Mesotelioma pleurico da esposizione ad amianto in blocco operatorio
Introduzione
Malgrado esista uno stretto rapporto di causa tra l’esposizione ad amianto e l’insorgenza del mesotelioma, ancora oggi non sono rare le situazioni in cui non è stato possibile dimostrare l’avvenuta esposizione professionale o extra-professionale. Se ne trova una conferma nell’VIII Rapporto del Registro Nazionale dei Mesoteliomi (ReNaM) pubblicato nel 2025, dove i casi definiti con “esposizione ad amianto ignota” assommano ancora al 20% sul totale di 37.003 casi osservati dal 1993 al 2021.1 Inoltre, anche in anni più recenti si mantiene un’importante differenza di sesso tra i casi ai quali viene assegnata questa classe di esposizione ad amianto, con il 31,9% nelle donne rispetto al 12,4% negli uomini su 29.020 casi totali.1
Anche nella più popolosa e industrializzata regione d’Italia, la Lombardia, la quota dei casi di mesotelioma maligno valutati dal Centro Operativo Regionale (COR) del ReNaM come “esposizione ad amianto ignota” è risultata elevata, pari al 24,7% sul totale dei casi incidenti dal 2000 al 2004; il 36,1% riguarda le donne e l’8,5% gli uomini.2
Questo scenario può essere spiegato tanto dalla possibilità che le indagini sulle donne siano tendenzialmente meno approfondite, quanto dalla carenza di più estese e consolidate conoscenze sull’uso di manufatti in amianto – o contenenti amianto – riguardanti svariate attività lavorative, spesso connotate da manodopera femminile. Numerosi esempi in letteratura mostrano che, grazie ad anamnesi lavorative più approfondite e alla disponibilità di indagini adeguate, si possono rilevare esposizioni occupazionali ad amianto dapprima insospettate o inattese.3-18
Obiettivo di questo studio è la presentazione di un caso di mesotelioma pleurico diagnosticato in infermiera di sala operatoria con un’inconsueta esposizione professionale ad amianto.
Descrizione del caso
D.M., donna di 56 anni, nata nel 1960, intervistata direttamente.
Anamnesi patologica
Per la comparsa, nel febbraio 2016, di dispnea e tosse stizzosa, la paziente veniva sottoposta al consueto percorso diagnostico che si concludeva con la seguente diagnosi clinica: “Mesotelioma pleurico epitelioide destro (T2N0M0) trattato con pleurodesi toracoscopica”.
La paziente non era mai stata sottoposta a trattamento radiante in regione toracica; non aveva mai subito traumi toracici e non aveva mai sofferto di importanti patologie dell’apparato polmonare. Nel dicembre 2019 giungeva il decesso.
Anamnesi famigliare
Il padre era risultato affetto da melanoma (2005) e la madre da leucemia linfatica cronica (2002).
Anamnesi lavorativa
Conseguito il diploma di infermiera professionale nel 1982, svolgeva questa attività in un reparto di rianimazione (1982-1984) e in pronto soccorso (1984-1986). Successivamente lavorava in blocco operatorio, come infermiera di anestesia fino all’anno della diagnosi (2016). Tra i suoi compiti era inclusa la sterilizzazione degli strumenti e dei materiali chirurgici con utilizzo dell’autoclave collocata nel blocco operatorio di un piccolo ospedale fino a circa il 1990. L’estrazione dei vassoi caldi in metallo, sui quali erano depositati i materiali da sterilizzare, avveniva con l’ausilio di lunghi guanti di protezione delle mani e degli avambracci dal calore; l’inserimento e l’estrazione dei materiali si ripeteva quotidianamente e più volte nelle diverse sedute operatorie.
Indagini effettuate e risultati
La signora D.M. veniva invitata dal Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPSAL) a fornire informazioni nell’ambito dell’indagine in corso sulla possibile malattia professionale.
All’anamnesi familiare, il padre, col quale aveva convissuto fino a 21 anni, risultava essere stato addetto al forno fusorio presso un’acciaieria fino al 1970 e dal 1971 al 1976 addetto al maglio in stampaggio acciai; la madre, casalinga, provvedeva al lavaggio delle tute da lavoro. Il marito, convivente dal 1982, era stato muratore dal 1982 al 1998, anche addetto alla rimozione di coperture in cemento-amianto; la paziente ne lavava le tute da lavoro. In precedenza, era stato addetto alla pressofusione di materiale resine termoplastiche. Un’esposizione ad amianto in ambito familiare è pertanto da ritenersi possibile per la pulizia delle tute da lavoro del marito ed eventualmente del padre.
Non si era riscontrata alcuna esposizione accertata ad amianto in ambiente domestico o da attività del tempo libero; nel questionario ReNaM veniva solo indicato l’uso di “asse da stiro con copertura in amianto” negli anni Settanta. L’anamnesi residenziale non poneva in evidenza possibili esposizioni ambientali outdoor, di origine antropica o naturale.
L’infermiera riferiva di non essere a conoscenza della composizione del tessuto dei guanti fino a quando un collega l’aveva avvertita del rischio connesso al loro utilizzo, essendo questi in amianto. Nel frattempo, un compagno di lavoro ne aveva fornito un paio che erano stati utilizzati negli anni Ottanta nel blocco operatorio dove lavorava con la paziente. I guanti (figura 1) erano stati riconosciuti dalla paziente, dal collega che li aveva forniti e da altre 2 colleghe di lavoro come quelli effettivamente utilizzati all’epoca; tutti segnalavano che i guanti erano spesso assai usurati.
