatura-doratura.
La complessità del comparto è data comunque dall’enorme diversità di sostanze che vengono utilizzate. Sono state raccolte informazioni su tutti i prodotti, e sulle relative sostanze componenti, utilizzati nelle varie lavorazioni. È risultata la presenza di oltre 1.200 sostanze diverse, identificate mediante l’uso del codice CAS (Chemical Abstract Service), utilizzate in diverse quantità, raggruppabili in 64 categorie per funzione d’uso. Ovviamente quelle più presenti in termini quantitativi, e importanti per i rischi sanitari analizzati in questo studio, risultano i sali dei metalli pesanti per l’alimentazione dei bagni galvanici, quali per esempio: sodio e potassio bicromato; nichel cloruro; nichel fluoruro; nichel acetato e nitrato; argento, rame e oro; cianuro eccetera. Ma non risulta secondaria, in termini quantitativi, la presenza di acidi e basi per la pulizia e la rimozione dei rivestimenti, di aldeidi, ammine, glicoli, eteri eccetera.16 Nel presente studio le aziende sono state raggruppate in 4 categorie: solo cromature, solo nichelature, cromature e nichelature, altre lavorazioni.
Per ricostruire la coorte degli addetti sono stati raccolti e utilizzati i libri matricola dal 1945 al 1995, data di fine osservazione della coorte. Sono stati utilizzati i dati anagrafici e i dati inerenti all’attività lavorativa (data di assunzione, data di dimissione e mansione/qualifica); la qualità dell’informazione sulla mansione riportata nei libri matricola è risultata, tuttavia, spesso imprecisa e generica permettendo soltanto una classificazione per attività amministrative e attività in produzione.
Per tale motivo sono stati esclusi dalla coorte in studio, per le aziende con cicli lavorativi complessi, gli addetti a reparti diversi dalla galvanica. Sono stati invece mantenuti nella coorte soggetti occupati in realtà produttive di piccole dimensioni (la maggioranza in tale settore) e ritenuti comunque esposti, seppure indirettamente, quali i titolari o i dirigenti lavoratori, gli addetti a mansioni affini e gli amministrativi. È stata creata in tal modo una sub-coorte, denominata rivista, comprendente tutti i soggetti potenzialmente esposti alle lavorazioni galvaniche. Da quest’ultima sono stati, infine, eliminati i soggetti con esposizione totale minore di un anno ed è stata costituita un’ulteriore sub-coorte, denominata finale. Le valutazioni epidemiologiche qui riportate sono state effettuate soltanto su queste sub-coorti.
La data di inizio follow-up è stata fissata all’1.1.1960, o, se successiva, alla data dell’assunzione in una delle aziende incluse nello studio, e la fine al 31.12.2008.
L’accertamento dello stato in vita è stato effettuato attraverso una richiesta postale inviata all’anagrafe del Comune dell’ultima residenza nota o, in assenza, di quello di nascita.
La richiesta delle cause di morte è stata rivolta alle AUSL, che gestiscono tali informazioni dal 1986 in poi, o, in caso di deceduti prima di tale anno, ai Comuni che le hanno recuperate dai permessi di seppellimento redatti dai medici necroscopi. Le cause di morte più vecchie sono state codificate dall’ufficio del Registro di mortalità dell’area Epidemiologia dell’AUSL di Bologna, utilizzando la IX Revisione della classificazione internazionale delle malattie (ICD-9), mentre quelle più recenti erano già state codificate dalle diverse AUSL. Riguardo alle cause di morte analizzate, per i tumori, che costituivano l’interesse centrale dello studio, sono stati presi in esame tutti i siti tumorali relativamente frequenti per i quali si potesse osservare un numero sufficiente di casi nella coorte durante il follow-up da poter ottenere stime robuste di rischio, oltre ad alcuni meno frequenti ma sospettati di essere associati con l’esposizione a cromo o nichel (per esempio, tumori naso-sinusali e linfoematopoietici), mentre le patologie non tumorali sono state analizzate aggregandole in ampie categorie.
I lavoratori risiedevano nelle diverse Province dell’Emilia- Romagna e soprattutto nei territori delle Province di Bologna, Ferrara e Modena.
La mortalità osservata è stata confrontata con quella attesa sulla base dei tassi di mortalità specifici per causa, sesso, classe d’età e periodi di calendario quinquennali, relativi alla popolazione residente in Emilia-Romagna tra il 1960 e il 2008. I tassi specifici di mortalità per gli anni dal 1970 al 1999 sono stati forniti dall’Istituto superiore di sanità (ISS), mentre per gli anni dal 2000 al 2008 sono stati forniti dalla Regione Emilia-Romagna. Il calcolo dei casi attesi sarebbe stato quindi possibile solo a partire dal 1970, ma avendo ipotizzato variazioni minori nel breve periodo, i tassi del 1970-1974 sono stati estesi retrospettivamente al 1960. Il calcolo dei decessi attesi, specifici per età e periodo di calendario, e il calcolo dei rapporti standardizzati di mortalità (RSM) sono stati effettuati utilizzando il software STATA (Versione 10). Gli intervalli di confidenza al 95%(IC95%) dei RSM sono stati calcolati sulla base della distribuzione di Poisson.
Nel presente studio la durata dell’esposizione è data dalla somma degli anni di attività del soggetto nel periodo (o nei periodi) di impiego, indipendentemente se svolti in una o più aziende. Per “latenza” si intende il tempo intercorso tra l’anno di prima esposizione e l’anno del decesso.
Il contributo in persone-anno di ciascun lavoratore è stato calcolato rispetto alla data del decesso o a quella della fine del follow-up.
Risultati
Definizione della coorte
I dati completi sul comparto e sulle sue caratteristiche sono stati descritti altrove.16 Non sono disponibili dati specifici di esposizione ambientale a cromo o nichel per tutte le aziende incluse nello studio, né informazioni sull’esposizione a questi metalli nel periodo precedente agli anni Novanta. Tuttavia, nel 1992 è stato condotto un monitoraggio ambientale e biologico su circa 250 lavoratori impiegati in alcune delle aziende arruolate nel presente studio, che ha evidenziato valori di media geometrica di cromo VI in aria di 16,5±14,9 μg/m3 e di valori medi geometrici a fine turno di cromuria e nicheluria rispettivamente di 4,5 μg/g e 6,0 μg/g di creatinina,17,18 in linea con quanto riscontrato da altre indagini sul settore galvanico nello stesso periodo.19-22
Complessivamente, i soggetti inclusi nei libri matricola delle 90 aziende galvaniche del territorio della Provincia di Bologna, raccolti dai SPSAL, sono risultati 4.301, di cui 3.078 (71,6%) uomini e 1.223 (28,4%) donne. Dopo revisione delle assegnazioni ai reparti galvanici, la coorte rivista risulta costituita da 2.994 persone, di cui 2.203 (73,6%) uomini e 791 (26,4%) donne, mentre la coorte finale risulta costituita da 1.741 persone, di cui 1.212 (69,6%) uomini e 529 (30,4%) donne. Dal follow-up sono stati esclusi 11 soggetti, in quanto le informazioni presenti sui libri matricola non riportavano la data di assunzione o di dimissione. I dati descrittivi conclusivi delle 2 coorti sono mostrati in tabella 1, mentre la distribuzione per tipologia di azienda è mostrata in tabella 2.
Studio di mortalità
Nel periodo di follow-up sono stati osservati 84.859 anni-persona per la coorte rivista con 533 deceduti (17,9%) e 51.047 anni-persona per la coorte finale con 317 deceduti (18,2%). La percentuale di soggetti persi al follow-up è dell’1,3% per la coorte rivista e dello 0,5% per quella finale. Dalla coorte rivista sono stati esclusi 4 soggetti in quanto deceduti prima del 1960. Dal solo calcolo dei RSM per causa specifica, ma non da quelli per tutte le cause, sono stati esclusi altri 9 soggetti per i quali a tutt’oggi non è disponibile la causa di morte.