L’analisi qualitativa della presenza di amianto in campione massivo dei guanti forniti al SPSAL, eseguita dal Centro di Microscopia Elettronica dell’ARPA di Milano con microscopio elettronico a scansione dotato di microanalisi a RX di fluorescenza (Metodo Interno accreditato ACCREDIA n. 1324 sede E, con riferimento al DM 6/9/1994 allegato IB), riscontrava la presenza di amianto crisotilo (figura 2).
Sulla base delle conoscenze così disponibili, veniva inviata all’Inail una relazione con le informazioni acquisite; l’Istituto assicuratore, che aveva già chiuso il caso negativamente su un primo certificato Inail di malattia professionale redatto da un medico di patronato, nell’incontro collegiale confermava la decisione precedentemente assunta asserendo che l’esposizione professionale non era sufficientemente dimostrata.
Discussione e conclusioni
Nell’insieme delle neoplasie causate dall’amianto, il mesotelioma maligno si caratterizza per la sua elevata frazione eziologica professionale19 ed è stato considerato come evento sentinella in medicina del lavoro20; l’esposizione ad amianto può ragionevolmente essere tenuta sempre presente in casi di mesotelioma maligno; tuttavia, non infrequentemente, questa non risulta dimostrabile. Per questa ragione, le Linee guida del ReNaM del 2003 hanno previsto la categoria di “esposizione ad amianto ignota”, in quanto la «incompletezza, insufficienza delle informazioni raccolte o il livello delle conoscenze non consentono di assegnare una categoria di esposizione ad amianto»21.
Nel caso di mesotelioma pleurico qui descritto, la valutazione effettuata dal Servizio ospedaliero di Medicina del Lavoro si concludeva per «non elementi attuali per porre diagnosi di malattia lavoro correlata» e la valutazione preliminare della probabilità dell’esposizione ad amianto operata dal SPSAL in accordo ai criteri suggeriti nelle linee guida del ReNaM del 2003 aveva condotto alla classificazione del mesotelioma da “esposizione ad amianto ignota”. Ambedue le valutazioni erano state formulate non immaginando un’eventuale esposizione ad amianto per la mansione di infermiera di blocco operatorio. Non erano state reperite segnalazioni in letteratura di casi di mesotelioma in questa mansione.
Va osservato che nel Catalogo dell’uso di amianto nei comparti produttivi, macchinari, impianti contenuto nell’VIII Rapporto del Registro Nazionale Mesoteliomi recentemente pubblicato1 si trova il capitolo “Sanità” senza alcuna menzione del possibile utilizzo di guanti in amianto per la protezione del calore, pur essendo riferita la presenza di amianto «all’interno degli apparecchi […] per le sterilizzazioni». Nello stesso Rapporto del ReNaM, tra le “Mansioni con maggiore frequenza nella categoria Re.Na.M., 37- Sanità e servizi sociali” sono descritti 6 casi di “infermiere diplomato” e 6 casi di “infermiere professionale”. Non è stato possibile confermare la presenza di amianto nelle autoclavi utilizzate nel blocco operatorio in cui ha lavorato l’infermiera professionale. Tuttavia, la presenza di coibentazioni in amianto dei forni utilizzati pure in ambito sanitario è molto verosimile, come segnato anche per un mesotelioma insorto in un professore universitario di chimica che aveva fatto frequente uso di lunghi guanti in amianto anticalore tra gli anni Settanta e Novanta.22
Rispetto a una possibile esposizione anche extra-lavorativa, non si può escludere che la lavoratrice abbia subito un’esposizione ad amianto anche in ambito familiare dovuta alla contaminazione di fibre veicolate dalle tute da lavoro del padre e del marito per la loro pulizia; in accordo con le linee guida ReNaM, questa circostanza comporta l’attribuzione della categoria “esposizione familiare”.
Non sono emersi, inoltre, elementi a sostegno della presenza certa di amianto nel copriasse del ferro da stiro usato negli anni Settanta; quanto riferito dalla paziente appare di scarsa attendibilità considerato che: a. il copri asse da stiro era presente (“anni Settanta”) quando era una ragazza e difficilmente poteva essere a conoscenza della sua composizione; b. veniva molto verosimilmente usato dalla madre casalinga. La latenza convenzionale tra l’inizio dell’esposizione occupazionale certa ad amianto dai guanti protettivi (1986) e la diagnosi del mesotelioma (2016) è di circa 30 anni, compatibile con l’origine professionale della neoplasia, malgrado una durata dell’esposizione relativamente breve (circa 4 anni).
In conclusione:
- questo caso di mesotelioma pleurico è insorto dopo un’esposizione certa, di durata contenuta e al solo crisotilo, e per nostra conoscenza non sono stati segnalati altri casi associati a questa attività;
- è stata documentata anche una contestuale esposizione familiare derivante dalla presenza e dal lavaggio di indumenti da lavoro del padre e del marito. Questa esposizione, che nelle linee guida ReNaM non viene definita in classi di probabilità analogamente a quella professionale, aggiunge rilevanza all’accertata esposizione lavorativa;
- questa nuova circostanza di esposizione, non riconosciuta dall’Inail, emersa dopo approfondimenti – che si renderebbero auspicabili in ogni caso – classificabile con “esposizione ignota”, può integrare le informazioni disponibili nel Catalogo dell’uso di amianto in comparti produttivi, macchinari, impianti del Registro Nazionale Mesoteliomi.
Conflitti di interesse dichiarati: PGB ha svolto consulenze tecniche e perizie per la magistratura, consulenze tecniche di parte offesa e nessuna consulenza per le difese; MS, PP, CP e AS nessuno.
Ringraziamenti: si ringraziano i colleghi del Servizio di Medicina del Lavoro degli Spedali Civili di Brescia per la collaborazione.
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