I valori di RSM con i rispettivi intervalli di confidenza sono mostrati in tabella 3. Nella coorte rivista si osservano eccessi significativi di mortalità per tutte le cause (RSM: 1,12), tumori all’intestino retto (RSM: 2,04) e alla vescica (RSM: 2,24),malattie psichiche (RSM: 2,05) e AIDS (RSM: 2,80); mentre per la coorte finale gli eccessi significativi riguardano solo i tumori al retto (RSM: 2,47) e alla vescica (RSM: 2,50). L’andamento complessivo dei confronti per le restanti cause è paragonabile in entrambe le coorti. Non risultano eccessi statisticamente significativi per il tumore del polmone e non si osservano decessi per tumori di naso e seni paranasali.
Sulle cause risultate statisticamente significative nelle due coorti, oltre che per tumore del polmone, ancorché senza eccessi statisticamente significativi, ma data la rilevanza di questo sito per l’esposizione a cromo e nichel, è stata condotta un’analisi stratificata per variabili temporali, per mansioni e per lavorazioni. La mortalità per tutte le cause nella coorte rivista (tabella 4) presenta eccessi significativi nei confronti della popolazione generale, a carico dei maschi (RSM: 1,17), degli operai (RSM: 1,13) e degli addetti alla cromatura (RSM: 1,14), e per durata di esposizione inferiore a 10 anni (RSM: 1,29) e latenza tra 21 e 30 anni (RSM: 1,17). Per quanto riguarda il tumore del retto (tabella 5), sia nella coorte rivista sia nella coorte finale gli RS Mrisultano significativi nelle donne, negli operai, in aziende di cromatura, in soggetti con durata di esposizione tra 11 e 20 anni e in quelli con latenza tra 21 e 30 anni dalla prima esposizione. Per i tumori alla vescica (tabella 6), sia nella coorte rivista sia nella coorte finale si osservano eccessi di mortalità significativi per i soggetti maschi, per gli operai, per gli addetti delle aziende di nichelatura, e per durata di esposizione e latenza maggiori di 30 anni.
La mortalità per tumori del polmone, esaminata anche in un’analisi ristretta agli operai impiegati in aziende con esposizione a cromo o nichel (tabella 7), non rivela eccessi significativi in nessuna classe di durata dell’esposizione, né significativi trend di incremento del rischio all’aumentare della durata. Si osservano, tuttavia, eccessi significativi a carico dei soggetti nella classe di latenza 20-29 anni (RSM: 1,61; 18 casi) e di quelli assunti nel periodo 1970-1979 (RSM: 1,56; 21 casi). Nella coorte rivista (ma non in quella finale) analizzando il rischio di tumore del polmone in relazione a durata di esposizione e latenza separatamente per gli operai esposti a cromo e a nichel, tra i primi si riscontra un eccesso significativo nella classe di latenza 20-29 anni (RSM: 2,16; IC95% 1,23-3,81; 12 casi) (dati non presentati).
Discussione
Il presente studio ha permesso di ricostruire una coorte ampia di lavoratori occupati nel comparto galvaniche in Provincia di Bologna ed esposti a varie sostanze chimiche. Il periodo di osservazione è molto lungo, essendo quello medio di quasi 30 anni, ed è notevole il contributo in anni-persona del follow-up per ciascuna delle due coorti considerate. A conoscenza degli autori, questo è il primo studio epidemiologico a livello nazionale che esplora la mortalità nell’intero comparto galvanico con una coorte così grande e per un periodo tanto lungo.9,23
Si sottolinea, inoltre, che lo studio ha una percentuale molto bassa di persi al follow-up, cosa che rende improbabile una distorsione nelle stime di rischio dovuta a un bias di selezione. Lo studio ha individuato una mortalità significativamente in eccesso per tutte le cause nel confronto con la popolazione standard regionale: ciò potrebbe far pensare che in questo comparto non si noti alcun effetto “lavoratore sano”. Questo eccesso potrebbe essere dovuto però in parte anche all’alto turnover degli addetti. Risulta infatti che oltre il 40% degli occupati ha avuto un periodo di esposizione inferiore a 1 anno. A conferma di ciò, l’eccesso di mortalità scompare nella coorte finale per la quale è stato applicato un cut-off di almeno 1 anno di esposizione.
Nel presente studio risultano statisticamente significativi i decessi per tumori alla vescica e all’intestino retto.
Per quanto riguarda i tumori alla vescica, risulterebbe una relazione in particolare con la nichelatura, con un rischio elevato e significativo nelle classi di latenza e di durata dell’occupazione nelle aziende incluse superiori a 30 anni, anche se basato su soli 5 casi. Non sono state segnalate in altri studi associazioni tra esposizioni a metalli e questa particolare sede di tumori. Molto probabilmente questa localizzazione trova spiegazione nell’utilizzo nel comparto galvanico di altri tipi di sostanze, quali ammine e coloranti per la pulitura e lucidatura dei pezzi e solventi organici utilizzati come decapanti.24
I tumori del retto sono invece risultati associati all’occupazione in cromatura, sebbene il numero di casi impiegati in questa lavorazione sia scarso (6 casi), con rischi elevati nelle classi centrali di latenza e durata dell’occupazione (11-30 anni). Eccessi di incidenza o morte per tumore del retto associati all’esposizione a cromo sono stati osservati in vari studi25-27 e una metanalisi su 20 studi di coorte che hanno indagato la relazione tra cromo e mortalità per tumore del retto ha calcolato un rischio relativo di 1,17 (IC95%0,98-1,39).28 Non è comunque da escludere che l’eccesso osservato sia attribuibile a confondimento socioeconomico, dovuto al fatto che da un lato il livello socioeconomico della coorte in studio è più basso di quello della popolazione di riferimento, dall’altro che la sopravvivenza dei malati affetti da tumore del retto presenta disuguaglianze sociali, con minore sopravvivenza nei gruppi sociali più svantaggiati.29-31
Si segnala, infine, anche il diverso comportamento di genere e di settore per i due tumori considerati, risultando significativo quello al retto per le donne occupate nelle cromature (tabella 5) e quello alla vescica per gli uomini impiegati nelle nichelature (tabella 6). In entrambi i casi si tratta di operai, mentre non sono presenti eccessi tra gli impiegati. A differenza di altri studi, non è stato individuato un eccesso di mortalità per tumore a carico del polmone, né nelle coorti complessive, né stratificando per tipologia di lavorazione, per durata dell’esposizione o per latenza. Solo nella coorte rivista, tra gli esposti a cromo si è osservato un eccesso di morte significativo nella classe di latenza 20-29 anni dalla prima esposizione; questo risultato appare di dubbia interpretazione, data l’assenza di un trend nel rischio di morte per durata di esposizione a cromo. L’assenza di eccessi di morte per tumore del polmone potrebbe essere dovuta alla bassa potenza statistica dell’analisi ristretta alla coorte degli esposti a cromo o nichel. Infatti, mentre nelle analisi sull’intera coorte lo studio disponeva di una potenza sufficiente per evidenziare un rischio relativo di morte per tumore del polmone significativo (α =0,05) pari o superiore a 1,5 (83% per la coorte finale e 93% per quella rivista), la potenza scendeva notevolmente nelle analisi sulle subcoorti di addetti a cromatura o nichelatura (cromatura: 63% per la coorte rivista e 38% per quella finale; nichelatura: 26% per la coorte rivista e 15% per quella finale).32
Un’altra possibile causa di assenza di eccessi di morte per tumore del polmone negli addetti a cromatura e nichelatura è la durata media relativamente bassa dell’esposizione a queste lavorazioni, che per entrambe non raggiungeva i 10 anni. Inoltre, nonostante l’intensità dell’esposizione a cromo e nichel fosse presumibilmente più elevata in passato, lo studio sul monitoraggio urinario a cromo e nichel svolto nel 1992 dimostrava un’ampia variabilità nelle concentrazioni urinarie di questi metalli e una proporzione sostanziale di lavoratori con livelli stimati di esposizione piuttosto bassi.18 La combinazione di una bassa durata dell’esposizione a questi metalli e di livelli di esposizione contenuti in molte aziende può non aver determinato dosi cumulative di esposizione sufficienti a incrementare sostanzialmente il rischio di tumore del polmone in questi lavoratori.
Uno studio su una coorte di addetti a cromatura/nichelatura nel Regno Unito ha riscontrato un eccesso di tumori al polmone sia tra gli uomini sia tra le donne, insieme a trend significativi per durata di esposizione.33 Tra i cromatori con almeno 3 mesi di impiego confrontati con lavoratori non esposti a cromo si è riscontrato un eccesso per tumore al polmone solo nei maschi, ma senza alcun trend considerando la durata dell’esposizione.34 Un precedente studio sulla coorte inglese aveva rilevato inoltre eccessi per vari tumori (stomaco, fegato, naso e cavità nasali, polmone).35 Anche nello studio di Roberti et al. effettuato in Italia si è osservato un forte eccesso del RMS per il tumore al polmone, che trova forse giustificazione nei maggiori livelli di esposizione a cromo della popolazione in studio rispetto a quelli occupati nelle aziende qui descritte; infatti, gli autori dell’articolo citato riportano i dati di monitoraggio urinario a cromo di un gruppo di lavoratori dell’azienda in studio alla fine degli anni Settanta, che indicavano livelli medi di cromuria a fine turno di circa il doppio di quelli osservati nel sottogruppo degli esposti a cromo nel presente studio.23
In uno studio sulle piccole aziende galvaniche giapponesi, suddivise in 2 sub-coorti (cromatura e altre lavorazioni), sono stati trovati eccessi significativi di tumori al polmone nell’insieme della coorte, ma non all’interno delle due subcoorti.36 Anche un altro studio, sempre giapponese, su piccole aziende di cromatura, simili per dimensioni a quelle del comparto del presente lavoro, non ha riscontrato eccessi significativi né per tutti i tumori, né per il tumore allo stomaco; tuttavia, sono stati osservati valori elevati di RSM per tumore al polmone tra gli addetti con setto nasale forato e ulcerazione della pelle, ancorché non significativi per la ridotta dimensione della coorte.37 Infine, un recente studio su una grande coorte giapponese di cromatori ha osservato un eccesso di tumori polmonari soltanto tra gli addetti con esposizione avvenuta prima degli anni Settanta, insieme a eccessi per tumori cerebrali e linfomi maligni.38
In particolare riguardo ai linfomi, altri autori hanno riscontrato un eccesso di morte per esposizione a cromo esavalente.39,40 Nel presente studio, essendo stati osservati solo 4 decessi per linfomi non Hodgkin e nessuno per linfoma di Hodgkin nell’intera coorte rivista, non sono state condotte analisi sul rischio di morte per questi tumori nella coorte o in relazione a specifiche lavorazioni.
L’assenza di carcinomi naso-sinusali nella coorte è spiegata dalla bassa incidenza di questi tumori (inferiore a 1 caso per 100.000 persone-anno); date le dimensioni contenute della popolazione in studio, neanche nel campione più esteso, ciò la coorte rivista, vi erano morti attesi per questa patologia. La mortalità per AIDS e per patologie psichiche risulta particolarmente significativa nella coorte rivista,mentre l’eccesso di morte perde significatività statistica in quella finale. Si potrebbe considerare ciò come un indicatore di un ambiente di lavoro comunque ostile, nel quale hanno trovato occupazione soggetti con uno stile di vita a rischio e le cui implicazioni andrebbero approfondite con ulteriori indagini.
In sintesi, tutti gli elementi messi in evidenza da questo studio fanno comunque ritenere che nel comparto galvanico siano ancora presenti situazioni di rischio cancerogeno, sulla base di condizioni igienistiche ancora carenti in particolare nelle aziende di piccole dimensioni, e suggeriscono la necessità di porre una forte attenzione verso gli aspetti di prevenzione del rischio chimico in questo settore produttivo.
Finanziamenti: Lo studio è stato parzialmente finanziato dall’INAIL (comunicazione 459/2008 sede di Bologna dell’1.4.2008).
Ringraziamenti: La realizzazione di questo studio è stata possibile anche grazie alla collaborazione di diversi soggetti e istituzioni. Per questo motivo i nostri ringraziamenti vanno agli addetti degli uffici delle anagrafi e dello stato civile dei Comuni interessati, in particolare del Comune di Bologna; ai colleghi dei registri di mortalità delle AUSL; ai colleghi dell’Istituto superiore di sanità e della Regione Emilia-Romagna e del Servizio epidemiologia dell’AUSL Roma E; ai colleghi dell’Istituto Ramazzini di Bentivoglio (Bologna); alla direzione dell’INAIL di Bologna.
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